A distanza di pochi mesi dal mediocre Captain America: Brave New World arriva nei nostri cinema anche Thunderbolts*, un altro film in lavorazione presso i Marvel Studios da parecchi anni che è passato per svariate scritture e riscritture, facendo temere per la sua qualità finale in un momento in cui il Marvel Cinematic Universe appare estremamente debole, nonostante le sfolgoranti promesse dei prossimi Fantastici Quattro: Gli inizi e Avengers: Doomsday e Secret Wars.
E invece Thunderbolts* si è rivelato una bellissima sorpresa, un cinecomic che ci ha riportato con la mente e con lo spirito ai film che ci hanno fatto innamorare di questo universo. È una pellicola che ha cuore e che ci ha tenuto sulla poltroncina fino all'inevitabile scena dopo i titoli di coda, peraltro una delle migliori e più promettenti degli ultimi anni. Un film perfetto, quindi? No, ma nella nostra recensione senza spoiler vi spieghiamo cosa va e cosa non va.
Buoni che diventano cattivi che diventano buoni
Nei fumetti i Thunderbolts nascono negli anni 90 come una squadra di criminali che si spacciano per eroi in assenza degli Avengers. Nel tempo la formazione è cambiata a più riprese, mantenendo però una caratteristica precisa: i Thunderbolts sono quasi sempre antieroi, veri e propri disadattati dalla discutibile moralità che spesso fanno la cosa giusta per i motivi completamente sbagliati. Adattare per il cinema questo tipo di squadra non era facile ma gli scrittori Eric Pearson e Joanna Calo hanno attinto ai film e alle serie TV, pescando alcuni personaggi più o meno memorabili che erano sopravvissuti alle avventure precedenti ma erano finiti in una specie di limbo.
Perciò ritroviamo Yelena Belova, Red Guardian e Taskmaster da Black Widow, Ghost da Ant-Man & the Wasp e John Walker da The Falcon and the Winter Soldier: il filo conduttore è Valentina Allegra de Fontaine, interpretata da una sardonica Julia Louis-Dreyfus, già apparsa brevemente qua e là nel Marvel Cinematic Universe che si riprendeva dal Blip. Scopriamo che Valentina è sotto inchiesta per le operazioni illegali che ha condotto come direttrice della CIA, operazioni che cerca di nascondere mandando a morire i suoi agenti segreti. Un piano che le si ritorcerà contro nella prima parte del film, durante la quale il regista Jake Schreier imbastisce i rapporti tra i personaggi, nascondendo nei dialoghi brevi e concisi una sorta di riassunto delle puntate precedenti mentre stabilisce conflitti e alleanze.
La prima parte di Thunderbolts* è un po' più debole della seconda, forse perché il grosso dell'azione si svolge in una sola location e il film ingrana pian piano, senza stabilire una concreta minaccia nell'immediato che incentivi i nostri protagonisti a diventare veri eroi. Protagonisti che sono caratterizzati a singhiozzi: Yelena è la star del film, suo padre Alexei una specie di spalla comica, Bucky lo conosciamo già e il resto è abbastanza trascurato, affidato perlopiù a battute e interazioni che comunque riescono a descrivere efficacemente i personaggi e il loro vissuto. Nonostante tutto, Thunderbolts* non calca la mano sulla commedia, aggrappandosi a un'ironia pungente ma contenuta che funziona, non disturba e anzi fa sinceramente sorridere in più momenti.
Più che altro perché in Thunderbolts* non c'è proprio niente da ridere. Ben presto ci si rende conto di quanto fragili, disperati e umani siano questi antieroi che cercano di risollevarsi dai baratri in cui sono precipitati per gli sbagli commessi volontariamente o involontariamente. La bravissima Florence Pugh, in particolare, ruba la scena a tutti gli altri nei momenti più drammatici, specialmente quando interagisce con un David Harbour più istrionico del solito nei panni di Red Guardian, ma anche Wyatt Russell non è da meno nell'interpretare lo spaccone ma tormentato John Walker. È un peccato che Hannah John-Kamen abbia pescato la pagliuzza corta (beh, non quanto Olga Kurylenko con Taskmaster) perché la sua Ghost è decisamente carismatica.
