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Non chiamateli giocattoli

Lo scontro finale non è prerogativa di Codemasters...

PROVATO di Luca Olivato   —   03/02/2017

Spesso si dice che nel portfolio dei grandi publisher, Ubisoft nella fattispecie, manchino produzioni davvero originali: le strategie commerciali si indirizzano su terreni conosciuti e redditizi, soprattutto quando gli investimenti a monte sono di un certo rilievo. Il compito di sperimentare è così lasciato alla scena indie che, grazie a Steam e alle altre piattaforme digitali, può raggiungere abbastanza agevolmente la grande distribuzione. Capita a volte che questi schemi si sovvertano e che una folata di aria nuova arrivi proprio da chi meno te l'aspetti: magari, come nel nostro caso, si tratta di un bizzarro tentativo di rivitalizzare un brand che, dopo aver cambiato editore, non è mai davvero riuscito a tornare ai picchi dei primi anni Novanta, quando tutto è iniziato. La troppa originalità, perà, non sempre porta ai risultati sperati e, per quanto sia ancora in fase di Early Access, il giudizio sul nuovo spin-off della saga di Might & Magic è tutt'altro che lusinghiero.

Un titolo pasticciato: un'idea di base troppo audace realizzata con meccaniche che non funzionano

Chissà cosa conterrà la Collector’s Edition

Si tratta di un gioco basato sulle... miniature, proprio come quelle che si utilizzano nei GDR in carta e penna, per cui si rivolge a quella nicchia di frequentatori di fumetterie disposti a spendere tempo e denaro nelle raffinate riproduzioni di cavalieri, draghi e affini. Il bestiario nell'universo di Might & Magic, sviluppatosi nel corso di tre decadi, si presta agevolmente a riproduzioni "reali" e, anche se in questa versione embrionale il numero è limitato ad una ventina di esemplari, si nota comunque l'attenzione per il brand, visto che sono presenti unità prese anche dalla saga di Heroes of Might & Magic.

Non chiamateli giocattoli
Non chiamateli giocattoli

Si parte comprando un eroe, il personaggio che si controlla in prima persona, e una serie di figure di supporto su cui si può agire in modo più limitato e soltanto prima che inizi una battaglia. La scelta della miniatura è, intuibilmente, una fase fondamentale, soprattutto perché è possibile modificarne i dettagli scegliendo colori e materiale in modo da rendere le action figure sempre più vicine ai propri gusti. Per quanto Ubisoft lo sponsorizzi come PvP, prima di sfidare un avversario in carne ed ossa è necessario completare un tutorial in single player composto da una trentina di missioni. Il sistema di gioco è concettualmente molto semplice: si tratta di posizionare sul tabellone il proprio eroe che può essere coadiuvato da un massimo di tre alleati e con il gruppo così formato cercare di avere la meglio sull'avversario. Come scritto inizialmente l'unica unità su cui concentrare la propria attenzione nelle concitate fasi di combattimento (gli scontri sono rapidi, durando mediamente meno di cinque minuti) è appunto quella dell'eroe, poiché gli altri energumeni sono sotto l'arbitrio della CPU che rispetterà comunque una serie di parametri indicati. Il compito del giocatore è pertanto quello di scegliere la combinazione di mosse più efficace, consapevole del fatto che ciascuna di queste ha dei tempi di ricarica ben precisi e che esistono delle sequenze che producono un risultato decisamente maggiore rispetto alla semplice somma degli addendi. La varietà di azioni aumenta con l'esperienza e soprattutto con la composizione del party, a sua volta soggetto allo sblocco di nuove abilità e di modificatori permanenti chiamati rune. Arrivati ad un certo punto bisognerà spremere le meningi per compilare la miscela più esplosiva di attacchi, pescandone sei in un nutrito elenco. Ai personaggi non giocanti deve essere invece indicato il comportamento da seguire, sulla falsariga di quello che accadeva sin dal primo Neverwinter Nights. L'esperienza non si limita a sbloccare nuove statistiche delle unità, ma permette al giocatore di guadagnare delle monete virtuali con cui ampliare la propria collezione, modificandola con l'utilizzo di nuovi pennelli, colori e materiali vari.

Problemi dalla regia

Diversi aspetti dimostrano alcune fragilità intrinseche in questo tipo di impianto: per primo il posizionamento delle icone di attacco, poste alla base dello schermo, fa sì che ci si concentri solamente sui conti alla rovescia piuttosto che su tutto quanto accade sopra di esse.

