Il mondo dello sviluppo italiano è sempre stato travagliato, sballottato tra attimi di gloria e cupi baratri, veri e propri abissi come quello in cui ci siamo tuffati facendo di Gioventù Ribelle la bandiera tecnologica del 150º anniversario dell'Unità d'Italia. Per fortuna negli ultimi anni gli sviluppatori nostrani sono tornati a farsi notare più per i meriti che per i demeriti anche grazie al lavoro di realtà giovani ma in evoluzione come Mixed Bag, Dreampainters e Storm in a Teacup. Quest'anno poi le cose sono andate particolarmente bene, segno che l'Italia del videogioco è tornata a crescere nonostante l'enorme pantano culturale in cui siamo immersi fino al collo. The Town of Light, horror virtuale di ottima qualità ambientato in un manicomio in rovina di Volterra, ha passato la palla a Redout, racing futuristico acclamato universalmente, che ci ha condotto lungo le strade di Wheels of Aurelia, titolo meno apprezzato dal grande pubblico ma, nel pieno stile di Santa Ragione, di grande carattere.
In mezzo a tutto questo siamo stati sorpresi da piccole perle come Little Briar Rose e da progetti interessanti come Voodoo e come The Land of Pain, inquietante avventura soprannaturale sviluppata con il CryEngine da Alessandro Guzzo. Nello specifico parliamo della demo che è disponibile a questo indirizzo, pesa circa 4GB e mette subito in chiaro l'impostazione di un titolo che come molti suoi simili è in gran parte incentrato sull'esplorazione e sulla componente narrativa. Anche l'antefatto è un classico, con il protagonista che durante una scampagnata autunnale si ritrova smarrito tra i boschi, improvvisamente costretto ad affrontare misteri, orrori e fenomeni paranormali. Le minacce, come di consueto, sono disseminate lungo un complesso percorso investigativo che ci costringe a macinare parecchio terreno, in cerca di indizi e di oggetti con cui interagire in modo da poter ampliare i confini del mondo di gioco e sfuggire a un misterioso e pericoloso antagonista. Tutto questo lo possiamo già assaggiare nella demo, piuttosto interessante, che ci costringe a camminare parecchio e la cosa ci sorprende un po' visto che The Land of Pain è pubblicizzato come un titolo che non vuole assolutamente essere un walking simulator e nemmeno un titolo in cui si è solo costretti a scappare all'impazzata per una mappa anonima. Ma dobbiamo anche dire che l'eccesso di backtracking può essere scongiurato esplorando con attenzione e ricorrendo agli aiuti che fanno parte di un'interfaccia pensata per facilitare le cose il più possibile. Non a caso l'area all'interno della quale è possibile interagire con gli oggetti è molto ampia e per utilizzare qualcosa basta un solo click del tasto sinistro del mouse che viene seguito, quando l'azione va a buon fine, da qualche secondo di schermo nero che fa parte degli inevitabili compromessi di un titolo sviluppato da un sol uomo. Un titolo che comunque non ci fa mancare testi carichi di inquietudine, visioni stranianti, lampi di violenza e una lunga sequela di mostruosità in stile Lovecraft, un autore che per le avventure in prima persona di questo genere rappresenta una inesauribile fonte di ispirazione.
