Disintegration. Un nome che non dirà molto ai più, ma che i fan di Halo dovrebbero tenere d'occhio, perché uno dei reduci di Bungie (Marcus Lehto, art director creatore di Master Chief e veterano della saga) ha deciso di chiamare proprio così la sua prima creatura sviluppata con i V1 Interactive. Lo studio creato dal buon Lehto è pieno di ex colleghi, ma anche di nuovi talenti presi da un istituto dove lui stesso insegna (il Digipen Institute of Technology di Redmond, Washington), e non sembra voler semplicemente riproporre una formula trita e ritrita, bensì innovare il genere degli FPS con meccaniche estremamente originali. Fortunatamente, stando a quanto scritto su Edge - prima testata ad aver modo di vedere il gioco in azione - lo sparatutto non solo risulta originale, ma pare funzionare anche benone.
Il gameplay ruota attorno alle gravbike, mezzi fluttuanti armati fino ai denti, che si muovono con gran rapidità sul campo di battaglia e possono anche bombardare i nemici. Il motivo di tanta potenza di fuoco è presto detto: non dovrete eliminare solo altri tizi a bordo di moto volanti ma intere truppe, poiché ogni giocatore, in Disintegration, ha a disposizione un team di tre soldati guidati dall'intelligenza artificiale, appartenenti a classi specifiche, personalizzabili, e controllabili parzialmente attraverso ordini diretti. Si parla quindi di un gioco con una componente tattica sensibilmente più marcata rispetto alla concorrenza: volete distrarre il nemico con i vostri soldati e aggirarli? Potete tranquillamente farlo, così come sarà possibile anche un'azione speculare dello stesso tipo, o un attacco ben calcolato da più direzioni gestito in base alle specializzazioni dei vostri compagni. Ciononostante - sempre secondo Edge - il sistema non è di difficile apprendimento, grazie a comandi intuitivi e a una velocità d'azione tutt'altro che ingestibile (seppur molto più elevata del previsto). Per carità, il feeling delle sparatorie ricorda quello di Halo, ma d'altro canto le persone al lavoro sul gioco sono ex-Bungie, e il fatto che parte delle meccaniche siano mutuate da una serie così amata ancora oggi non ci disturba di certo considerando tutte le novità del sistema.
Persino il background narrativo sembra essere rispettabile, oltre che più elaborato del solito: in una terra dove la popolazione è stata decimata da un terribile virus, l'unica soluzione trovata è l'espianto di cervelli umani in corpi meccanici. Gli appartenenti a questa nuova "specie" vengono definiti Integrated, e sono in attesa di poter tornare umani quando il virus si spegnerà definitivamente. Una resistenza di umani puri però è rimasta, e ha dato il via a una guerra con gli Integrated, convinta che la loro non sia una soluzione (oltre che del fatto che il virus sia stato creato appositamente per velocizzare l'integrazione della popolazione mondiale). Nei panni di una ex star televisiva integrata con più di un dubbio sulle motivazioni della sua fazione, vi schiererete dalla parte della ribellione assieme ad altri integrati, in una campagna della durata di circa 10/12 ore (inizialmente doveva essere più breve, ma si è espansa rapidamente durante lo sviluppo). Lehto ci ha peraltro tenuto a precisare che i protagonisti del gioco non sono i soliti militari stereotipati, ma persone normalissime che si ritrovano all'interno di corpi robotici. Tra i personaggi ci possono essere giornalisti, insegnanti, metalmeccanici e poliziotti... quindi c'è stato un sensibile lavoro di caratterizzazione dietro al cast. Ultime informazioni? Il gioco è sviluppato con Unreal Engine - enormemente più flessibile del motore in-house originale di Bungie secondo il director - e vanta una distruttibilità totale pensata per enfatizzare ulteriormente l'elemento tattico legato all'uso delle truppe. Niente cover assolutamente sicure per la vostra gravbike, insomma. Da quanto letto, ci sembra chiaro che i V1 abbiano messo anima e corpo nel loro primo pargolo, e siamo davvero curiosi di vedere il gameplay che verrà mostrato alla Gamescom di Colonia. Chissà che non si riesca addirittura a metterci le mani sopra, una volta là.