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eSerie A TIM, i Playoff come palco per discutere l'importanza del calcio virtuale

Il campionato virtuale eSerie A TIM ha preso finalmente forma a marzo e pochi giorni fa i riflettori si sono accesi sui Playoff: un'occasione per discutere l'importanza del calcio virtuale

SPECIALE di Alessandra Borgonovo   —   27/04/2021

"E poi abbiamo il dato più allarmante: il 40% dei ragazzi fra i 15 e i 24 anni non ha alcun interesse nel calcio." Questa frase è un brevissimo estratto dell'intervista di Andrea Agnelli, presidente della Juventus, pubblicata sul Corriere dello Sport nell'ottica di spiegare le ragioni dietro la Super League - vista, in parole povere, come una soluzione per contrastare il sempre più crescente intrattenimento virtuale. No, l'articolo non si concentrerà sul tema di questa competizione sportiva d'élite; abbiamo però trovato l'osservazione di cui sopra interessante per aprire il discorso proprio su quel digitale, o parte di esso essendo una questione estesa oltre ai videogiochi, che si fa sempre più temuto nella continua lotta alla conquista del tempo libero dei consumatori.

Siamo stati ospiti a Milano alla prima giornata di Playoff della eSerie A TIM, che per l'occasione non è stata solamente teatro di incontri emozionanti al fine di guadagnare un posto nella Final Eight ma anche il perfetto palco dove tornare a parlare di eSport - soprattutto, del ruolo chiave che ha nel riavvicinare i giovani a quel calcio da cui sembra si stiano allontanando sempre di più. La via non è quella più convenzionale, o auspicata dal presidente Agnelli (e forse non solo lui)? Certo è un altro modo di vivere il calcio, né migliore né peggiore, semplicemente più affine alla cosiddetta generazione zeta; possibilista, se vogliamo, poiché seguendo la filosofia "from zero to hero" si rende accessibile a chiunque permettendo di raggiungere l'agognata vetta con dedizione e impegno. Ancora più importante, però, rispetta quel principio per cui "il calcio è di tutti" e anche solo per questo l'eSport dovrebbe essere conosciuto meglio da chi vi occhieggia con diffidenza.

Un prodotto nuovo

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Michele Ciccarese, Direttore Marketing Lega Serie A, Stefano Deantoni, Direttore Marketing Infront Italy e Pier Luigi Parnofiello, CEO PG eSports, hanno spiegato come l'idea alla base del progetto eSerie A TIM sia dunque quello di offrire al pubblico un prodotto fresco, divertente e che abbatta i limiti, le barriere e le complessità che sorgono quando si parla di videogiochi dal punto di vista competitivo. Poche parole che racchiudono un intento, se non ambizioso, quantomeno non di facile raggiungimento: inutile nascondere che ci siano ancora dei pregiudizi legati al mondo del gaming in generale e ancora di più quando si sfocia nell'ambito professionale come quello degli eSport. I ragazzi che prendono parte a queste competizioni non sono calciatori, eppure sono campioni sul campo (virtuale, d'accordo, ma tirando le somme sempre di ventidue giocatori che "inseguono un pallone" stiamo parlando): un concetto contro cui gli appassionati del calcio tradizionale ma anche gli stessi sponsor cozza(va)no perché non è calcio, non è sport, è un giochino.

Un brand forte come quello della Serie A permette invece di scardinare una simile percezione proprio in virtù della sua serietà come divisione professionistica riconosciuta: è servito, insomma, portare il discorso verso lidi noti e familiari perché l'eSport iniziasse a essere visto con occhi diversi. Sui pro player la strada è ancora lunga tuttavia è proprio partendo da questi pregiudizi, dallo smontarli uno per uno non opponendovisi bensì spiegando e raccontando come funziona in realtà (l'allenamento mentale e fisico richiesto, lo stress cui si è sottoposti, lo staff coinvolto) che si rompono le barriere. Gli stessi club professionisti coinvolti capiscono l'importanza dietro la crescita di un pro player e si approcciano a questo percorso portando con sé mental coach e allenatori che istruiscano davvero questi ragazzi, dimostrando un'attenzione e uno studio molto più vicini al mondo dello sport rispetto a quello del gaming. Non manca poi l'aspetto sociale, legato a quel fair play che si vede, o si auspica, sui campi da gioco e viene incentivato anche qui grazie all'istituzione, per fare un esempio che ci è stato esposto, proprio di un premio fair play.

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Il progetto eSerie A TIM, è stato poi aggiunto, non è il modo per avvicinare al calcio giocato una generazione - per riallacciarci alle parole di Agnelli - che verso questo stesso calcio non dimostra più interesse ma è senza dubbio un modo. L'affezione nei confronti dei formati lunghi sta sempre più indebolendosi in generale, non solo per quanto riguarda il calcio: si tende a puntare su una comunicazione più immediata, su degli highlights, e anche questo risulta essere un punto forte di eSerie A TIM, che proprio sul canale YouTube condivide alcuni dei momenti salienti di un match senza l'obbligo di vederlo dall'inizio.

L'istituzione e soprattutto la gestione di un progetto eSport così grosso come quello in essere, lo si è capito dai paragrafi precedenti, non è qualcosa che possa risolversi senza le dovute competenze. Non basta, insomma, conoscere il calcio per riuscire a veicolarlo attraverso canali finora rimasti se non sconosciuti quantomeno piuttosto distanti dalla realtà: ragion per cui c'è stato un incontro di parti che ha permesso alla Lega Calcio di trovare risposta alla propria necessità al momento giusto, affidandosi a professionisti quali PG Esports e Infront Sports & Media AG che si occupano tanto della parte organizzativa quanto commerciale. L'urgenza da parte della Lega Calcio di scoprirsi tra le ultime leghe europee pronte con attività di eSport, e dunque di aver bisogno di entrare in partita, e il fatto che i partner poi scelti fossero pronti ad affrontare un impegno di questo tipo ha reso possibile la realizzazione di un prodotto innovativo, volto a una generazione zeta ormai sempre meno disposta a interessarsi ai classici novanta minuti.

È un progetto molto importante, quello di eSerie A TIM, perché mette in contatto due realtà che sembravano essere diventate incapaci di comunicare: da un lato c'è il costante allontanamento della generazione zeta dal calcio giocato, dall'altro la diffidenza, quando non proprio timore o invidia se vogliamo leggere meglio le parole di Andrea Agnelli, verso una forma di intrattenimento alla quale non viene dato il giusto credito. L'istituzione di una simile competizione potrebbe essere il primo, vero passo in avanti per creare un nuovo canale di comunicazione in grado di far bene a entrambe le parti.