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Mortal Kombat e l’ESRB

Come una Fatality ha cambiato l'industria del videogioco

SPECIALE di Lorenzo Fantoni   —   15/04/2015

Si fa un gran parlare in questo periodo di PEGI: in Italia qualcuno vorrebbe vietare i giochi violenti ai minori, altri in Inghilterra minacciano di avvisare i servizi sociali se un bambino a scuola ammette di averci giocato, molti vorrebbero maggiore responsabilità da chi li produce e da quelli che ne scrivono, eppure circa vent'anni fa tutto ciò non esisteva. Certo non mancavano le crociate che mettevano in guardia dal nuovo satana videoludico, ma alla fine quegli ammassi di pixel sembravano non destare poi tante preoccupazioni. Sono giochi, che vuoi che facciano? L'importante è stare attenti che il bambino non ci passi troppo tempo, no? Poi giunsero gli anni '90 e, mentre la musica si faceva più incazzata a colpi di "grunge", anche i videogiochi diventavano più realistici, più duri, più belli da vedere. Arrivò Doom col suo carico di sangue, demoni e pentacoli, ma soprattutto si diffuse la moda di digitalizzare attori in carne ed ossa per ottenere un effetto più intenso.

Dopo l'arrivo di Mortal Kombat il mondo dei videogiochi non è stato più lo stesso

Fatality!

A vederli adesso sembrano ridicoli, ma credeteci: all'epoca pensavamo che quegli sprite con pochi colori e quei filmati sgranati rappresentassero un'evoluzione tecnica talmente mostruosa che difficilmente ci si sarebbe potuti spingere oltre. Seguirono giochi come Lethal Enforcers, in cui con una pistola si sparava a dei tizi col passamontagna, e Night Trap, in cui utilizzando le telecamere bisognava proteggere (e spiare) delle liceali attaccate da un gruppo di vampiri. E poi arrivò finalmente lui: Mortal Kombat. Non era il primo picchiaduro con cui avevamo a che fare e nemmeno il primo con personaggi digitalizzati (alzi il controller chi ricorda Pit Fighter), ma mai prima di allora si era visto niente di così gratuitamente violento, mai ci era capitato tra le mani un videogioco in cui non ci si limitava solo a picchiare l'avversario, ma anzi lo si poteva uccidere con esecuzioni incredibilmente cruente. L'altissimo tasso di brutalità, sommato ai personaggi digitalizzati e al look che mescolava le pellicole di kung-fu con gli action anni '80 decretarono senza dubbio il successo di Mortal Kombat in tutte le sale giochi. Ovviamente ogni bambino del mondo volle giocarci e altrettanto ovviamente ogni genitore, censore, associazione e politico benpensante non perse occasione per scagliarsi contro questo genere di videogame come farebbe un piranha con una mucca che tenta il guado. In particolare, furono proprio la violenza di Mortal Kombat e la sua totale gratuità a scatenare i dibattiti più accesi. Drammatizzando, potremmo affermare che l'ESRB nacque quando Sub Zero strappò la sua prima spina dorsale.

Console War e Mortal Monday

A differenza di Doom però, che fu tirato in ballo per la strage di Columbine, la polemica montata intorno a Mortal Kombat fu piuttosto paradossale dato che non ci fu mai alcun episodio ad innescare la miccia. Nessun tredicenne ha mai tentato una Fatality sulla sorellina (o almeno, nessuno sembra esserci riuscito), il gioco era semplicemente troppo cruento per essere ignorato.

