Che fine hanno fatto... è una rubrica a cadenza regolare che cerca di riportare alla luce quei franchise che per un motivo o per un altro sono caduti un po' nel dimenticatoio, raccontandone la storia, con la speranza di rivederli prima o poi sui nostri schermi.
Il termine punta e clicca è da sempre usato, nell'ambito dei videogiochi, per indicare una particolare tipologia di avventure in cui l'azione viene gestita dall'utente attraverso l'utilizzo di un apposito cursore a schermo gestito generalmente tramite il mouse (almeno prima del passaggio di alcuni prodotti del genere anche su console) che facendo muovere il sopraccitato indicatore in determinati punti interagibili dello scenario quali per esempio oggetti, persone, luoghi, e con la pressione dei tasti destro o sinistro, può far svolgere al personaggio controllato le più svariate azioni, come per esempio parlare con altri individui, esaminare particolari dettagli di un ambiente o risolvere degli enigmi più o meno complessi.
Disegnato da Tim Schafer, Grim Fandango è considerato universalmente dalla critica e da molti fan come uno dei migliori prodotti del settore, un'avventura grafica sviluppata e prodotta dalla LucasArts nel 1998, la prima di questa compagnia a utilizzare un engine tridimensionale. Non a caso il titolo è stato eletto un paio di anni fa, sul famoso sito di Adventure Gamers, quale la migliore avventura di sempre, davanti a prodotti del calibro di Riven, Broken Sword: The Shadow of the Templars e The Longest Journey. Ma cosa rendeva (e rende tutt'ora) questo titolo così speciale agli occhi degli appassionati di genere? Indubbiamente il suo stile grafico particolare, fortemente ispirato per il design dei personaggi al folklore messicano del Giorno dei Morti: le figure protagoniste di Grim Fandango erano infatti basati proprio sulle figure della calaca usate durante le celebrazioni per la commemorazione dei defunti nel Paese latino americano. "Creature" gioiose e non macabre, a dispetto della testa scheletrica e del contesto, spesso raffigurate con abiti festosi o nell'atto di suonare degli strumenti musicali a indicare una concezione dell'aldilà molto allegra e non lugubre.
Il Nono Aldilà
C'era poi una trama piuttosto bizzarra suddivisa in quattro capitoli, ognuno dei quali ambientato il 2 novembre a distanza di un anno l'uno dall'altro, con un cast di oltre 55 personaggi e centinaia di enigmi per una storia dal sapore noir da pellicola anni '30 ma con una forte componente comica, incentrata anch'essa sulla concezione azteca dell'aldilà, secondo la quale le anime dei defunti devono attraversare la Terra dei Morti prima di raggiungere la loro vera destinazione, cioè il Nono Aldilà.
Protagonista di tutto era Manny Calavera, agente di viaggio particolare del Dipartimento della Morte nella città di El Midollo, che effettuava il recupero delle anime dei defunti armato di falce e tunica nera mietendo gli involucri che le contenevano al momento della dipartita, per poi vendere loro, all'arrivo nella Terra dei Morti, il miglior pacchetto cui potevano ambire per iniziare il loro percorso. Obiettivo dei trapassati era infatti quello di raggiungere la cosiddetta Terra dell'Eterno Riposo (Nono Aldilà, appunto) attraverso un viaggio lungo quattro anni, durante i quali dovevano espiare le colpe e fare ammenda delle proprie azioni negative compiute nella vita terrena. Un tempo Manny era considerato il migliore nel suo campo, ma all'inizio dell'avventura il giocatore lo ritrovava disperato e depresso a causa del collega Domino Hurley, che gli aveva soffiato tutti i clienti più importanti. Il nostro scheletrico amico, allora, provava a vendicarsi "rubando" a quest'ultimo una cliente sulla carta di una certa levatura, tale Mercedes Colomar, detta Meche, una giovane virtuosa. La donna, però, pur avendo condotto una vita impeccabile non aveva apparentemente acquisito il diritto per avere l'ambito biglietto per il Numero 9, un treno che le anime più meritevoli potevano usare per abbreviare il loro cammino, e aveva così deciso di intraprendere il viaggio per il Nono Aldilà a piedi e da sola. In realtà più avanti nell'avventura si sarebbe scoperto cosa ne era stato del biglietto della povera Meche e di quelli di tante altre sventurate anime pie, vittime di un enorme raggiro in favore del boss Hector LeMans. Comunque sia, senza approfondire troppo sull'argomento per evitare troppi spoiler, diciamo solo che Manny veniva pure licenziato dal Dipartimento della Morte, e, vuoi per rimorso, vuoi perché attratto dalla donna, decideva di mettersi sulle sue tracce.
