Nintendo GameCube uscì in Giappone il 14 settembre 2001, esattamente venti anni fa. È stata l'ultima home console Nintendo - questa frase sarà ricorrente, durante il pezzo - ad essere stata lanciata, a livello globale, in finestre temporali tra loro piuttosto distanti: negli Stati Uniti il 18 novembre 2001, in Europa addirittura il 3 maggio 2002.
Era stata annunciata alcuni anni prima col suo nome in codice, Project Dolphin. Nelle idee degli appassionati Nintendo, e in quelle dei suoi dipendenti e creativi, avrebbe dovuto segnare il riscatto sul mercato delle home console: nella generazione precedente, PlayStation aveva nettamente battuto - in termini di vendite - Nintendo 64. GameCube è stato il sistema di transizione tra la lunga presidenza di Hiroshi Yamauchi (ecco una sua biografia) e quella del compianto Satoru Iwata, che ne ha gestito la vita ma non la gestazione.
GameCube è stato presentato allo Space World 2000, una delle ultime edizioni della fiera Nintendo che, annualmente, si teneva in terra nipponica. Quel giorno venne mostrata la nuova generazione nella sua interezza: Game Boy Advance e GameCube. Per la console casalinga vennero presentati dei filmati relativi a Metroid Prime, Luigi's Mansion, Pikmin, The Legend of Zelda e Super Mario 128. Riguardo agli ultimi due nomi, esistono due curiosità. Quel filmato di The Legend of Zelda non era stato realizzato dal team della serie, ma da quello di Koizumi, e rappresentava a tutti gli effetti una tech demo: perpetuava lo stile grafico di Ocarina of Time, e anche a causa di questo video in molti sarebbero rimasti scioccati, dodici mesi dopo, dalla presentazione del cartoonesco The Wind Waker. Per quanto riguarda Super Mario 128, anch'esso aveva poco da spartire con quello che sarebbe divenuto Super Mario Sunshine; quello stesso engine avrebbe originato Pikmin, e avrebbe lasciato delle tracce, sette anni dopo, all'interno di Super Mario Galaxy.
A sorprendere al tempo, più dei filmati e dei giochi, fu la forma della console. Cubica, tonalità indaco, con una maniglia dietro, così da poter essere trasportata facilmente da una casa all'altra. Il pad abbandonava il tricorno di Nintendo 64, per abbracciare una forma più canonica, pur con diverse unicità: i dorsali dalla lunga corsa, i tasti a fagiolo, la predominanza fisica e progettuale del pulsante A. I due Control Stick, una delle poche innovazioni Sony che, nel corso degli anni, ha abbracciato appieno Nintendo. E pure il formato proprietario: GameCube non utilizzava DVD come le rivali, bensì un mini DVD (Nintendo Optical Disc) da 8 millimetri, e da 1,5 GB di capienza. Un aspetto unico, e radicalmente diverso dalle concorrenti, con un logo pregevole che richiamava la forma cubica della macchina.
Chiunque lo abbia comprato d'importazione, all'epoca, non potrà dimenticare il disagio di quei giorni. Da appassionati, trascorremmo un'estate in attesa della distribuzione del sistema: i giochi di lancio sarebbero stati Super Monkey Ball, Luigi's Mansion e Wave Race: Blue Storm. Pochi giorni prima della pubblicazione, quando le console erano già in partenza sull'aereo, degli altri aerei avevano segnato la storia, quella con la "S" maiuscola. Per chiunque lo abbia vissuto, il lancio di GameCube non è scindibile dalla tragedia dell'11 settembre. Coi problemi alla dogana, col senso di colpa di interessarsi a una cosa relativamente frivola in un momento talmente drammatico e significativo per l'intero pianeta.
In questo speciale non racconteremo nel dettaglio l'intera storia di GameCube; tuttavia tenteremo di spiegare perché, da quella console in avanti, Nintendo non sarebbe più stata la stessa.
