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Un italiano a Dundee

Alla GDC 10, abbiamo parlato di APB e della bella avventura di Maurizio Sciglio alla corte dei Real Time Worlds!

INTERVISTA di Antonio Jodice   —   17/03/2010

APB è un gioco d'azione online in sviluppo da più di cinque anni presso gli studi scozzesi dei Real Time Worlds, la stessa software house che aveva sviluppato il primo capitolo di Crackdown per Xbox 360 e in collaborazione coi Microsoft Game Studios. Dietro questa software house si celano alcuni dei volti più noti dell'industria dei videogiochi, visto che ne fanno parte alcuni dei membri dei team che diedero alla luce capisaldi come Worms e i primi Grand Theft Auto, quelli con visuale dall'alto.

Un italiano a Dundee

Qui alla GDC 2010 a San Francisco, un paio dei membri del team hanno tenuto una conferenza per mostrare ai colleghi d'oltreoceano (la conferenza era anche doppiata in giapponese) uno dei frutti più significativi di tanto lavoro, ovvero l'editor che permette di personalizzare i personaggi creati per questo action game online in centinaia di modi diversi. Il team, ispiratosi a quanto fatto dai Turn 10 con Forza Motorsport, ha messo insieme un sistema che consente combinazioni infinite, l'apposizione di tatuaggi e skin su qualsiasi avatar 3d presente nel gioco. Avatar che possono essere davvero tanti, fino a 100 contemporaneamente sui server di gioco veri e propri e fino a 250 sui server dedicati alle relazioni sociali tra giocatori. Tutto questo, ovviamente, ha portato a problemi di gestione di memoria per tutte le texture necessarie per differenziare i modelli dei personaggi, per non parlare di tutti quegli abiti che è possibile indossare e che vanno a modificare i modelli di base tra cui è possibile scegliere, con una serie di problematiche nella gestione del flusso dei dati verso i server del gioco, dati che andavano necessariamente compressi e limitati per non incappare in problemi di latenza eccessiva.
Del titolo trovate altri approfonditi articoli qui su Multiplayer, tanto più che a breve andremo negli studi dei RTW a provare una versione avanzata del gioco.
Qui è stata l'occasione per ascoltare dei grandi sforzi tecnologici che hanno consentito di risolvere problemi di banda e di compressione dati, e, soprattutto, per fare due chiacchiere con Maurizio Sciglio, che sei anni fa ha lasciato il nostro Paese per andare in Scozia a sviluppare videogiochi e che era qui a San Francisco a parlare, appunto, del suo lavoro.

Multiplayer.it: Ciao Maurizio, prima di tutto grazie per averci voluto incontrare in questa GDC 2010, ti puoi presentare ai nostri lettori?
Maurizio Sciglio: Lavoro con i Real Time Worlds, gestisco un team di cinque persone, il team dei Tool e Tecnologia, ovvero produciamo tutti gli strumenti che servono ai grafici per realizzare APB, il sistema di customizzazione che avete appena visto e il rendering più in generale, ovvero il motore poligonale e la grafica.

M.it: E come funziona il vostro rapporto con gli artisti e i grafici. Sono loro che vengono da voi chiedendovi le cose di cui hanno bisogno, o siete voi che già predisponete gli strumenti che pensate gli possano servire, per poi aggiustarli in corsa?

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M. S. : Noi produciamo tecnologia. Si parte da un documento di Design del gioco e da una visione d'insieme sulla direzione artistica che lo stesso dovrà avere, quindi da questi documenti si tirano fuori tutti i requisiti tecnici che dovranno servire per la realizzazione. In base a questi, noi cerchiamo di fornire tutti gli strumenti affinché grafici e designer riescano a creare il gioco esattamente come era stato immaginato in fase di design. Le persone che maggiormente si interfacciano con il lavoro del mio team sono i grafici e con loro c'è una specie di accordo secondo il quale aggiustiamo costantemente questi strumenti per permettergli di andare nella direzione che ritengono più giusta per il progetto.

