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Google Stadia, cosa cambia per gli sviluppatori?

Cerchiamo di capire cosa comporti l'arrivo di Google Stadia e servizi simili basati sul cloud per gli sviluppatori e per i publisher.

SPECIALE di Simone Tagliaferri   —   04/04/2019

Google Stadia è il futuro dei videogiochi? Uno dei futuri possibili sicuramente sì. Ipotizzare però che il cloud scalzi tutte le altre forme di distribuzione e consumo dei videogiochi nel breve periodo ci sembra un po' ingenuo. Comunque sia è indubbio che la grande industria sia particolarmente interessata a sfruttare intensamente le nuove tecnologie basate sul cloud, che offrono vantaggi evidenti in termini di publishing e sviluppo. Google Stadia, e probabilmente anche la piattaforma di Microsoft - che stando ad alcune indiscrezioni dovrebbe essere presentata all'E3 2019 - faranno da apripista a un modo di fruire dei videogiochi completamente diverso da quello che conosciamo. Perché però uno sviluppatore dovrebbe essere eccitato dalla prospettiva di supportare queste tecnologie?

Google Stadia

Gli sviluppatori non devono più fare riferimento all’hardware degli utenti

Storicamente, una delle difficoltà principali offerte dallo sviluppo dei videogiochi è la varietà di piattaforme disponibili. Da quando è nato questo mercato, ogni sviluppatore si è sempre dovuto porre il problema di capire su quale hardware pubblicare il suo lavoro e come riuscire ad andare su più piattaforme possibili senza aggravare troppo i costi. Detta in altri termini: voglio sviluppare un gioco di calci nelle gonadi rivoluzionario, ma come faccio a raggiungere tutto il mio pubblico potenziale? Molti videogiocatori tengono poco in considerazione la cosa, ma il multipiattaforma rappresenta da sempre un grosso grattacapo lato sviluppo, perché ogni hardware, con relativo SO, offre problemi specifici da risolvere e impone ingenti investimenti per realizzare i port e per l'ottimizzazione. Quando leggiamo che un titolo uscirà su PC, Xbox One, PS4 e Nintendo Switch, dobbiamo considerare che ognuna delle piattaforme citate ha un costo di supporto in termini di forza lavoro (assunta o esterna che sia). La cosa è particolarmente evidente nella scena indie, dove gli studi più piccoli sono spesso costretti a lavorare a una versione per volta dei loro titoli o ad affidarsi a studi esterni per i port.

Google Stadia Launch

Non è facile trovare programmatori che sappiano lavorare su tutte le piattaforme, che di loro impongono delle linee guida, spesso molto stringenti, che vanno necessariamente seguite, pena il divieto di pubblicazione (questo è vero in particolare nel mondo console). Ma passiamo a esaminare un altro grosso problema, ossia i cambi generazionali, prima di trarre delle conclusioni.

Niente più cambi generazionali

I cambi generazionali sono momenti eccitanti per tutta l'industria, ma allo stesso tempo sono sempre dei salti nel vuoto, in cui non si può dare nulla per scontato. Facciamo un esempio, puramente casuale e senza nessun collegamento con la realtà: io Somy ho catturato cento milioni di utenti con MayStation 2, per poi ritrovarmi testa a testa con la Icseboxe 180x2 di Megasoft per gli errori commessi con il lancio di MayStation 3 per, infine, risalire la china con MayStation 4, riprendendo la leadership del mercato console. Riuscirò a mantenere la mia utenza con MayStation 5? Molti pensano di sì, ma non è scontato come sembra. Altro esempio, sempre casuale: Fintendo domina il mercato con il MEHS, quindi la generazione successiva arriva PHEEGA che gliene toglie mezzo con il suo Iper Drive, impedendo al Super MEHS, la nuova console di Fintendo di primeggiare. Tolta di torno PHEEGA, Fintendo si ritrova tra i piedi Somy con la prima MayStation che frena il Fintendo 64 grazie alla sua tecnologia decisamente più aggressiva e moderna.

In tutto questo immaginate un povero sviluppatore che deve decidere quale sistema supportare, senza sapere quale avrà successo, ossia quello che gli garantirà di raggiungere il massimo pubblico possibile. Ovviamente per noi utenti il tutto ha un sapore estremamente romantico, ma dal lato business con il nostro romanticismo ci si sciacquano le terga e ogni scelta si risolve in fortissime tensioni e costanti ripensamenti, che spesso hanno causato grossi problemi di pianificazione e di gestione dei singoli progetti. Google Stadia e servizi simili garantiscono invece che si possa sviluppare per una singola piattaforma, aggiornata negli anni dal produttore, con gli utenti che possono scegliere lo schermo dal quale accedere al software senza che ciò crei problemi specifici lato sviluppo o richieda particolare interventi. Sostanzialmente si fanno girare i giochi sulle macchine di Google e basta, con la sicurezza che chiunque li fruisca abbia la massima qualità, determinata in questo caso dalla velocità di connessione e dallo schermo. Se Google parla di 10,7TB, significa che gli sviluppatori hanno a disposizione esattamente quella potenza, senza doversi preoccupare di sistemi operativi, software installato sul sistema dell'utente, schede grafiche cinesi e quant'altro.

