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Battaglie a Los Angeles

A corollario degli eventi stampa e del torneo milionario di Modern Warfare 3, Activision ha messo in piedi una serie di attività all'aperto da togliere il fiato. Ecco il nostro resoconto

SPECIALE di Matteo Santicchia   —   09/09/2011

Wow. Si sa che in America è tutto più grande e spettacolare, eppure l'enormità dell'evento organizzato da Activision ci ha lasciato a bocca aperta: due hangar e infinite migliaia di metri quadri all'esterno che ospitavano le "attività", come venivano chiamate dai Pr di Activision.

Battaglie a Los Angeles

Appena entrati abbiamo subito fatto gruppo con alcuni connazionali per sfidare nelle file, più che nelle "attività", i 6000 spettatori paganti dell'evento. Nel nostro gruppetto composto da quattro individui poco raccomandabili, avevamo una testa d'ariete che ricercava spazietti infimi dove potersi infilare. Due le strategie: il fatto compiuto, per cui eravamo talmente dentro che era troppo tardi per sbatterci fuori e la polemica del giornalista "ci hanno mandato qui", "abbiamo poco tempo", fino al teatrale "sto lavorando come te, per me non è un piacere". Il tutto perché le file erano chilometriche, organizzate come una catena di montaggio, con passaggi obbligati in cui gente urlava spiegazioni inutili. Esattamente come accade nei grandi parchi di divertimento: aspettare fino a cinque ore per un'esperienza di dieci minuti.

Altro che in cameretta!

A catalizzare l'attenzione di tutti il paintball, giocato in una mappa di Modern Warfare 2, Scrapyard, ricostruita meticolosamente, dove trentadue giocatori, dopo aver indossato, tuta, elmetto protettivo e giubbetto rinforzato, si sono presi letteralmente a pallate di inchiostro con delle belle repliche di fucili M-16.

Battaglie a Los Angeles

Inutile dire che il meticoloso briefing di sicurezza, tenuto dal solerte caporale Reyes dei Marines è stato immediatamente sbugiardato da dei matti che si comportavano peggio della peggior intelligenza artificiale di un FPS, tutti allo scoperto a prendersi colpi su colpi dove non batte il sole, inebriati dalla sensazione di essere in una vera mappa di Call of Duty. Ovviamente la squadra italiana si è comportata bene, dosando spregiudicatezza e tatticismo, arrivando ad alzare più volte la bandiera nella base avversaria. Caciarone e tremendamente divertente, anche perché delle enormi casse pompavano la musica della lobby di attesa del gioco, ad aumentare l'immersione nella partita. Altrettanto divertente il percorso d'addestramento The Pit, con bersagli fissi e a comparsa. Complice i capelli lunghi, il mascherone protettivo che impediva una corretta mira, l'enorme serbatoio di proiettili, il fucile che faceva cilecca, il jet lag e tutta una serie di scuse che qui eviteremo, il vostro redattore non è andato oltre un poco più che discreto ventidue bersagli su trentuno. Ma senza dubbio un'esperienza da ripetere. Mentre invece abbiamo ripetuto più volte la Jeep Experience, un vero e proprio film di guerra vissuto in prima persona, con tanto di avvicinamento, infiltrazione e estrazione dalla zona dello scontro. Una americanata al cento per cento. Due parti, la prima in macchina a folle velocità, facendo evoluzioni da cardiopalma, sgommando, rombando, superando guadi, salite che a occhio si attestavano intorno al 15%, imboscate di gente armata di RPG e tecniche con mitragliatrice sul cassone.