Mortal Kombat e l’ESRB

Per arginare l'enorme tsunami di contestazioni, SEGA e Nintendo adottarono subito delle contromisure volte a contenere il livello di violenza del gioco. Su SEGA Genesis, tuttavia, la censura fu un mero paravento: le mosse più brutali erano nascoste dietro a un codice "segreto" che, a soli pochi giorni dall'uscita di Mortal Kombat, era già sulla bocca di tutti i ragazzini che ripetevano come ossessi la parola ABACABB. Questa versione conteneva anche un primo timido tentativo di rating e sfoggiava sulla confezione il bollino MA-13, posto dal "SEGA Videogame Rating Council", accompagnato da una serie di spiegazioni per i genitori meno attenti. Nintendo dal canto suo ci andò giù in maniera più pesante e chiese ad Acclaim di ricolorare il sangue di grigio, nel patetico tentativo di farlo passare per sudore, e fece eliminare le fatality più sanguinolente. Il 13 settembre 1993 fu dunque il Mortal Monday, un lancio da dieci milioni di dollari, accompagnato dal pezzo techno degli Immortals che ogni fan della saga conosce bene. Ovviamente le due milioni di copie del day one sparirono in un attimo dagli scaffali. L'uscita di Mortal Kombat fu determinante anche per quanto riguarda la Console War dell'epoca. Poco importava che la versione per Super Nintendo fosse più colorata, con un audio migliore e lottatori più grandi, quella per Genesis aveva il sangue rosso e le Fatality, queste erano le uniche cose che contavano e che permisero alla console SEGA di consolidare il proprio successo negli Stati Uniti.

Davanti al Congresso

Seguirono comizi, censure, giochi tolti dagli scaffali, finché la cosa non approdò al Congresso, il quale già dal 1992 aveva preso per l'orecchio SEGA e Nintendo affinché istituissero un loro sistema di rating univoco con cui catalogare i giochi. Per tutta risposta i due contendenti portarono la console war in aula, mettendo in scena una sequela di colpi bassi degni di Mortal Kombat. Da una parte Nintendo se la prese con Night Trap e i suoi filmati scollacciati. Secondo Howard Lincoln, che all'epoca gestiva Nintendo of America, il gioco non aveva ragione di esistere, incitava allo stupro e aveva visto dei ragazzini comprarlo. Per tutta risposta SEGA sostenne che Nintendo non aveva neanche un sistema di rating, quindi vendeva giochi senza alcun controllo o indicazione. Il vice presidente di SEGA, Bill White portò come prova anche un controller Nintendo Super Scope, tanto per rafforzare l'idea che i videogiochi della Grande N trasformavano i ragazzi in assassini. Uno scambio di cortesie che si sommò alle solite associazioni genitoriali indignate e pronte a tutelare l'innocenza dei propri figli e che fece rimanere basito persino Joe Lieberman, uno dei senatori che promuovevano la campagna contro i videogiochi violenti.

E infine arriva l'ESRB

Nel 1994 fu Liberman stesso a proporre il Video Game Ratings Act, che avrebbe dovuto convocare una commissione federale che determinasse gli standard per la classificazione dei videogiochi, a meno che le compagnie non fossero disposte a mettere da parte l'ascia di guerra e collaborare. Posti di fronte a questa minaccia, i litiganti fecero immediatamente pace e crearono l'ISDA, la Interactive Digital Software Association, un ente che aveva il compito di promuovere a Washington gli interessi del settore e che poi diventò l'Entertainment Software Association. Tuttavia, mettersi d'accordo non era poi così facile. SEGA avrebbe voluto far adottare i suoi standard, ma Nintendo avrebbe più volentieri tagliato i baffi a Mario piuttosto che accettare la proposta del nemico. La questione passò dunque nelle mani dell'ISDA, che creò un organismo indipendente: l'Entertainment Software Ratings Board (ESRB) che aveva lo scopo di far valutare i giochi a una commissione indipendente. La mossa piacque a Nintendo e al Senato, anche se gli standard proposti dall'ESRB erano molto simili a quelli di SEGA. Così nacque l'ESRB, un'istituzione che, anche se non è legge, viene tenuta in seria considerazione dalle catene di distribuzione americane. Tecnicamente, infatti, una legge che proibisca la vendita di videogiochi ai minori sarebbe anticostituzionale, tuttavia i negozianti possono scegliere in maniera autonoma di non vendere determinati prodotti al pubblico più giovane. E ovviamente, il primo gioco a ricevere il bollino M ovvero "Mature" fu proprio lui: Mortal Kombat.