Il mercato videoludico accoglie così tanti progetti che è impossibile stare dietro a tutti. Anche impegnandosi, fiumi di videogiochi passano inosservati ai nostri occhi rischiando di farci perdere esperienze che, invece, andavano provate e fatte conoscere a quante più persone possibile. È questo il caso di Opus: Echo of Starsong, un'avventura narrativa distinta da puzzle ed elementi GdR che, soprattutto, mette in scena una storia indimenticabile, una di quelle che non hanno confini. Anzi, superano i propri per parlare a chiunque e in qualunque momento.
Nel suo mix di generi, in cui si alternano anche semplici fasi di esplorazione in 2.5D, Opus: Echo of Starsong svela piano piano una trama che trascende il tempo e lo spazio, i cui insegnamenti più preziosi sono la difficoltà nell'imparare ad amare e accettare sé stessi mentre si vive la propria vita, senza dipendere dal giudizio degli altri. Un racconto agrodolce, perché parte dal futuro per tornare indietro e richiamare alla mente un passato ormai troppo lontano, con il rimpianto di chi ha fatto tutto ma non, forse, la sola cosa ad avere importanza.
Abbiamo recensito Opus: Echo of Starsong su PC e non vediamo l'ora di raccontarvelo.
Una storia che trascende tempo e spazio
Il gioco si apre con un uomo, ormai vecchio, che si accinge a esplorare una caverna rimasta intoccata per decenni: è rispettabile capo del clan Lee, una figura troppo importante perché possa concedersi un rischio simile, come gli viene più volte ripetuto. Lui rimanda al mittente tutte queste proteste, dichiarando di non essere più nessuno se non sé stesso, e prosegue. Utilizza uno strano oggetto per sbloccare il pesante ingresso di pietra, un bastone da cui proviene un canto. Tra le sue parole, colme di rimpianto, leggiamo che è tornato per mantenere una promessa fatta a una donna tanti, troppi anni prima, qualcosa che non è stato in grado di fare allora e vuole mantenere almeno adesso.
È tra i suoi ricordi di sessantasei anni prima che la storia di Opus: Echo of Starsong prende forma, raccontando a noi e ricordando a se stesso che i legami stretti durante un viaggio come il suo sanno trascendere i confini di tempo e spazio. C'è sempre una traccia dolceamara quando ci ritroviamo a vivere i ricordi di qualcuno, la consapevolezza che qualcosa è andato storto ma non abbiamo idea di cosa e, pezzo dopo pezzo, temiamo il momento in cui scopriremo la verità. La storia messa in scena dallo studio taiwanese SIGONO è tanto bella quanto commovente e cresce d'intensità fino a una dolceamara conclusione.
Racconta di un giovane Jun, esiliato assieme al suo guardiano Kay per aver disonorato il clan e in cerca di un modo per ripristinare l'onore perduto; del suo fortuito incontro con Edalune (Eda) e Remi, due ragazze legate da qualcosa di più profondo del sangue, strega una e abilissima pilota l'altra. Sullo sfondo fantascientifico di un universo che si trova a fare i conti con gli strascichi di una terribile guerra, combattuta per il possesso di una misteriosa quanto potente fonte di energia chiamata lumen, persone che non potrebbero essere più diverse tra loro si troveranno a collaborare dopo un incidente con un gruppo di pirati.
Opus: Echo of Starsong pone moltissima cura nella lore, sia attraverso i numerosi scambi con gli altrettanti personaggi che popolano il mondo di gioco sia tramite i numerosi collezionabili (duecentoquarantasei) che potremo raccogliere durante l'avventura.
L'impegno degli sviluppatori nel dar vita a un universo così vibrante, pur nella sua miseria, merita ogni singola parola letta, ma di base è lodevole per la costruzione dei personaggi. La loro profondità e caratterizzazione si costruisce passo dopo passo, affidandosi anche a flashback che fanno luce sul loro passato e concorrono a rendere ancora più tragiche e sentite certe situazioni. Gli alterchi tra Remi e Jun, la sofferenza di quest'ultimo per essere responsabile del collasso del suo intero clan, l'ossessione di Eda per qualcuno che non riesce dimenticare, la devozione di Kay verso il suo giovane maestro: tutti loro hanno qualcosa che li definisce, rendendoli unici a modo proprio, sfaccettati nel loro essere non più semplici personaggi ma persone virtuali: con un vissuto, un obiettivo, pregi e difetti, in una costante serie di situazioni che aiuta a dipingere un quadro ben chiaro di cosa significhi sopportare le difficili conseguenze della Guerra dei Lumen.
