Siamo alla fine del 2017, e due giochi si trovano appaiati in cima alla lista Metacritic: entrambi esibiscono un esorbitante "97". Negli anni successivi, nessun altro titolo avrebbe raggiunto un simile risultato, a eccezione di Red Dead Redemption II nel 2018. Né Baldur's Gate III, né Sekiro, né Tears of the Kingdom.
Sono entrambi giochi Nintendo, e probabilmente nessun'altra società sarà in grado di emulare questo traguardo, ovvero la pubblicazione di due opere da "97" nell'arco di un solo anno. I due titoli appartengono alle serie più prestigiose dell'azienda, e sono The Legend of Zelda: Breath of the Wild e Super Mario Odyssey. Ovviamente, entrambi sono candidati a "gioco dell'anno" ai The Game Awards di Geoff Keighley.
Uno è stato sviluppato a Kyoto, da EPD 3, sotto la produzione di Eiji Aonuma e la direzione di Hidemaro Fujibayashi. L'altro a Tokyo, presso EPD 8, prodotto da Yoshiaki Koizumi e diretto da Kenta Motokura. I più nobili tra i team interni Nintendo. I due giochi vengono scolpiti in contemporanea, e il desiderio di rivalsa (dopo Wii U) è grande per entrambi: per The Legend of Zelda forse ancora di più, visti gli ultimi capitoli alquanto discussi perché troppo facili e lineari.
Lo scontro sembra ad armi pari. Ma è una sensazione temporanea.
8 anni senza Super Mario 3D
A prevalere alla fine è un commosso Aonuma, che ritira con modi piuttosto goffi, e per lui inusuali, il trofeo dei The Game Awards.
Da lì in poi la percezione dei due giochi, ammesso e non concesso che fosse rapportabile nella contemporaneità, muta radicalmente. È l'inizio del cammino trionfale di Breath of the Wild, che negli anni successivi viene eletto dalla stragrande maggioranza della critica "miglior gioco del decennio", ed è in cima alla lista dei "migliori giochi di sempre" nell'ultima classifica stilata da EDGE. Praticamente un'acclamazione universale.
Super Mario Odyssey, in quella classifica dei giochi del decennio, non rientra "nemmeno" in top 10. Viene sopravanzato da altre opere dal maggior impatto, come The Last of Us, Dark Souls, Skyrim, The Witcher 3, Minecraft. Non solo: seppur di poco, Breath of the Wild lo supera anche nelle vendite, un evento impensabile prima del 2017. EPD Tokyo, che fino a quel momento aveva pubblicato almeno un gioco ogni tre anni, scompare dai radar, escluso un breve ritorno, in collaborazione con NST, attraverso il "piccolo" - ma apprezzatissimo - Bowser's Fury, accorpato alla riedizione per Switch di Super Mario 3D World (pubblicata nel 2021).
L'open world ai vertici dell'industria
Nel decennio compreso tra le metà degli anni '80 e quella dei '90, è facile individuare il genere dominante dell'industria: i titoli maggiormente rappresentativi sono quasi sempre a scorrimento orizzontale, e molto spesso dei platform bidimensionali. Questo momento coincide con l'apice del brand di Super Mario e la "Mario Mania" di fine anni '80.
Tornando alla classifica dei "migliori giochi del decennio" relativa agli anni '10, è altrettanto facile individuare un trend maggioritario. Al primo posto c'è Breath of the Wild. Al terzo The Witcher 3, al quarto Skyrim. Al sesto GTA V, all'ottavo Minecraft, al decimo Red Dead Redemption 2. Sei su dieci sono dei puri open world, pur con caratteristiche diverse.
L'industria dei videogiochi è mutata radicalmente negli ultimi trent'anni. Super Mario è riuscito a tenere alte le proprie vendite, a produrre eccellenze assolute (Super Mario Galaxy 1 e 2, Super Mario Odyssey), ma ha completamente smesso di plasmare il mercato a sua immagine e somiglianza, come invece aveva fatto dagli anni '80, creando infine (nel 1996) l'archetipo stesso del gioco d'azione tridimensionale, nel senso più esteso possibile, ovvero Super Mario 64.