M.it: Visto che usate una versione modificata dell'Unreal Engine 3, e visto che producete strumenti che si vanno a inserire in un ambiente che i suoi tool li ha già, prodotti da Epic, come funziona questo lavoro di coordinamento tra quello che fate voi e quanto fatto da chi ha concepito l'engine di base?
M. S. : Per molte cose abbiamo utilizzato l'Unreal Engine 3 esattamente com'era, per quelle che invece distinguono APB da giochi come Gears of War, abbiamo preso strade alternative, tanto che adesso la versione che usiamo è molto diversa da quella base. Abbiamo cercato di restare quanto più possibile vicino alla versione ufficiale perché loro rilasciavano periodicamente aggiornamenti e, se ci fossimo spinti troppo in là, questi aggiornamenti sarebbero stati inutilizzabili in APB. Questo per un primo periodo, poi da un paio d'anni (il gioco è ormai in sviluppo da un lustro, ndr), quando la situazione era più stabile, abbiamo bloccato gli aggiornamenti e abbiamo modificato pesantemente tutto l'ambiente di lavoro.

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M.it: Ricordo che c'era stata una polemica, finita in tribunale, tra Silicon Knights, gli sviluppatori di Too Human, ed Epic, accusata di non essere sufficientemente d'aiuto nell'utilizzo dell'Unreal Engine 3. Il vostro rapporto com'è stato?
M. S. : Molto amichevole, tanto che Mark Rein di Epic viene spesso a trovarci a Dundee, dove si trova la nostra sede, e quando viene non si lavora per il casino che fa (ridendo ndr). E' un personaggio incredibile e siamo molto amici, e di fatto qui alla GDC lo stand di APB è insieme a quello di Epic. Nessun problema di rapporti, quindi.

M.it: Visto che tanti dei ragazzi, e ragazze, che ci leggono vorrebbero entrare a far parte del mondo dei videogiochi a livello professionale, puoi raccontarci come hai fatto ad arrivare in Real Time Worlds, e a lavorare con alcuni dei membri dei team originali di giochi come Grand Theft Auto e Worms?
M. S. : Fortuna, ci vuole sicuramente. Un percorso piuttosto tradizionale, comunque. Ho iniziato ad occuparmi di giochi quando avevo 14 anni da autodidatta, che è poi l'unico modo per imparare in questo ambiente. Poi mi sono laureato in quella che ritenevo fosse la materia più attinente a questo lavoro, ovvero ingegneria informatica e non ho imparato niente di nuovo per i videogiochi. Dopo l'università sono stato fermo sei mesi, preparando demo ed aggiornandomi sulle ultime tecnologie e poi la solita routine di Curriculum mandati ovunque, fino a quando qualcuno non mi ha risposto. Quando ho fatto il colloquio per Real Time Worlds, non sapevo bene chi ci fosse dietro... dopo il colloquio ho fatto un po' di ricerche e ho capito con quali persone sarei andato a lavorare. Ci vuole fortuna nel senso che sono entrato quando il team stava crescendo. Siamo partiti da un team di 35 persone e ora siamo più di 300... per cui ci vuole fortuna perché mi son trovato in un momento di grande espansione, cosa che mi ha permesso di fare carriera e di essere qui ora.

M.it: Ma hai lavorato anche ai progetti precedenti, tipo Crackdown?
M. S. : Ho lavorato solo di striscio a Crackdown. Quando sono entrato, APB non era iniziato e son partito da un team che produceva uno strumento per la realizzazione di contenuti procedurali che ancora usiamo per APB e che fu usato anche per Crackdown ed è per questo che figuro nei credits, ma il mio ruolo è stato decisamente marginale.