La forza di Thunderbolts* per certi versi sta proprio nel ristretto cast di personaggi, che include anche l'assistente di Valentina, Mel, interpretata da Geraldine Viswanathan: un personaggio inedito e piuttosto insipido che, nonostante ciò, svolge un ruolo cruciale nella storia. Come accaduto con gli Avengers prima e i Guardiani della Galassia poi, è evidente che è molto più facile gestire un nucleo contenuto di protagonisti, instaurando un'alchimia convincente mentre si trasformano in una irresistibile famiglia disfunzionale. E poi... poi c'è Bob.
Il vuoto dentro
Lewis Pullman interpreta il misterioso Bob, un nuovo personaggio che fa la sua prima comparsa in questo film e che nasconde un segreto inquietante. Gli appassionati di fumetti sanno già di chi si tratta da mesi: i Marvel Studios hanno fatto l'impossibile per celare la sua identità, allargandosi soltanto negli ultimi trailer ma senza stabilire una connessione esplicita per gli spettatori meno navigati che si siederanno in sala completamente all'oscuro. È difficile parlare di Thunderbolts* senza scadere nello spoiler ma ci proveremo dicendo solo che il personaggio di Bob incarna la deriva più originale e inaspettata del film, che a un certo punto abbandona le epiche pretese di grandezza dei suoi predecessori per abbracciare una prospettiva molto più intima e personale, affrontando il tema del disturbo mentale con una delicatezza sopra le righe.
Questo non significa che nel film i nostri antieroi non se le diano di santa ragione; anzi, lo fanno in alcune scene molto ben coreografate che non ricorrono nemmeno troppo agli effetti speciali digitalizzati, inscenando i rapporti di forza in modo convincente e realistico. Stranamente, però, l'ultima pellicola Marvel Studios è molto meno caotica e rissosa delle precedenti e non fa dell'azione il suo perno, preferendo di gran lunga l'introspezione anche a una storia troppo articolata: non durando neanche troppo - all'incirca un paio d'orette - tira dritta come un treno fino a una conclusione un pelo frettolosa, essendo di fatto una specie di introduzione all'arco narrativo finale della Saga del Multiverso.
In questo senso, pur essendo una pellicola completamente autonoma, Thunderbolts* guarda più al passato del Marvel Cinematic Universe che al suo futuro, gettando solo alla fine le basi per i prossimi film e il ritorno in scena degli Avengers. Dopo anni di storie incentrate sul Multiverso, inutilmente complicate e in apparente contraddizione, e qualche film più adatto al piccolo schermo che alla sala cinematografica, Thunderbolts* torna a ricordarci che "it's all connected" - è tutto collegato - proprio come ai vecchi tempi, quando ogni nuovo film Marvel era una festa e le scene dopo i titoli di coda riuscivano ancora a stupirci. E questo è sicuramente un positivo segnale di ripresa.
Conclusioni
Multiplayer.it
8.0
Thunderbolts* potrebbe essere finalmente il giro di boa che aspettavamo da tempo in questa seconda saga del Marvel Cinematic Universe: con dei film importantissimi all'orizzonte, tra cui l'imminente reboot dei Fantastici Quattro, e il buco nell'acqua dell'ultimo Captain America, non c'era alcuna ragione di credere proprio nella riuscita di questa scalcinata banda di sciagurati. Invece il cinecomic di Schreier ha vinto questa sfida, e l'ha fatto nel modo più improbabile possibile, riuscendo persino a commuoverci in un paio di momenti particolarmente sentiti, grazie a un cast appassionato e a una scrittura brillante.
PRO
- I protagonisti hanno una buona chimica ma Florence Pugh è la vera star
- Ironia misurata e sviluppi sorprendentemente profondi
- Le scene d'azione sono poche ma convincenti
CONTRO
- Non tutti i protagonisti sono caratterizzati con la stessa cura
- Lo sviluppo dell'antagonista è un po' frettoloso
- Porta il peso di essere un film di transizione, meno epico e più stringato