Da lì in poi, gradualmente, l'idraulico si è rintanato in una propria nicchia, aurea, apprezzata e commercialmente florida, ma pur sempre relegata al "platform 3D", che ha smesso di avere una vocazione universale. Super Mario Galaxy 1, 2 e Super Mario Odyssey hanno tutti una media Metacritic di 97, eppure nessuno di loro è mai stato premiato gioco dell'anno. Paradossalmente, l'unico platform 3D genuino ad aver ottenuto il trofeo è stato Astro Bot: nonostante l'eccellenza del gioco, è indubbio che sia stato favorito - nel 2024 - da una concorrenza tutt'altro che spietata. Potremmo far rientrare nel discorso anche It Takes Two, che però è riuscito a valicare i "limiti del platform" più per questioni narrative che prettamente ludiche (non che sia una colpa).
Super Mario è il re incontrastato di un genere che, da anni, per impatto e prestigio, non è più al vertice dell'industria. Eccelle nonostante sia un platform, non in quanto tale.
L'open world è la via?
Se Nintendo e Koizumi desiderano riportare Super Mario al ruolo centrale che aveva una volta, la via percorribile ci sembra soltanto una. Ed è quella indicata da quella classifica, che sicuramente non piacerà a tutti, perché spesso "sporca" le meccaniche di un genere. È, prevedibilmente, la via dell'open world.
Breath of the Wild ed Elden Ring hanno deluso molti appassionati delle rispettive saghe (accorpando impropriamente Elden Ring e Dark Souls), ma non c'è dubbio che la svolta open world li abbia premiati. Sia come vendite, enormemente superiori ai "predecessori", sia come prestigio (entrambi "giochi dell'anno", entrambi ai primi posti, per quel che conta, della classifica di Edge sui migliori titoli mai realizzati).
EPD 8 questo lo ha intuito, ed è chiaro che stia annusando il terreno per capire quanto sia attuabile senza snaturarsi. Bowser's Fury è un esperimento in quest'ottica. Lo stesso Super Mario Odyssey segnava un ritorno al platform esplorativo, dopo un lustro passato a ibridare linearità e tridimensionalità con Super Mario 3D Land e 3D World. Sicuramente, e non da oggi, stanno ragionando su come fondere un'ambientazione open world con la loro saga più venduta, in modo che vicendevolmente si esaltino.
Il Regno dei Funghi, il primo open world cartoon?
Più uno ci riflette, più sembra sensato che Super Mario abbracci l'open world.
In questo caso non parliamo soltanto, come abbiamo fatto finora, del perché a Super Mario possa servire l'open world. Stiamo parlando, ribaltando la prospettiva, del perché agli open world possa servire Super Mario. Pensateci un attimo: quanti giochi ad ambientazione aperta vi sovvengono, soprattutto tra i pesi massimi, che non siano realistici?
Alcuni potrebbero rispondere proprio Breath of the Wild. È vero, l'estetica è ispirata a Miyazaki e allo Studio Ghibli: gli sfondi sono "pitturati" in modo realistico, i personaggi modellati e ombreggiati come in un anime di ottimo livello, con luci nette, ben delineate. Nella fisica e nella morfologia, Hyrule è fantastica, ma anche molto, molto realistica. La disposizione dei fiumi è sensata, così come quella delle montagne, e in generale la strutturazione stessa, decisamente credibile, dei biomi proposti.
Minecraft ha uno stile grafico estremamente personale, delle meccaniche sandbox astratte e ovviamente consente (e catalizza) delle multiformi invenzioni degli utenti, ma di base quei blocchi sono il modo che Notch ha scovato per sintetizzare, comunicare e rendere interagibile un mondo realistico nella sua architettura genetica. Gli altri giochi di quella classifica, in quest'ottica, non ci sembra nemmeno il caso di citarli.
Fossero esistiti dei dubbi sul fascino o sulla sensatezza di un open world mariesco, be', sono stati totalmente dissipati da Mario Kart World. Non solo il racing game Nintendo dimostra quanto sia bello esplorare liberamente quell'universo, ma inietta il desiderio di scendere dalla macchina e iniziare a saltellare qua e là, e sconfiggere quegli enormi mostri tondeggianti che appaiono in giro.