Lancio
GameCube non è mai riuscito a combattere a livello commerciale con PlayStation 2. Eppure il lancio fu scoppiettante, e Nintendo era una diretta rivale dell'azienda di Minato: non che adesso non lo sia, lo è eccome, ma all'epoca si lottava sullo stesso terreno di gioco. GameCube era meno potente di Xbox, ma più di PlayStation 2: ai tempi, su console Nintendo, uscivano tanti giochi terze parti in contemporanea con le concorrenti. E c'era la sensazione, rivelatasi totalmente errata, che lo scontro potesse realmente indirizzarsi su un testa a testa.
Una grande difficoltà di GameCube, all'epoca forse poco evidente, è che venne realizzata - come già detto - in un periodo di transizione per Nintendo: non solo a livello dirigenziale, ma anche creativo. I vecchi direttori di progetto stavano passando a ruoli di produzione, lasciando spazio alla nuova generazione di game designer: tutto ciò con la necessità di pubblicare il prima possibile, così da evitare i vuoti che avevano segnato certe fasi della vita di Nintendo 64. Una decisione unica nella storia della società, che fortunatamente non si sarebbe ripetuta.
GameCube ebbe un lancio notevole. Non fu accompagnato da un gioco epocale come Super Mario 64, e per lungo tempo non avrebbe avuto nemmeno un capolavoro: tuttavia, i primi mesi furono caratterizzati da uscite costanti e di grandissima qualità, nonché da IP nuove ad alto budget (una rarità, come saprete, per Nintendo). Stiamo parlando di Luigi's Mansion e Wave Race: Blue Storm, seguiti da Pikmin e Super Smash Bros: Melee, accompagnati dall'impressionante Star Wars: Rogue Squadron II: Rogue Leader di Factor 5 e, in Giappone, da Animal Crossing.
Gloria e caduta
Le cose continuarono ad andare bene per tutto l'anno successivo, il 2002, in assoluto il migliore per la console. In generale, uno dei più memorabili dell'intera storia Nintendo, secondo - in tempi recenti - al solo 2017. Dodici mesi in cui arrivarono Super Mario Sunshine, Star Fox Adventures, The Legend of Zelda: The Wind Waker, Eternal Darkness: Sanity's Requiem e, dulcis in fundo, l'incredibile Metroid Prime. Sia Super Mario Sunshine che The Wind Waker avrebbero necessitato di più tempo per essere perfezionati, ma Nintendo aveva bisogno dei suoi pesi massimi per imporsi sul mercato. A novembre giunse anche un annuncio pesante: un accordo con Capcom per cinque esclusive, tra le quali era compreso Resident Evil, che nella generazione precedente era stato un fattore rilevante nel decretare il predominio Sony. Sembrava che le cose potesse davvero svoltare, per Nintendo.
Nonostante gli enormi sforzi effettuati, a fine 2003 divenne ormai evidente che Nintendo non solo non avrebbe avuto alcuna possibilità di raggiungere Sony, ma avrebbe faticato anche a stare davanti a Microsoft (infatti, a fine generazione, Xbox avrebbe venduto di più). La vita di GameCube, da metà 2003 in poi, sarebbe stata ancora lunga: tuttavia, il meglio era già alle spalle. Nintendo si stava già concentrando altrove, e il pubblico lo avrebbe capito presto. Mario Kart: Double Dash!!, il titolo home console meno venduto della storia del brand, probabilmente segnò il punto di svolta. I giochi sviluppati in Giappone divennero sempre più rari: tra le uscite maggiori ricordiamo Pikmin 2, nel 2004.
Le pubblicazioni si diradarono in generale, perché - tranne rare eccezioni - i giochi delle terze parti vendevano più altrove. Inoltre, GameCube era carente sui titoli sportivi, un difetto non da poco. La macchina riuscì ad ospitare ancora tanti altri giochi validi, in particolare Metroid Prime 2 e l'esclusiva (temporanea, ma comunque esclusiva) del magnifico Resident Evil 4 (ma anche Viewtiful Joe e Killer 7). Ma la presentazione di The Legend of Zelda: Twilight Princess, avvenuta nel 2004, lasciava speranze che non sarebbero state concretizzate: l'anno dopo il gioco era ancora lontano dalla pubblicazione, e Nintendo decise - ben prima di annunciarlo - che sarebbe stato lanciato su GameCube solamente per correttezza nei confronti dei fan.
