La recensione di PONG Quest, disponibile su PC e su tutte le console Switch inclusa, ci riporta a un oscilloscopio che nel 1958 è stato utilizzato per mostrare al mondo le meraviglie di una scienza utilizzata non per distruggere ma divertire. Ed è proprio così che da una delle menti dietro alla bomba atomica è nato il padre di tutti i videogiochi, progenitore diretto di quel Pong che avrebbe avuto un posto d'onore nella libreria della prima console della storia. Da qui, oltre quarant'anni dopo, nasce Pong Quest, un tentativo di regalare nuova giovinezza a un grande classico inoculandolo con meccaniche da gioco di ruolo, progressione e pieno supporto multigiocatore.
Un grande classico rivisitato in chiave RPG
Quello che probabilmente è il gameplay più essenziale di sempre ha un vantaggio ed è quello di funzionare in qualsiasi contesto. Non è un caso che Pong sia tornato in forma di mini-gioco o puzzle in tonnellate di giochi, compresi indie fantasy come Children of Morta, per diventare oggi il fulcro di un simil dungeon crawler i cui scontri si risolvono intercettando e respingendo una pallina con prontezza.
Cambiano invece formula i puzzle, con giochi in stile Memory e piattaforme da ruotare per spingere la pallina verso un traguardo, mentre tornano sul pezzo le sfide che sfruttano le meccaniche di PONG per citare una serie di classici, dall'affine Arkanoid per arrivare a una particolare versione di Snake. Tutto condito da palline speciali, monete e punti esperienza che ci permettono di potenziare il nostro avatar rettangolare. La classica barra bianca della versione Atari del titolo si fa infatti personaggio, membro di una razza di rettangoli, che viene incaricato dal re di portare a compimento un'ardita missione. Inizia così un viaggio fatto di stereotipi fantasy e nemici assortiti sparsi per diversi dungeon da sbloccare progressivamente, livello dopo livello.
Purtroppo, per quanto arricchito da meccaniche da gioco di ruolo che includono livelli e punti ferita, il titolo di Chequered Ink finisce per sembrare un gioco di 40 anni fa proprio laddove cerca di rinnovarsi. I dialoghi non esistono, la storia è troppo debole anche per essere considerata un pretesto e l'esplorazione ci riporta direttamente alle prime console Atari. Risulta quindi subito chiaro che a fare da fulcro di Pong Quest, nonostante il nome, sono gli scontri con i nemici e la nostra abilità nel calcolare i rimbalzi nella pallina per respingerla al di là di un avversario o verso un bersaglio.
Ed è qui che entrano in campo le palline speciali, ottenibili sia esplorando sia colpendo quelle che compaiono sul campo, che possono generare svariati effetti alterando il comportamento della sfera, creando barriere, garantendo bonus e mimando il tipo di modificatore usato dall'avversario. Si tratta infatti di una possibilità simmetrica che l'intelligenza artificiale sfrutta il più spesso possibile, costringendo anche il più bravo dei giocatori a fare i conti con la barra della vita che ci riporta, ahinoi, alla dimensione esplorativa.
Gli scontri sono rapidi e sulle prime non è difficile vincere in una o due mosse. Ma i combattimenti sono innumerevoli ed è praticamente impossibile uscirne senza subire qualche danno. Anche evitando di subire gol, che ci sottraggono cinque punti vitali da un massimo iniziale di quaranta, perdiamo da uno a due punti vita per ogni palla respinta, cosa che rende pericolose le partite troppo lunghe. L'ultimo punto rimasto non può esserci tolto da una respinta, ma uscire da un combattimento ridotti al lumicino, con la vita che può essere recuperata solo a fine livello o trovando una statua sacrificale, rappresenta un grosso problema. Diventa quindi fondamentale sfruttare la possibilità di schivare i nemici, prendendo al contempo in considerazione scegliere l'aumento di vita tra le opzioni che ci vengono proposte quando otteniamo un nuovo livello. Sarebbe però poco saggio sottovalutare gli altri bonus selezionabili che includono la possibilità di rendere meno intelligente o di rallentare l'avversario. D'altronde sono i nostri riflessi, e non quelli del computer, a essere messi alle strette quando la palla acquista velocità e il numero di variabili sul campo aumenta.