Lascia immaginare un mondo in cui aggirarsi tra le case a forma di fungo e le colline tondeggianti, in cui nuotare tra Calamaki giganti e Pesci Gnam. Ci ha messo sotto gli occhi quanto, anche solo visivamente, un open world nel Regno dei Funghi sarebbe affabulatorio. Avrebbe un potenziale enorme, a livello ludico e commerciale. Un mondo cartoon che se ne frega totalmente del realismo, morfologico e fisico, con fiori "trampolini", liane incantate, blocchi di note che ti scagliano in ogni direzione, mandrie di Yoshi selvaggi tra le praterie.
Sarebbe un sogno interattivo, esattamente ciò che era Super Mario tra NES e SNES. Oggi come oggi, non esiste un gioco così.
Gli sviluppatori di Bananza... e quelli di Super Mario
Vista l'attesa a cui ci ha costretto EPD 8, che tra l'altro nel 2020 ha assunto diversi dipendenti per "un gioco d'azione 3D e uno 2D" (così recitava il bando, quantomeno), era lecito aspettarsi un Super Mario 3D al lancio di Nintendo Switch 2.
Al suo posto, invece, è arrivato Donkey Kong Bananza. Un'operazione più che sensata nel processo generale di rilancio di un brand fondamentale, e un'opera di grandissima qualità, capace di rinnovare il platform 3D classico, in stile Nintendo 64, attraverso contaminazioni contemporanee e qualità interattive avanguardistiche. Era lampante fin dalla presentazione, per chiunque conosca Nintendo, che EPD 8 fosse lo sviluppatore. In effetti, la vera domanda non risiedeva nell'entità della software house, ma se fosse un progetto parallelo o sostitutivo rispetto a Super Mario 3D.
I crediti di Bananza ci hanno dato qualche indicazione a riguardo. Innanzitutto, il producer (e senior director del gioco) è il direttore di Super Mario Odyssey, ovvero Kenta Motokura. Il direttore vero e proprio è Kazuya Takahashi, uno dei "nuovi acquisti" del 2021, proveniente da Square Enix (aveva lavorato a Final Fantasy XV). Dalle interviste, sappiamo che il progetto è stato iniziato su Switch, e soltanto in seguito trasferito su Switch 2. Anche la direzione artistica (Daisuke Watanabe) e sonora (Naoto Kubo) propone due figure di spicco di Super Mario Odyssey. C'è una notevole sovrapposizione, in breve, tra lo staff dei due titoli.
Ma la coincidenza non è totale. Anzi. Uno dei più grandi esperti delle dinamiche interne Nintendo, noto come EAD Ninja, ha sintetizzato la questione definendo i due team "Banana" e "Fungo". Perché la probabilità più alta è proprio questa, e cioè che siano nati due nuclei creativi nel post Super Mario Odyssey. Uno al lavoro su Bananza, e uno sul nuovo Super Mario 3D.
Sono tanti gli eminenti creativi di EPD 8 assenti dai crediti di Donkey Kong Bananza (o con ruoli marginali). Suzuki relativamente all'ambito sonoro, Rikuto Yoshida a quello visivo (è stato l'art director di Super Mario Odyssey). Hayakawa e Sugawara nel campo della programmazione. Soprattutto, Futoshi Shirai e Shinya Hiratake sul piano del level design: proprio uno di questi due sarà, quasi certamente, il direttore del prossimo Super Mario.
Dallo staff di Donkey Kong Bananza è incredibilmente assente anche l'uomo che lo ha voluto, lo stesso uomo che, nel 2017, sognava di salire sul palco dei The Game Awards al posto di Eiji Aonuma. Parliamo di Yoshiaki Koizumi, stella polare dell'intera divisione Nintendo di Tokyo, le cui tracce appaiono e scompaiono assieme a quelle dell'idraulico.
Questo non significa che Super Mario sia stato sviluppato a vele spiegate parallelamente a Donkey Kong Bananza: significa, tuttavia, che non verrà iniziato adesso. Non aspettatevelo quindi per il 2025, ma nemmeno per il 2029. Se Bananza è stato un bellissimo seguito (spirituale) di Super Mario Odyssey, il prossimo Super Mario dovrà innalzarsi ancora oltre.
Ci attendiamo un'opera dalle ambizioni tracotanti.