The Land of Pain è un'inquietante avventura in prima persona realizzata quasi interamente da un sol uomo
Una demo limitata ma promettente
La demo ci permette di esplorare un bel pezzo di mappa ma non ci dà modo di verificare a fondo le promesse dello sviluppatore e finisce piuttosto presto, lasciandoci con un pizzico di amaro in bocca che rappresenta, però, uno dei migliori indizi del potenziale di un titolo. Potenziale che dipende, è quasi superfluo dirlo visto che parliamo di un'avventura, da un design che risulta a tratti sorprendente se si considera che il grosso del lavoro è quasi tutto a carico di un solo sviluppatore. Ma è uno sviluppatore capace di calarci in un autunno convincente, felici di dirigerci verso il classico capanno nel bosco corredato dall'altrettanto classico focolare da accendere. Di fronte alla costruzione c'è anche un suggestivo laghetto la cui acqua produce onde credibili che si confondono con riflessi in tempo reale di tronchi secolari, piccole perle di modellazione di una vegetazione che risulta decisamente credibile e suggestiva. Poi, d'improvviso, un enorme oggetto misterioso rompe l'idillio e ci catapulta in un bosco ben diverso, oscuro e minaccioso, pieno di rovine e di edifici poco rassicuranti, con un cambio di atmosfera davvero efficace. Il merito di tutto questo è anche del CryEngine, un motore per certi versi ostico ma che va alla grande quando si parla di vegetazione, ma dipende altresì, come anticipato, da un'attenzione al dettaglio che assieme all'ottimizzazione è l'unico vero elemento di distinzione, almeno dal punto di vista della grafica, tra le innumerevoli prove indipendenti che sfruttano motori potenti per avventure di questo genere.
Guzzo ha lavorato bene anche se, forse per questioni di ottimizzazione, ha adottato un filtro non troppo convincente per simulare la pioggia battente e non ha calcato la mano sugli interni che rappresentano con pochi dubbi il punto debole della produzione, almeno dal punto di vista estetico. Il resto invece se la cava alla grande grazie a nebbia volumetrica, rendering basato sulla fisica e modelli ottenuti sfruttando la tecnica della fotogrammetria che sfrutta la fotografia per ottenere oggetti realistici ed è uno dei motivi principali, assieme alla necessità di ottenere una vegetazione realistica, della scelta del CryEngine come motore di gioco. Grazie a tutte queste accortezze, e grazie al già menzionato lavoro di design, la resa complessiva è ottima e non soffre più di tanto di lacune e di ingenuità che possono essere perdonate considerando la dimensione indipendente della produzione. Dobbiamo inoltre considerare che la mappa è piuttosto ampia ed è destinata a diventare enorme, almeno a detta di chi la sta sviluppando, anche se non potrà essere esplorata in completa libertà a causa delle necessità del comparto narrativo che rappresenta il nocciolo del titolo. La stessa demo ci dà un esempio dei limiti di esplorazione, fermandoci nel bel mezzo della foresta perché sprovvisti di una luce a prova di pioggia, e l'effetto che deriva dal vedere il personaggio che si pianta contro a un muro invisibile non è dei migliori. Ma dobbiamo tornare a ribadire che si tratta del lavoro di un solo sviluppatore, sebbene aiutato da una traduttrice francese e dal fratello, che pur dedicandosi completamente allo sviluppo non può certo adottare soluzioni da produzione tripla A. Ciò nonostante, Guzzo sta lavorando anche sull'ottimizzazione, elemento spesso trascurato, e proprio per questo non ha ancora idea di quali saranno i requisiti minimi della versione finale ma possiamo essere fiduciosi considerando che quelli della demo non sono di certo esagerati. Per poter provare The Land of Pain è sufficiente possedere un Dual Core da 2.8GHz corredato con 4GB di memoria, una GeForce GTX 460 o una Radeon 5850, entrambe equipaggiate con un solo gigabyte di memoria. Invece per godere della resa massima servono un Quad Core, 8GB di memoria, una GeForce GTX o una Radeon R9 270X, entrambe equipaggiate con 2GB di memoria. Se il vostro computer rientra nelle richieste del titolo, il nostro consiglio non può esser altro che quello di provarlo e di sperare che la data di lancio non sia troppo lontana nel tempo.
CERTEZZE
- Atmosfera in quantità
- Ottima resa dell'ambiente
- Lovecraft è una fonte di ispirazione di qualità
DUBBI
- Gli interni non sono il massimo
- I compromessi sono evidenti
- Abbiamo visto ancora troppo poco per poter valutare la credibilità delle promese