Quando, una manciata di anni fa, una rediviva id Software sopravvissuta al flop Rage, alla fuga di John Carmack e a un silenzio stampa durato fin troppo a lungo, tornò improvvisamente alla ribalta con un nuovo capitolo di Doom, in pochi credettero che sarebbe riuscita a riagguantare i fasti di un tempo. Fu quindi con doppia se non tripla sorpresa e soddisfazione che, finalmente con pad o mouse alla mano a seconda delle preferenze, scoprimmo non solo che la software house texana era ancora in grado di fare la differenza, ma che Doom aveva ancora molto da dire, e nemmeno stravolgendo una formula già perfetta ma apparentemente desueta, come poi sarebbe anche stato lecito fare, ma ricalcando le orme dei suoi illustri predecessori rimasti effettivamente nel frattempo degli unicum nell'ambito dei first person shooter.
Ground guignol
Quante volte, del resto, abbiamo letto cose come "finalmente un gioco che propone la stessa intensità dell'azione di Doom" riferiti ad altri titoli più o meno simili? In molti infatti hanno cercato negli anni dei prodotti che potessero soddisfare le stesse esigenze create dal capolavoro id Software, rimanendo spesso e mal volentieri soddisfatti meno della metà, come nel caso per esempio di Serious Sam, o ancora peggio, amaramente a bocca asciutta. Del resto, anche la stessa id Software con Doom 3 si concentrò su caratteristiche diverse da quelle che contribuirono a creare il mito, ponendo l'accento su note horror che schiacciarono agli angoli il classico gameplay votato a una feroce, ma non per questo poco intelligente, azione. Inaspettatamente, il Doom del 2016 tornò proprio a quelle origini che tante software house, con i loro FPS edulcorati di qualsiasi profondità, avevano dato per morte perché ipoteticamente inadatte a una nuova generazione di appassionati. Tolta una modalità multiplayer che aveva ben poco da dire, tanto da apparire fin da subito ridondante, l'ultimo Doom dimostrò che il bisogno di un gioco costruito attorno a vecchi stilemi era ancora altissimo. Proprio per questo, ma non solo per questo, il successo di critica e di vendite non tardò ad arrivare al punto che, dal 2016, l'ultima fatica id Software verrà considerata dalla maggior parte degli utenti che amano il genere il miglior shooter in prima persona di questa generazione di console. Probabilmente sapete già i motivi di questo amore, ma nel caso servisse un ripasso, eccone uno veloce veloce
Amico demone
Il Doom targato 2016 è un'opera eccezionale, rabbiosa, dotata di un level design che pensavamo morto e sepolto, e un'azione che a prima vista può anche apparire piuttosto semplice, salvo poi dimostrare un'incredibile stratificazione di elementi volti a dare profondità laddove non sembrava più essercene bisogno. La cosa migliore è che questo Doom non si limita a riscoprire il suo meraviglioso passato ma prova anche a svecchiarlo, grazie a un sistema che permette di ripristinare energia e munizioni andando all'attacco e sconfiggendo i demoni nel modo più brutale possibile, utilizzando con prepotenza le diverse mosse finali contestuali introdotte. In questa orgia infernale non tutto può dirsi perfetto: una delle maggiori critiche mosse al gioco punta il dito a una struttura action che funziona come in un'arena, a tenuta stagna, dove una volta sconfitti tutti i nemici si può finalmente tornare ad esplorare in tutta calma fino al successivo trigger/combattimento sempre e solo limitato a un'area ben circoscritta. Doom Eternal, che abbiamo avuto la fortuna di provare in anteprima a poche ore dalla partenza per l'E3 attraverso la stessa demo in mostra a Los Angeles, prova ad infrangere questo limite estendendo gli scontri ben oltre i muri visibili e invisibili che separano le diverse aree dei livelli. Nella nostra breve esperienza, questo cambiamento porta a un azione che tormenta i giocatori dall'inizio alla fine, rendendo questo seguito molto più diabolico del recente prequel.