Battaglie a Los Angeles

Una volta fatti scendere a viva forza dai corpi speciali è stata la volta di prendere d'assalto una casa, uccidere i nemici asserragliati e prendere un portatile, la cosiddetta intel, contrassegnata come nelle migliori caccia al tesoro da una bella X. Mezzi sballottati dalla perizia di guida degli stunt man siamo diventati praticamente sordi grazie a colpi esplosi dai soldati, un frastuono terribile, tra raffiche e stun granade come se piovesse. Come in Call of Duty, alla fine di ogni "attività" veniva regalato un gagliardetto che testimoniava la partecipazione o un bollino "prestige" che consacrava il successo. Il bollino prestigioso è divenuto immediatamente obiettivo della vita e oggetto di rivalsa nei confronti dei colleghi. Per il bollino un giornalista della nostra banda ha collezionato in due giorni più di 8 ore di fila, suscitando però in tutti noi sguardi di ammirazione e invidia. C'è anche chi si è accollato una specie di tuta sudata di nerd, per combattere in una lotta di pseudo-sumo. Multiplayer.it almeno in questo ha mantenuto un briciolo di dignità, guardando a debita distanza senza partecipare. Come avrete capito, nei press tour ci sono lunghi momenti di noia.

Kanye e non solo

Esaurite le attività si cercava di seguire il torneo di Modern Warfare 3, compito piuttosto arduo. Era complicato scegliere cosa seguire in uno spazio con centinaia di schermi con altrettante persone davanti, impegnate in un gioco dalle modalità bene o male inedite.

Battaglie a Los Angeles

Sarà anche l'anzianità, ma seguire e appassionarsi alle partite era praticamente impossibile. Come per il gioco, la realtà è amara: i più bravi giocatori di Call of Duty sono davvero giovani ed anche seguire il frastuono e fare la fila di ore per i gadget, richiede pazienza ed entusiasmo incontrollati, propri dei giovani. Ma le file sono piene di umanità, e quindi ci si diverte ad assegnare ai volti le voci robotiche che ci ritroviamo ad ascoltare quando giochiamo a Call of Duty in multiplayer. Nonostante i maschi fossero presenti in un rapporto tre a uno e che alcuni di loro fossero inquietanti, molte erano le persone "normali" venute ad omaggiare il brand e a passare una giornata diversa. I gadget erano numerosissimi e andavano letteralmente a ruba. C'è chi è arrivato a pagare 250 dollari per un giubbetto militare personalizzato. La maglietta Call of Duty MW3 invece si prendeva a 30 dollari.

Battaglie a Los Angeles

Oltre ai negozietti di gadget dove spendere qualche ora in fila, c'era un più accessibile museo delle armi. All'interno, oltre ai Javelin, Barret, AK 47 e tutto l'armamentario della serie, c'erano anche dei tizi vestiti da militari, tra cui uno attrezzato da cecchino, completamente coperto d'erba, in full ghillie suit; era molto simpatico, faceva scherzi mettendosi in agguato nei vari display e si muoveva all'improvviso suscitando paura ed ilarità. Esaurite attività, prove di gioco e umanità varia, si è atteso con grande trepidazione il concerto di Kanye West. Musicista di talento, è conosciuto anche per la sua polemica gratuita. Memorabile la sua invasione di campo per contestare un premio agli Mtv Awards. Per il concerto di Kanye (a Los Angeles tutte le star si chiamano per nome, come fossero amici di una vita) l'atmosfera è cambiata. Il nostro braccialetto "media" di colore rosso, fedele compagno di arroganza e sopraffazione, non permetteva più l'accesso ovunque. Per le zone VIP occorreva quello azzurro, impossibile da ottenere. L'incredibile quantità di omoni della sicurezza e le file stratosferiche ci hanno fatto desistere immediatamente; ma in realtà, non si fanno entrare cinque maschi non accompagnati in uno spazio dove si balla. Da notare inoltre le vagonate di ragazze, fino ad allora invisibili, spuntate fuori in abito da sera a cui non abbiamo chiesto se erano lì per Call of Duty. Luci basse, gente in piedi, ballerini sul palco, il concerto ha inizio. Kanye appare volando su una piattaforma, la musica esplode ad un volume assordante. Kanye comincia a cantare, viene inquadrato sui megaschermi in primo piano.....ha un diamante al dito più grande di un occhio. Sconvolti dalla volgarità scappiamo, stanchi, a fare l'ennesima fila per il bus pronto a schizzare verso l'afterparty a Beverly Hills.