La presentazione di Breath of the Wild è stata un successo: a Nintendo sono arrivati attestati di stima trasversali, che hanno coinvolto critica, sviluppatori e pubblico. Se il gioco saprà tenere testa alle alte aspettative generate è ancora presto per dirlo, ma c'è un aspetto di cui ci piacerebbe parlare fin da ora. Un aspetto che ha colpito molte persone, ma che ancora non ha generato particolari polemiche o discussioni, sommerso da tematiche più attuali e pragmatiche - grafica, armi, interazione e, più in generale, tutto ciò che concerne il "gioco" in senso stretto. Abbiamo parzialmente trattato l'argomento su una Bustina di qualche mese fa, concentrandoci su Pikmin, eccezionale nella sua rappresentazione bucolica e realistica della fauna: come potrete immaginare stiamo alludendo alla morte, tema così importante ed estetizzante, ma così spesso evitato nei videogiochi. Non ci interessa adesso discutere - di nuovo - la questione in termini generici: no, stavolta ci focalizzeremo su The Legend of Zelda e, in particolare, su Breath of the Wild. Non possiamo dire che la saga sia particolarmente significativa da questo punto di vista, ma è anche vero che non ha mai banalizzato l'argomento, evitandolo col dovuto rispetto: insomma, nelle avventure di Link raramente la morte e la scomparsa hanno un ruolo di primo piano, ma non sono tematiche che vengono tirate in mezzo senza nessun motivo o implicazione. In breve: non si possono uccidere persone, e raramente gli uomini muoiono (a differenza di molti RPG occidentali dove, senza vere conseguenze morali o emotive, si può falciare quasi ogni persona ci si trovi di fronte).
Gli animali di Zelda non sono più immortali: dal 2017, Link andrà a caccia. Come mai questa scelta?
Attaccare gli animali
Naturalmente esistono delle notevoli eccezioni. In primo luogo Majora's Mask, episodio atipico in tutto, compreso questo ambito: lì la scomparsa della collettività è una minaccia costante e presente, e i comportamenti degli abitanti di Termina sono strettamente influenzati - ovviamente - dalla nefasta prospettiva. Nelle trame secondarie si parla di lutto e perfino si accenna all'aborto. Ma non è l'unica opera della serie ad esibire velature luttuose, sebbene sia l'unica ad esserne interamente ammantata. In Ocarina of Time si può parlare con un uomo morente (che, poco dopo la chiacchierata, smette di respirare), e soprattutto comunica un senso di totale disagio nel passaggio all'età adulta, quando l'oscurità prende il sopravvento su Hyrule, dilaniandone la vitalità.
In The Wind Waker il monologo finale di Ganondorf, e anche quello del Re, sono passaggi tristi e disperati, solo in parte bilanciati dal lieto fine che abbraccia i protagonisti. Come dicevamo prima però, almeno in questa sede, non ci interessa approfondire quanto bene l'argomento venga trattato, ma quanto venga deliberatamente evitato nell'estetica ortodossa di Zelda: il giocatore non deve mai avere scrupoli o dubbi nell'atto dell'uccisione. Per questo i nemici sono sempre mostri, evidentemente malvagi, nei comportamenti e nell'aspetto: Link, e così il suo comandante (cioè voi), non deve avere la minima perplessità morale di fronte agli avversari. E non ci riferiamo solo agli orchi, ma anche alle piante, che infatti hanno colori strani, come da apparire corrotte, e sono dotate di denti acuminati e bava verdastra. Gli stessi pipistrelli sono come indemoniati, vuoi per gli occhi rossi e lucenti, vuoi per il fuoco che spesso ne commenta il volo. A queste macrocategorie (riassumendo: mostri, piante e animali mefitici) si aggiungono gli oggetti avversi ma inanimati, come le statue che sparano laser. Tuttavia quest'impostazione, per forza di cose, deve relazionarsi con la grande libertà d'azione che la serie concede al giocatore, soprattutto nell'interazione tra ambiente e personaggio. E proprio in queste situazioni di confine si capisce quanto l'argomento sia ponderato dagli sviluppatori. Hyrule è popolata da uomini, che non si possono attaccare: che evitino i colpi o che semplicemente non rispondano all'azione, è evidente che Link, anima innocente, non debba fare niente del genere. Per gli animali il discorso è molto più complesso. A meno che non siano particolarmente piccoli (farfalle, ad esempio) o significativi (Epona) solitamente si possono colpire, ed è qui che emerge la scelta degli sviluppatori in tutta la sua chiarezza: Nintendo permette di toccare gli animali, ma si concede di punire chi sceglie di farlo.
