Tutti vorrebbero essere felici, ma tutti hanno anche il diritto ad essere tristi, non si può imporre la felicità, a meno che non si sia disposti a drogare l'intera popolazione e picchiare a morte chi si rifiuta di conformarsi. Queste sono più o meno le premesse di We Happy Few, bizzarro titolo indipendente sviluppato da Compulsion Games, quelli di Contrast, che viaggia tra lo stealth e il survival e che si basa su alcune ispirazioni decisamente interessanti.
We Happy Few: un survival distopico fatto di sorrisi, botte e psicofarmaci
Niente broncio, siamo inglesi
Il gioco si svolge negli anni '60, in un'Inghilterra parallela in cui gli abitanti della cittadina di Wellington Wells vogliono a tutti costi essere felici e gettarsi il passato alle spalle. Per farlo hanno creato una droga molto potente chiamata Joy che fa sentire tutti tranquilli e appagati. Joy sembra la panacea di ogni male, peccato che abbia qualche piccolo effetto collaterale in alcuni soggetti, roba trascurabile, come le perdite di memoria e una leggera psicosi.
Chi decide spontaneamente di non assumere Joy viene chiamato Downer ed è costretto ad allontanarsi dalla città per vivere di nascosto nei sobborghi diroccati che la circondano, un brutto posto dove vivono anche quelli che ci sono rimasti sotto con la Joy. Se i cittadini di Wellington Wells non amano particolarmente i Downer, questi drogati arrivano persino a ucciderli di botte non appena ne vedono uno. Noi ovviamente siamo un Downer, che un bel giorno si sveglia nel suo rifugio ben nascosto nelle fogne cittadine con una missione: fuggire da Wellington Wells entro pochi giorni, per evitare di doverci rimanere tutta la vita. Per farlo dovremo sottostare alle meccaniche tipiche del survival come il continuo approvvigionamento di acqua e cibo e la creazione di oggetti utili per difendersi mescolandole con elementi di infiltrazione e inganno. Per evitare di essere scoperti dovremo infatti essere in grado di mescolarci ai felicissimi abitanti della città, vestendo come loro, comportandoci come loro e, a volte, drogandoci come loro.
Visioni smarmellate
Le prime fasi del gioco, quelle che si svolgono nella periferia della città abitata dai pazzi in overdose da Joy, sono tutto sommato abbastanza semplici. L'ambiente è composto da case diroccate, vegetazione e tizi che vagano vestiti di stracci. Se veniamo avvistati avremo giusto qualche secondo per fuggire, altrimenti dovremo combattere contro uno o più avversari. In questa prima fase è fondamentale trovare o fabbricare il prima possibile un'arma bianca, sia essa un bastone o una mazza da cricket, e reperire un vestito che ci permetta di passare per uno dei drogati e evitare di allertarli continuamente.
Ovviamente sarà anche importantissimo trovare cibo e acqua pulita, magari affidandosi alle fontane che si possono trovare sparse per la mappa. Entrare in città tuttavia sarà molto più complesso, i ponti che collegano i sobborghi al centro sono infatti sorvegliati da due zelanti "bobby" con un feroce ghigno dipinto sul volto e dal manganello facile. Per superarli dovremo fare in modo di passare per un normale cittadino di Wellington Wells che assume con regolarità la sua pillolina per la felicità, quindi saremo costretti a vestirci bene e sperimentare gli effetti di Joy. Inizialmente la droga non cambierà più di tanto la nostra percezione della realtà, ma è importante tenere a mente che in quasi tutta l'acqua e il cibo della città ci sono piccole percentuali di stupefacente. I risultati quindi non tarderanno a farsi attendere e col tempo vedremo il mondo diventare sempre più colorato, luminoso e vagamente sfuocato, come se la fotografia fosse curata dal Duccio Patanè della serie TV Boris. A questo punto potremo decidere se aspettare e far passare piano piano gli effetti o assumere degli antidoti, altrimenti andremo in overdose e ci ritroveremo nuovamente al punto di partenza, senza nessuno degli oggetti che avevamo faticosamente accumulato.