Il gioco non è localizzato in italiano ma, se masticate anche solo un poco l'inglese, non lasciatevi sfuggire l'occasione di immergervi nella storia di Opus: Echo of Starsong. Non c'è alcuna fretta nel percorrerla, vi viene lasciato tutto il tempo del mondo per leggere ed esplorare, anche a fronte di un gameplay piuttosto semplice ma vario quanto basta per non far scivolare alla deriva un racconto così toccante.
Un gameplay semplice ma accattivante
Pur essendo un gioco che fa della narrazione il suo punto cardine, Opus: Echo of Starsong offre anche una discreta varietà nel gameplay: nessuno dei suoi elementi, i puzzle in particolare, si può dire difficile, ma la presenza di elementi GdR unita all'esplorazione lo rende interessante, soprattutto se consideriamo la casualità con cui possono occorrere diversi eventi.
Partendo dagli enigmi, sono tutti strutturati attorno all'utilizzo delle cosiddette "starsong", canzoni che solo le streghe come Eda possono produrre dopo aver ascoltato la voce dei lumen. Registrate in degli speciali scettri chiamati Echo Synthescepter, permettono di interagire con antiche tecnologie che sfruttano proprio il lumen come fonte energetica: a volte si tratta di convogliare la suddetta energia semplicemente utilizzando lo scettro mentre altre, nello specifico quando ci si trova davanti a ingressi da aprire, bisogna trovare il giusto ritmo allineando i suoni con i simboli sulla porta. Può capitare in alcuni casi che servano due campioni diversi di starsong, spingendoci a guardarci attorno per cercare quello mancante, ma al di là di questo è un'interazione molto semplice, da vedersi quasi più come una piccola pausa all'interno del flusso narrativo.
Dall'altro lato, però, abbiamo la sua struttura GdR a renderlo accattivante. Ci troviamo in un sistema solare e siamo dei runner alla ricerca di lumen, esplorare anomalie o aree sconosciute è la prima cosa da fare appena svegli: qui entrano in gioco la gestione delle risorse e lo sviluppo della nave sia per farle percorrere distanze maggiori, sia per resistere ai pericoli o superare indenne alcune prove che richiedono la manomissione di segnali esterni. Ogni punto di interesse sulla mappa richiede specifiche unità di carburante per essere raggiunto, che a sua volta si ottiene comprandolo negli insediamenti oppure esplorando superficialmente le rovine (ossia, senza dover scendere dalla nave e passare a un'esplorazione 2.5D).
Per farlo sono tuttavia necessari degli specifici kit, a loro volta acquistabili negli insediamenti: andare impreparati significa perdere solo tempo e carburante. Ciò che troveremo è casuale, potrebbe servire sia per potenziare la nave sia come merce di scambio: il commercio è una delle attività principali che svolgeremo nel gioco, perché le risorse costano, vengono consumate più rapidamente di quanto pensiate e dobbiamo essere sempre pronti a rifornirci per non trovarci in situazioni spiacevoli o di svantaggio, Questo significa pianificare i viaggi, decidere se vale la pena prosciugare subito un'area di tutte le sue risorse o tenere qualcosa da parte in caso di futura necessità (le risorse non si rigenerano, ci sono un tot di tentativi a disposizione e basta) ma, cosa più importante, essere pronti a tutto.
Non abbiamo idea di cosa ci aspetti all'arrivo né durante il viaggio, poiché possono occorrere eventi casuali sia sul posto sia nel tragitto: in genere si tratta di minacce da superare hackerando i sistemi altrui o distorcendo il segnale, una scelta che viene lasciata in mano a noi e soprattutto al gioco, qualora scegliessimo di correre il rischio. Ogni azione ha una difficoltà specifica e, in base alla potenza dei nostri mezzi, il risultato oscilla tra un possibile estremo e l'altro: è come lanciare un dado, che nel corso del gioco si può modificare per avere un risultato di partenza più alto di 1. L'impossibilità di predire con precisione il risultato, così come l'eventuale ricompensa ottenuta, è quello che rende ciascun evento unico a modo suo e questo vale per qualunque tipologia. Dai pericoli alle prove di fortuna (per quanto riguarda Jun), coercizione (nel caso di Remi) o diplomazia (Eda), tutto è demandato al caso che tuttavia può essere leggermente piegato ottenendo o acquistando oggetti che vanno ad aumentare il valore base di partenza sotto il quale non possiamo scendere.