Stadia0

Se ci sono problemi di compatibilità con qualche apparecchio, non è più lo sviluppatore che deve intervenire per risolverlo, ma Google stessa, ossia chi fornisce il servizio. Si tratta di un vantaggio non da poco, che riduce drasticamente alcuni costi. Niente generazioni e una piattaforma unica cui possono accedere tutti, non sembra la descrizione del migliore dei mondi possibili?

Morte completa della pirateria e del mercato dell’usato

Il mondo dei videogiochi in cloud profetizzato da Google Stadia ammazzerebbe completamente il mercato retail, quello delle copie fisiche, già messo in crisi dalla sempre maggiore importanza dei negozi digitali. Ancora più importante, il fatto che i file di gioco rimarrebbero fissi sui server di Google, senza raggiungere mai i sistemi degli utenti, renderebbe di fatto impossibile piratarli o rivenderli sul mercato dell'usato. Il digitale ha già quasi risolto il secondo problema, ma il primo, soprattutto su PC, ma anche su Android, su Switch e su tutti i sistemi che sono stati via via bucati dai vari barbanera, è ancora una ferita aperta. Recentemente si parla meno di pirateria per via dell'ampliarsi del mercato videoludico a modelli economici che la escludono completamente, come quello free-to-play, e per le forme di contrasto rese possibili proprio dalla maggiore diffusione del digitale.

Comunque sia rimane un problema che guida le scelte lato sviluppo e lato publishing. Ad esempio molti studi mobile favoriscono iOS su Android perché in casa Apple la pirateria incide meno sulle vendite, mentre in ambito PC continua a essere annoso il problema dei DRM, soprattutto per i titoli single player. Google Stadia e simili risolverebbero il tutto con una semplicità estrema, senza che gli studi di sviluppo debbano spendere più soldi per tentare di rendere sicuro il loro software. Difficile dire se ciò farebbe aumentare le vendite, ma sicuramente ridurrebbe il numero di parassiti, il che non è poco, visto che questi ultimi rappresentano comunque un costo in termini di supporto.

I dubbi su Stadia

Quando si parla di piattaforme di cloud gaming come Google Stadia molti vedono come unico problema quella della connessione, ossia si chiedono: riuscirò ad avere un lag decente con i miei 7 /18 / 25 /100 Mbps? Ovviamente si tratta di un punto di vista utente centrico, importantissimo da considerare perché senza utenti convinti non si formerà nemmeno un mercato. Comunque sia, lato sviluppo ci sono altri problemi che non vanno sottovalutati.

Harrison Explains That Online Games Built On Stadia Servers Could Be Lag Free

È bello e fa molto colore in questi casi parlare di "Netflix dei videogiochi", senza però considerare i problemi causati proprio da Netflix ai produttori cinematografici. È giusto quindi chiedersi per prima cosa: quanto paga Google Stadia? Senza conoscere i termini dell'offerta economica di Google ai publisher è impossibile dirlo, ma se Stadia prevedesse un accesso solo su abbonamento, sarebbe un problema non da poco. Gli abbonamenti sono vantaggiosi per gli utenti e per chi li offre, meno per i soggetti terzi che forniscono contenuti, che difficilmente riescono a ripagare le produzioni soltanto con i soldi che si ottengono da questi servizi. La verità è che gli unici che possono permettersi di fornire contenuti sempre freschi agli abbonati sono i gestori degli abbonamenti stessi, che anzi devono farlo se vogliono tenerli vivi, come dimostrato da Netflix, ma anche da Prime Video e da tutti i servizi assimilabili. Ad esempio è difficile che un videogioco tripla A di, mettiamo, Warner Bros. sia ripagato dal numero di fruizioni degli abbonati a Xbox Game Pass.

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Insomma, per i soggetti terzi questi modelli economici sono spesso delle semplici forme di monetizzazione, che però hanno senso se il prodotto ha già avuto un suo ciclo di vita regolare. Per questo motivo ipotizziamo che Google Stadia offrirà la possibilità di acquistare una copia dei giochi, così da diventare più appetibile per tutti i publisher maggiori, che riceverebbero la loro fetta da ogni acquisto come avviene in altri negozi digitali. Del resto all'inizio Google dovrà fare qualcosa per attirare clienti, quindi aspettiamoci offerte d'ingresso e prove gratuite, pagate però dal produttore stesso. È chiaro che senza un supporto forte, Google Stadia non andrà da nessuna parte.