Non chiamateli giocattoli

Ed è un peccato, perché la realizzazione tecnica è gradevole: le miniature sono dotate di animazioni teatrali e i diorami nei quali si muovono risultano evocativi, soprattutto perché sullo sfondo si scorgono arredi d'interni che contestualizzano la natura di board game di Showdown. I requisiti minimi sono alla portata di molte tasche, ma è vivamente consigliato un monitor che supporti la risoluzione 4K: mai come in questo caso è di fondamentale importanza poter contare su di un elevato livello di dettaglio. Buona anche la colonna sonora, che accompagna dolcemente le sessioni, sfruttando dei brani recuperati e riarrangiati dai vecchi archivi della saga. Proseguendo con la disamina del gameplay, altro gravissimo difetto è che non sempre al click del mouse corrisponde l'immediata esecuzione dell'attacco, con il rischio di creare catene "sbagliate" causate dalla latenza dell'input. Pessima idea anche quella di obbligare il giocatore a scegliere il target nemico una volta che quello attivo è stato sconfitto: con ritmi di gioco tanto frenetici e l'assenza di una pausa tattica, è indispensabile menare le mani come se non ci fosse un domani anziché interrompere l'azione in attesa di indicazioni su chi attaccare - sarà eventualmente compito del giocatore indirizzare il fuoco su un altro bersaglio ritenuto più opportuno.

Foie Gras

La campagna offline è caratterizzata da un livello di difficoltà eccessivamente elevato, e sin dalla quarta mappa è necessario sbattere la testa contro il muro per avere la meglio di un paio di minotauri. Ancor più difficile la vita di chi si avventura contro un altro utente. Anzitutto, vuoi perché il numero di fruitori è limitato, vuoi perché il titolo non è ancora completo, si corre il rischio di un eccessivo sbilanciamento delle forze in campo.

Non chiamateli giocattoli

Non è dato a sapere il livello dell'avversario, ma lo si può intuire dai punti vita dei personaggi. Si possono scegliere solo due tipi di scontri: 3 contro 3 e 4 contro 4. Non si conosce la composizione del party nemico sino a quando le pedine sono disposte, ossia quando è impossibile modificare di conseguenza la propria: altra scelta deleteria perché certi schemi sono praticamente imbattibili e se non si dispone degli uomini giusti la sconfitta è pressoché certa. La risultante data dalla rapidità delle battaglie, unitamente alla limitatezza delle unità in campo e alle scelte dei designer, si concretizza in partite spesso frustranti che si concludono con una bandiera bianca dopo pochi secondi. In buona sostanza un sistema che fa acqua da tutte le parti e soprattutto niente affatto divertente. Unitamente al gioco vero e proprio Ubisoft ha rilasciato anche il tool Paint Workshop che guardacaso è la cosa più riuscita del pacchetto. Si tratta della versione gratuita e stand-alone dell'editor integrato all'interno di Showdown. Disponibile solo fino al 19 febbraio, contiene cinque delle venti miniature presenti nel titolo vero e proprio e permette di modificarne colorazione, materiali ed effetti luminosi; in buona sostanza proprio quanto un buon appassionato di action figure vorrebbe fare con il proprio modellino. Vale la pena darci una controllatina, tenendo presente che purtroppo si tratta solo della parte più riuscita di Might & Magic.

Brevemente

Il problema di Showdown è l'idea stessa del gioco. Come ben sanno i collezionisti, il piacere più grande nel possedere delle miniature risiede proprio nel fatto di poter toccare con mano trasposizioni fisiche di personaggi immaginari che spesso si sono conosciuti in un primo momento nella piattezza delle due dimensioni dello schermo. Pensare di rievocare le stesse emozioni con un procedimento inverso, ossia rendendoli nuovamente immateriali, è un esercizio ad alto rischio di fallimento, soprattutto se si utilizza questo espediente per giustificare una sorta di MOBA privo di mordente e dalle dinamiche cervellotiche e frustranti. Il tutto è poi aggravato da un prezzo non trascurabile: per renderlo appetibile sarebbe opportuno offrire delle microtransazioni in game, peraltro già presenti con una valuta virtuale, rendendo gratuito il client base. L'editor, pur interessante, non riesce a risollevare il giudizio nel complesso negativo sulla nuova produzione di Fun House. Il brand Might & Magic oramai si vende da solo, ma merita qualcosa di veramente grandioso per tornare a cavalcare i fasti del passato.

Conclusioni

Digital Delivery Steam
Prezzo 19,99 €
Multiplayer.it

Lettori (1)

3.0

Il tuo voto

PRO

  • Buona realizzazione tecnica dei personaggi
  • Editor gratificante

CONTRO

  • Sistema di gioco frustrante e sbilanciato
  • Interfaccia grafica pessima