Questi eventi, uniti a occasionali missioni secondarie e soprattutto a dialoghi a scelta multipla che determinano la maggior parte degli scambi, costituiscono la componente GdR del gioco, alla quale si unisce quella leggermente più gestionale quando si parla della nave, dei suoi potenziamenti e del consumo di risorse oculato per muoversi da un punto fermo all'altro. C'è tanto da esplorare, in Opus: Echo of Starsong, e contrariamente a quanto si possa pensare arriva a durare almeno dieci ore se siete esploratori abbastanza curiosi da non lasciarvi sfuggire nessun angolo della galassia. Nella sua semplicità, il gameplay è coinvolgente e diversificato quanto basta per tenere la soglia dell'attenzione sempre alta, ma il nucleo del gioco risiede comunque nella storia, nei messaggi che cerca di trasmettere.
L'abbiamo già scritto e lo ripetiamo, la cura posta nella costruzione dell'ambientazione e dei personaggi mostra tutto il cuore degli sviluppatori: da ogni png riusciamo a ricavare informazioni preziose sul mondo di gioco, sulla vita di chi è sopravvissuto alla guerra o nato dopo le sue conseguenze, riuscendo a cogliere tutta la speranza e la resilienza che si cela sotto la desolazione che regna imperante. Il viaggio di Jun, Jay, Eda e Remi è affascinante, soprattutto nel modo in cui viene plasmato sullo sfondo di macchinazioni politiche molto più grandi di loro; la loro caratterizzazione è curata, così come il concetto di famiglia che si viene a creare nell'essere i membri di uno stesso equipaggio. Un tuffo nella memoria e nel passato che si riallaccia a un presente, un finale, agrodolce nel quale comunque si riescono ad avvertire lo stesso calore e la speranza di un tempo.
Comparto artistico
L'estetica di Opus: Echo of Starsong è molto ben realizzata, con fasi da visual novel che si alternano a sequenze 2.5D animate e artwork dei personaggi curati, ma è il comparto audio il vero punto forte del gioco. Il sound design è assolutamente memorabile, anche al di fuori degli enigmi dove fa un ottimo lavoro nel convogliare le emozioni. Le tracce che sentirete nel corso dell'avventura sono variazioni delle starsong utilizzate per procedere, versioni più elaborate in grado di creare un'atmosfera perfetta.
Difficile trovare veri e propri difetti in Opus: Echo of Starsong, ma una cosa ci ha effettivamente fatto storcere il naso: la mancanza di salvataggi manuali e la necessità, per quelli automatici, di completare sequenze magari anche abbastanza lunghe. Se vogliamo uscire dal gioco e andare al menu principale non ci viene chiesto di salvare i progressi e, sebbene l'autosalvataggio sia frequente, è sempre opportuno assicurarsi di vederlo apparire sullo schermo: in caso contrario, si rischia di dover rifare una porzione di gioco già affrontata. Al di là di questo, il lavoro svolto da SINOGO è assolutamente meritevole e rientra fra i tanti indie che non dovreste lasciarvi sfuggire.
Conclusioni
Semplice, ma d'impatto, Opus: Echo of Starsong è un indie finemente realizzato, con una storia che non conosce confini e personaggi molto ben caratterizzati all'interno di un universo narrativo ricco e curato. Nonostante sia la narrazione il cuore dell'esperienza, lato gameplay non ha nulla per cui ci si debba lamentare: è semplice, sì, ma vario quanto bastanza per non scivolare nella noia, complici il senso di scoperta e la casualità che accompagna i nostri numerosi viaggi lungo la galassia. Seguendo il flusso dei ricordi di un Jun ormai anziano, ripercorriamo la sua storia dolceamara per conoscere personaggi ed eventi che rimarranno scolpiti nella memoria. Al di là di un sistema di salvataggio dei progressi perfezionabile, Opus: Echo of Starsong è fra gli indie migliori giocati quest'anno, un gioco di cui non dovreste privarvi se avete anche solo una discreta conoscenza dell'inglese.
PRO
- Esteticamente e musicalmente ottimo
- Gameplay semplice ma mai noioso o frustrante
- Storia d'impatto con un profondo sviluppo dei personaggi
- Gli enigmi, nella loro unicità, si fondono benissimo con la narrazione
CONTRO
- Il sistema di salvataggio poteva essere perfezionato