Interfaccia, grafica e personalizzazione
Alla radice, PONG Quest resta un gioco semplice ma cambia passo grazie a palle curve, vortici, barriere e svariati bonus che possono metterci di fronte a situazioni complicate da superare, complice l'incremento dei punti vita dei nemici e dei boss. Diventa quindi necessario riconoscere la natura dei colpi dell'avversario e imparare a contrastarli mentre l'azione si fa sempre più veloce. Ma la difficoltà non è sempre una questione di sfida. Talvolta l'ostacolo più grande sono la casualità degli effetti, applicati con non troppa eleganza a un gameplay che all'osso rimane quello datato di oltre sessant'anni fa, e l'interfaccia che, inutilmente macchinosa, ci chiede di scorrere un menù e di attivare una pallina, almeno su PC, diventando una distrazione ingombrante durante scambi che possono farsi fulminei.
Inoltre i limiti dell'intelligenza artificiale applicata a una formula del genere sono ormai evidenti mentre le sfide perdono di mordente in breve tempo, spingendoci rapidamente verso il comparto online. Purtroppo la mancanza di contendenti ci ha impedito di misurarci con le classifiche competitive, ma grazie al supporto per il multiplayer locale abbiamo potuto mettere piede in una dimensione che, disponibile anche in versione due contro due, valorizza un gameplay non troppo rifinito ma comunque senza dubbio più ricco di quello dell'originale.
In ogni caso il margine per far valere la propria skill non manca, così come c'è una personalizzazione piuttosto ricca del nostro avatar rettangolare. Capigliature, vestiti, colori e accessori riescono a rendere riconoscibile persino un banale rettangolo, compensando la semplicità con una discreta ricchezza di opzioni. Ma la personalizzazione, pur varia, non riesce a salvare un quadro estetico che rasenta il disastro. Le cose vanno male già sul campo, dove comunque tra poteri ed effetti qualcosa da guardare c'è, ma diventano sconfortanti, ripagandoci giusto con requisiti hardware molto bassi, nel mezzo di dungeon fatti di stanze squadrate e drammaticamente povere, dove a farsi notare è solo la mancanza di coerenza tra colonna sonora, personaggi fantasy, poliziotti e rapper. Un contorno del tutto rinunciabile che avremmo scambiato volentieri con un po' di attenzione in più al gameplay, un'evoluzione del personaggio più articolata o anche solo una veste grafica appena più curata. Qualsiasi cosa, insomma, in grado di giustificare la decisione di scomodare un nome di questo calibro.
Requisiti di Sistema PC
Configurazione di Prova
- Sistema operativo: Microsoft Windows 10 64-bit
- Processore: AMD Ryzen 5 3600X
- Scheda video: AMD Radeon VII
- Memoria: 16 GB di RAM
Requisiti minimi
- Sistema operativo: Microsoft Windows 7 SP1
- Processore: Dual Core
- Scheda video: GPU DX11 o OpenGL 4
- Memoria: 2 GB di RAM
Requisiti consigliati
- Sistema operativo: Microsoft Windows 10
- Processore: Quad Core
- Scheda video: GPU discreta
- Memoria: 8 GB di RAM
Conclusioni
L'idea di arricchire un titolo dal gameplay tanto povero quanto funzionale non è male. D'altronde partendo da un gameplay così solido e semplice basta una manciata di palline speciali per regalarci un'esperienza un po' più intensa e qualche momento di sincero divertimento. Ma questo non è sufficiente a giustificare un titolo che presenta lacune in ogni comparto, proponendoci una componente esplorativa la cui eliminazione avrebbe fatto solo del bene.
PRO
- L'aggiunta di palline speciali trasforma il gameplay dell'originale senza snaturarlo troppo
- Multiplayer online e locale
- Un sacco di opzioni di personalizzazione
CONTRO
- Difficile fare di peggio in quanto a ispirazione e grafica
- Controlli inutilmente macchinosi