Il Mondo Nuovo
We Happy Few è dunque un titolo fatto di equilibri, tensioni e paranoia. Dovremo imparare a muoverci lentamente, per non destare sospetti, ma dovremo anche correre quando non visti, perché il tempo a nostra disposizione è poco, dovremo mangiare, ma senza esagerare, dovremo stordirci, ma non così tanto da non capire, dovremo lottare, ma cercando sempre di non farci vedere. Il tutto circondati da facce e persone inquietanti come un serial killer che dirige un asilo. La possibilità di ridurre il sospetto comportandosi da bravi cittadini è senza dubbio uno degli aspetti più interessanti di We Happy Few e crediamo meriti una maggiore espansione. Per il momento basta camminare piano e salutare chi incrociamo per strada per rimanere tranquilli, ma immaginate come potrebbe essere emozionante dover sostenere un dialogo in cui fingiamo di essere drogati, o magari prendere il tè con una signora dell'alta società, cercando di sembrare "normali". Non sappiamo dirvi se tutto ciò è effettivamente divertente, i titoli survival quando ci si mettono possono essere particolarmente frustranti e non tutti vedono di buono occhio l'idea di dover ripartire da zero per un piccolo errore di valutazione, ma è senza dubbio particolare. In questo titolo c'è senza dubbio qualcosa che va oltre il classico gioco "sei solo su un'isola piena di mostri/zombi/fan di Justin Bieber e devi sopravvivere. I più informati avranno senza dubbio notato alcune somiglianze con una delle distopie più famose di sempre, ovvero "Il Mondo Nuovo" di Aldous Huxley. In questo famosissimo libro si racconta di un mondo in cui tutto il genere umano viene gestito secondo un rigidissimo sistema di caste, dove tutto viene imposto dall'alto, dove nessuno studia più la storia e l'infelicità viene curata con una droga chiamata Soma. Impossibile non notare anche alcune ispirazione a Il Prigioniero, storica serie TV in cui un uomo si ritrova imprigionato e sedato su un'isola piena di segreti in cui nessuno è ciò che sembra e tutti sembrano far finta di condurre una vita impeccabile.
Acerbo ma interessante
We Happy Few riprende moltissimi di questi temi e li mescola con uno stile che potrebbe vagamente ricordare BioShock Infinite, presentandoci un mondo in cui ogni sorriso non è altro che un ghigno inquietante e in cui dalla radio la voce bonaria di Uncle Jack, una sorta di Grande Fratello locale, ci ricorda che è meglio essere felici che morti. Il problema è che forse il gioco è ancora tecnicamente un po' troppo acerbo per funzionare alla perfezione.
Tecnicamente non è raro trovare piccoli bug che magari portano il nemico a scoprirci anche dietro un nascondiglio (volendo potremo persino nasconderci sotto i letti) oppure a non vederci neppure quando prendiamo a sprangate qualcuno a pochi passi. Graficamente il gioco non è male dal punto di vista artistico ed è ricco di un'atmosfera squisitamente british che non può non strappare un sorriso, ma è evidente che anche questo aspetto del gioco è ancora acerbo. Inoltre, non sarebbe male avere la possibilità di salvare, così da evitare di dover per forza continuare una sessione di gioco a oltranza. È pur vero che parliamo di un titolo che ha visto da poco la luce verde ed è ancora in uno stadio alpha, i margini di miglioramento dal punto di vista grafico e dell'intelligenza artificiale sono ampi e siamo sicuri che sia un titolo da tenere d'occhio. L'unica vera mancanza che ci sentiamo per il momento di attribuire all'opera di Compulsion Game è un filo conduttore, un tutorial, qualcosa che ci aiuti a orientarci nel mondo e ci spieghi meglio cosa sta accadendo a Wellington Wells. D'altra parte però forse questo senso di smarrimento è un effetto voluto, forse gli sviluppatori volevano che ogni giocatore fosse in grado di creare e raccontarsi da solo la propria storia, forse cercavano una narrazione fatta di momenti e non di testi sullo schermo. Difficile, strano, inquietante e a volte frustrante, We Happy Few è un titolo che ha senza dubbio qualcosa da dire, l'importante è ricordarsi di sorridere quando lo ascoltate.
Conclusioni
PRO
- Atmosfera perfetta
- Un survival differente
- Idea originale
CONTRO
- Qualche problema con l'intelligenza artificiale
- Tecnicamente acerbo
- Manca la possibilità di salvare