Perché, come dicevamo prima, già da tempo Nintendo era concentrata su un altro progetto. Un progetto radicalmente diverso, che avrebbe cambiato per lungo tempo, e in parte per sempre, la sua identità: Nintendo Wii, di cui Twilight Princess sarebbe stato un gioco di lancio.
Eredità
Nonostante gli sforzi profusi, nonostante i tanti titoli validi, per Nintendo il sistema GameCube rappresentò un fallimento. Dopo quella generazione risultò chiaro a Satoru Iwata che non si poteva più competere direttamente con le rivali, per questioni identitarie e strutturali. Nintendo non aveva più i tentacoli o le abilità, né l'immagine o il prestigio, per scontrarsi alla pari, a tutto tondo, con Sony e Microsoft.
Questa presa di coscienza non sarebbe stata temporanea, ma definitiva. Nei successi o insuccessi che sarebbero seguiti, Nintendo non avrebbe più tentato di combattere a campo aperto con le rivali: avrebbe piuttosto puntato sulle sue unicità, sviluppando con più calma i giochi tradizionali, tentando sempre approcci innovativi, e spesso alternativi, in termini di hardware. In molti rimpiangono i vecchi tempi, ma è importante ricordare che non è stata Nintendo ad abbandonare il red ocean, ma il red ocean a bocciare Nintendo.
In sostanza, GameCube ha rappresentato il punto di non ritorno. Da lì in poi, a Kyoto hanno capito che bisognava cambiare. In termini commerciali, stando a Yamauchi, due "GameCube" di fila non sarebbero stati sostenibili. E infatti niente sarebbe stato più come prima: Nintendo non ha più pubblicato una home console tecnologicamente al livello delle altre, e non si è più sforzata (tranne a inizio era Wii U, e anche lì andò male) di sfidare le rivali sulle relazioni con le terze parti.
Oltre alla nuova direzione intrapresa dallo sviluppo interno, oltre all'abbandono della corsa al miglior hardware, c'è appunto questa terza conseguenza di GameCube da non sottovalutare: con l'eccezione iniziale di Wii U, Nintendo ha capito che avrebbe dovuto fare da sola. Che il successo della propria piattaforma sarebbe dipeso solamente dai lavori interni, e che le terze parti sarebbero contate solo in seguito, una volta ottenuto un lancio di successo. Non solo: lo stesso legame con le software house esterne sarebbe cambiato radicalmente. Non più concorrenziale alle altre, ma declinato in base alle proprie esigenze: meglio dei giochi esclusivi, e sviluppati tenendo conto delle proprie capacità e della propria utenza, che adattamenti ridotti da altri sistemi.
GameCube ha anche segnato l'abbandono, da un certo punto di vista, dei forti legami creativi con l'occidente; una scelta che sarebbe diventata evidente su Wii, ma che è iniziata proprio su questo sistema. Nintendo 64 era stato caratterizzato da grandissimi giochi Rare, e da tanti FPS, genere in cui era dominante rispetto a PlayStation: in era GameCube, Rare è stata lasciata partire, e Microsoft si è imposta in termini di shooter. Quando stava finendo la generazione, Iwata si accordò con Monolith Soft: un accordo più importante di quanto si fosse percepito all'epoca, che riportò il baricentro dell'azienda saldamente in Giappone.
Questa è, in breve, la storia di GameCube: l'ultima console Nintendo con cui la società ha provato a competere direttamente con Sony e Microsoft. Ha quell'aura romantica che ammanta ogni "console sconfitta" e, come ogni altra console sconfitta, come DreamCast e Wii U, tende ad essere ricordata faziosamente, tralasciando i difetti ed esaltando eccessivamente i pregi. Nonostante questo, è innegabile che ci abbia regalato dei giochi bellissimi, tra cui l'ultimo glorioso F-Zero. E almeno tre capolavori assoluti: Metroid Prime, Resident Evil 4 e The Legend of Zelda: The Wind Waker.