M.it: Vista l'evoluzione che c'è stata nell'università italiana e prendendo in considerazione anche tutti quei corsi extra universitari che si tengono anche nel nostro Paese, tu dovessi scegliere ora il tuo percorso di studi quale sceglieresti?
M. S. : Farei comunque qualcosa di non specifico, o informatica o ingegneria informatica, perché sono piuttosto contrario ad una specializzazione sotto determinati aspetti, anche perché la specializzazione in videogiochi, in fondo, non esiste, anche se le università vanno in quella direzione. E' meglio avere una solida base multidisciplinare in informatica, dopo di che se ti interessa specializzarti lo fai per conto tuo, durante e dopo gli studi.
Quanto a tutti questi corsi che si tengono presso strutture private o simili, anche in forma di master senza fare nomi, non li vedo particolarmente bene. Hanno senso in altri contesti, soprattutto all'estero, noi stessi collaboriamo con l'università di Dundee e abbiamo preso a lavorare ragazzi che sono usciti da questi corsi o che ad essi hanno partecipato, ma il discorso di base è che a tenere questi corsi dovrebbero essere persone che i videogiochi li hanno fatti nel corso della loro carriera lavorativa. Non ti puoi improvvisare docente, senza aver mai partecipato allo sviluppo di un videogioco vero. Per chi come me seleziona curriculum per conto di Real Time Worlds, cosa che mi capita giornalmente, il fatto di aver investito 7000 euro in uno di questi corsi ha poco significato, consiglierei piuttosto di investire quei soldi in dei buoni libri, da studiare per conto proprio.

M.it: Secondo te, lavorare nei videogiochi riuscirà mai ad essere un lavoro vero e proprio in Italia? Ora ci sono una serie di realtà che stanno prendendo piede e che comunque operano nel settore...

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M. S. : Potrebbe diventarlo se ci fossero le condizioni, ovvero se persone con esperienza del settore si mettessero a creare aziende, altrimenti, a parte il paio di casi noti, purtroppo l'Italia non riesce ancora ad essere credibile all'estero. Anche perché in Italia non c'è il giusto rispetto per i videogiochi, la visione comune è quella secondo la quale a giocare sono solo i ragazzini. La prima cosa che mi ha colpito in Inghilterra è stato vedere gente di 60 anni che andava in edicola a comprare riviste di videogiochi, pensavo le prendessero per i nipoti e invece si fermavano e le leggevano loro. Vedere queste stesse persone in fila nei negozi per comprare i giochi, anche queste sono scene che non si vedono ancora in Italia, e fino a quando queste condizioni non si verificheranno sarà difficile vedere sviluppare il panorama nel nostro Paese. Piccoli giochi si possono fare, ma produzioni come all'estero da 50, 60 milioni di Dollari è impossibile. Nessuno ti dà queste cifre senza essere assolutamente sicuro del rientro che ne avrà e se non vede un team che gli dà questa certezza.

M.it: APB, a che punto siamo?
M. S. : Siamo in closed beta, siamo oramai alla fine, visto che poi seguiranno la open beta e poi il lancio previsto per il terzo quarto del 2010. Questo preso dal sito paro paro, anche perché di più non posso dire, ma è data realistica. Insomma, ci siamo oramai.

M.it: Si sa niente della versione console di APB?
M. S. : Stiamo concentrandoci completamente sulla versione PC, perché è inutile disperdere energie in varie direzioni, anche perché le specifiche tecniche sono talmente diverse tra computer e console, che il gioco dovrebbe essere completamente stravolto. Quindi, per adesso è inutile. Poi vedremo, una volta rilasciata la versione PC, il da farsi, e siamo già in trattativa con publisher importanti. Ma il lavoro vero e proprio su eventuali versioni console non è ancora iniziato.

M.it: Tua mamma? Cosa ha detto quando le hai raccontato che saresti andato a vivere all'estero, sviluppando videogiochi?
M. S. : Non si è scomposta più di tanto quando l'ho avvertita dell'idea che avevo, l'ha fatto quando le ho detto esattamente quando sarei partito, l'ho detto un po' male. Avevo accettato di venire a Dundee nei Real Time Worlds, era estate e c'era un matrimonio al quale dovevo partecipare o l'anniversario dei 50 anni di matrimonio dei miei nonni e le ho detto "Ma io non ci sono!" e c'è rimasta un po' male. Però in generale approvano la mia scelta... alla fine non faccio niente di male e non spaccio droga, faccio videogiochi! (ridendo ndr) Ho il loro pieno appoggio.

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