Come si giocava
Grim Fandango si presentava molto diversamente rispetto alle canoniche avventure a cui LucasArts aveva abituato i videogiocatori per anni: innanzitutto il personaggio principale non veniva più comandato tramite il classico dispositivo di puntamento, ma mediante tastiera o joypad, in maniera non dissimile da quanto avveniva in uno dei successi videoludici del tempo, vale a dire Resident Evil di Capcom. In questo modo si poteva esplorare un mondo virtuale per certi versi più completo, fatto di oggetti da raccogliere e usare (pochi e semplici a dire il vero, visto che l'avventura era molto più incentrata sulla storia e sugli "attori" virtuali, che su altro), di enigmi da risolvere e di punti coi quali interagire, senza però per questo più muovere un cursore sullo schermo per cercarli.
Infatti per trovare questi ultimi bisognava sfruttare il movimento stesso di Manny che, passando di fianco a un qualcosa che poteva interessarlo, si voltava a guardarlo, indicando all'utente cosa controllare. Non mancavano poi ovviamente tanti personaggi con i quali interagire durante il proprio percorso, come detto all'inizio, scegliendo le frasi da dire tra un ventaglio di proposte dal gioco stesso. Il tutto con buona pace dello SCUMM (Script Creation Utility for Maniac Mansion), il linguaggio di scripting creato a supporto nello sviluppo dei videogiochi da Ron Gilbert nel 1987 per l'allora LucasFilm Games (oggi, come detto, LucasArts), utilizzato per praticamente quasi tutte le avventure grafiche della compagnia americana fino al 2010.
Poi c'era la parte visiva, che passava da una tradizionale grafica bidimensionale o comunque basata sul bitmap, a un più moderno engine tridimensionale, con i fondali pre-renderizzati e i personaggi calcolati in tempo reale, anch'esso per taluni aspetti ispirato a Resident Evil o Alone in the Dark. E, infine, quella audio, che poteva vantare un ottimo doppiaggio in lingua italiana con le voci del grande Renato Cecchetto, noto al pubblico italiano per aver prestato la sua voce al personaggio di Shrek, di Dario Oppido, la voce di Raoul in Ken il guerriero - La leggenda di Hokuto, ma anche di Jack Carver in Far Cry, e quella di Giuliana Nanni, la Sonia Todd del telefilm Le sorelle McLeod. Che altro aggiungere ancora di più rispetto a quanto vi abbiamo fino a ora raccontato? Grim Fandango è stato davvero uno dei giochi più belli di sempre per il genere delle avventure grafiche, e ci piacerebbe prima o poi poter rivedere all'opera il mitico Manny se non proprio in un sequel diretto anche in un titolo a sé stante, pure una storia nuova di zecca, a patto ovviamente che essa mantenga buona parte di quegli aspetti descritti ed evidenziati in questo articolo, che hanno resto unico a suo modo l'originale del 1998 su PC. Nel frattempo chi lo desidera può rigiocarsi il titolo di LucasArts sulle versioni recenti di Windows, su Linux e su OS X grazie al software ResidualVM creato appositamente per la celebre avventura Lucasarts. L'applicazione è finalmente giunta alla versione 1.0 e quindi può essere usata in relativa tranquillità ma senza dimenticare di salvare spesso.