Come se non bastasse, id Software ha espanso anche il sistema di fatality che permetteva di ripristinare le risorse con una nuova arma di spalla, il lanciafiamme, e una motosega che avremo sempre con noi. Queste due nuove fonti di dolore (per i nemici) e di risorse (per il giocatore) poggiano sul gameplay un nuovo strato di complessità che rende Doom Eternal ancora più impegnativo di quanto si possa immaginare attraverso l'esperienza con il gioco del 2016. Non è un caso che la prova ci sia stata introdotta da un vero e proprio tutorial creato per l'occasione, pensato per sopperire alla mancanza dei livelli introduttivi che nel gioco completo serviranno soprattutto ad insegnare agli utenti tutte le nuove e non cosi facili meccaniche. Anche le funzioni secondarie di ogni arma in Doom Eternal svolgono un duplice quanto fondamentale ruolo: forniscono nuove strategie al giocatore, e permettono di risolvere situazioni spinose proprio come fossero chiavi per risolvere puzzle. Perché è proprio questa la forza di Doom Eternal, dove non basta essere più bestiali dei propri nemici per avere la meglio, ma è necessario sovrastarli con una logica strategica che, persino a livello di difficoltà normale, richiede tanta, tantissima attenzione da parte degli utenti per essere decodificato e infine dominato. Il risultato è un gioco durissimo, faticoso, ma anche galvanizzante, da mani sudate e denti serrati, dove ogni colpo ha il peso specifico di una meteora in testa, violenta e gratificante come ogni fatality presente. Nei livelli che abbiamo avuto modo di provare però abbiamo visto anche delle semplificazioni che non sappiamo se essere limitate alla porzione di gioco mostrata, e che coinvolgono un level design a prima vista meno tentacolare del gioco precedente: questo non significa che l'esplorazione sarà meno interessante visto che il nostro marine spaziale ora può anche aggrapparsi a porzioni di roccia nuda, permettendo una costruzione di fasi platform potenzialmente più interessante.
Strappateste
Tecnicamente c'è invece ben poco da dire, visto che la prova è stata fatta attraverso dei PC piuttosto potenti. Il dettaglio degli scenari è sicuramente aumentato, come anche il numero dei nemici su schermo, mentre per il frame rate l'obiettivo rimangono i soliti galvanizzanti 60 FPS. Speriamo che anche le console sappiano gestire questo frullato demoniaco nel migliore dei modi, ma sulla bontà del motore id Tech 7 c'è ben poco da dubitare. Impossibile non citare anche la colonna sonora che, affidata nuovamente a Mick Gordon, va a costruire e ad abbattere strati sonori a seconda delle nostre azioni, sputando dalle casse una valanga metal di rara qualità. È chiaro che con questo Doom Eternal, id Software non si è accontentata, e noi rischiamo nuovamente di ritrovarci tra le mani un nuovo straordinario classico. Per l'uscita però sarà necessario attendere la fine dell'anno, giusto in tempo per un Natale macchiato di sangue.
A meno che non ci abbiano fatto giocare la parte più bella di tutto il gioco, abbiamo davvero pochi dubbi sulla qualità di questo Doom Eternal. Inizialmente temevamo che le novità introdotte lo avessero reso troppo complesso, intaccandone la primordiale brutalità, ma fortunatamente dopo averlo giocato ogni preoccupazione è svanita in un esplosione di plasma infernale. Doom Eternal è sì faticoso, ma anche straordinariamente soddisfacente. Non vediamo l'ora di poter toccare con mano la versione completa di questo nuovo, possibile, capolavoro id Software, dove si spara a vista ma è necessario anche utilizzare la testa.
CERTEZZE
- Un frullato di sangue e gameplay
- Senza tattica non si sopravvive
- Soundtrack dinamica da urlo
DUBBI
- Potrebbero aver semplificato troppo i livelli