Se è del tutto vietato a Link di danneggiare gli umani, si può accettare un peccatuccio con gli animali, ma senza esagerare. In A Link to the Past le galline, affettate con la spada, ricevono il colpo (diventano rosse), ma non subiscono danno e iniziano a scappare. Nel caso il giocatore insista a violare la moralità di Link però, infierendo sulla gallina fino alla noia, quest'ultima alla fine viene raggiunta da uno stormo di compagne furiose e volanti (!) che attaccano il personaggio fino a farlo fuggire. La stessa cosa, e con gli stessi animali, sostanzialmente avviene in Ocarina of Time. In Wind Waker accade qualcosa di simile coi maialini, che possono essere attaccati (e colpiti), ma dopo un po' si alleano e assalgono Link. Il messaggio è chiaro: per dovere d'interazione è possibile picchiare gli animali, ma non possono essere eliminati. Poetica portata all'eccesso da Skyward Sword, in cui provocatoriamente i gattini del villaggio si trasformano in mostriciattoli (di notte), e colpiscono per primi: quando Link risponde, dopo un paio di attacchi, si comportano esattamente come avrebbero fatto di giorno, e cioè si fermano, nascondono il muso tra le zampine e iniziano a lamentarsi (facendovi sentire in colpa, tra l'altro). A tutti gli effetti si tratta di un nemico che non si può uccidere, almeno nella sua veste notturna: anche afferrandolo e tirandolo giù dall'isola volante, la creatura felina (Remlit) torna su, volando attraverso le grandi orecchie.
Si va a caccia
In effetti Aonuma aveva anticipato che le convenzioni di Zelda sarebbero state alterate, ma la maggior parte di noi immaginava si riferisse soltanto alla parte ludica, quindi all'architettura del mondo, al sistema di combattimento, alla strutturazione dei dungeon. Pur se il sottotitolo stesso ne postula in parte la presenza (Breath of the Wild, "Il respiro del selvaggio"), vedere Link - già nel trailer - uccidere un cinghiale è stato piuttosto scioccante. Un dogma di trent'anni cancellato in un secondo. Il motivo è chiaro: in questo capitolo il legame tra Link e ciò che lo circonda è serrato, e per sopravvivere, potenziarsi e proseguire nell'avventura è costretto a nutrirsi con ciò che trova in giro. Prima che nascano delle polemiche, specifichiamo che un rappresentante Nintendo ha già dichiarato che è possibile, volendo, terminare il gioco nutrendosi di sole verdure e funghi. Ma il punto è proprio questo: volendo. E una scelta trentennale non può essere cancellata così, per semplici esigenze ludiche. Infatti le idiosincrasie sono numerose: giusto che si possa finire il gioco senza mangiare carne (né pesce), giusto - visto il tema - che ci si possa nutrire di bestie terrene e marine, meno giusto, ahinoi, che non ne venga mostrata la sofferenza. O meglio: che venga solo accennata. Come abbiamo visto il cinghiale non muore al primo colpo, e tra una freccia e l'altra ha modo - eccome - di lamentarsi e di scappare: tanto basta a sollevare la questione, tanto basta a non farli attaccare da chi è sensibile verso certi argomenti. Meno bello tuttavia che venga esibita l'immagine "da supermercato" una volta ucciso l'animale, così da sedimentare la scissione tra essere vivente (prima) e cibo (dopo, ovviamente): una volta eliminato, il cinghiale scompare in uno sbuffo di fumo, così da tramutarsi subito in bistecca. Un po' come l'immagine del maialino che sorride sulle scatolette che ne contengono i resti, il processo ha lo stesso obbiettivo accomodante (nei confronti dell'utente/acquirente). Il cambio di rotta rispetto al passato è dirompente, e il tutto perché stavolta cibarsi ha una funzione ludica. Se il cinghiale è abbastanza forte e resistente da esibire il proprio dolore, le anatre e i pesci (catturabili con le bombe a mo' di bracconiere) non ne hanno nemmeno il tempo.
E tutto ciò è paradossale, perché Breath of the Wild pare focalizzarsi sulla natura e sulla rappresentazione della fauna ancor più dei predecessori: dal trailer si ammirano molti animali, utili a rendere vivo il mondo, oltre che a differenziare le aree geografiche. Ma il problema maggiore risiede purtroppo altrove: se in passato, come abbiamo detto, nessuna bestiola era eliminabile, adesso c'è una sorta di differenziazione tra le prede e gli animali "domestici". Non ci riferiamo ai cani e ai gatti - anche se potremmo scommettere che a loro sarà concessa l'abituale immortalità - ma ai cavalli, quadrupedi su cui possono salire sia Link che i suoi avversari: in un video in game si nota come, durante un'esplosione, gli equini non risentano affatto del danno. E sicuramente è una scelta premeditata: come abbiamo osservato, in Breath of the Wild tutto - più o meno - interagisce realisticamente con tutto. Non sarà facile per Nintendo donare coerenza estetica a una scelta del genere che, lo ribadiamo, a livello ludico è sensata; l'unica chiave di lettura che possiamo ipotizzare, e che auspichiamo venga intrapresa, risiede nella dicotomia tra natura e tecnologia, tema che potrebbe costituire la colonna portante del gioco. Se alla fine lottare per Hyrule significherà anche salvare tutti quegli scoiattoli, quei volatili e quei cinghiali di cui possiamo cibarci, se anch'essi saranno minacciati dalla corruzione e dall'inquinamento della tecnologia, allora anche questa decisione potrebbe avere un senso. E, concludo in prima persona e da vegetariano, già adesso vi assicuro che finirò Breath of the Wild senza uccidere alcun animale: tutti a parte uno. Appena vedrò una gallina, dopo anni di bullismo (da parte loro), non potrò resistere alla tentazione.