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L'ossessione per il bilanciamento sta limitando i videogiochi?

Alcuni autori si stanno chiedendo se il bilanciamento stia penalizzando divertimento e profondità dei videogiochi: l'omogeneizzazione sta diventando un problema?

SPECIALE di Lorenzo Mancosu   —   10/04/2025
Lilith in Diablo 4

Il mondo dei videogiochi è cambiato. Ormai questo mantra accende discussioni in dozzine di frangenti dell'industria, che si parli di nuovi sistemi di monetizzazione o di politiche di prezzo, dello stato in cui si presentano i prodotti al lancio o dei modelli di distribuzione, addirittura per quel che concerne il contenuto proposto agli utenti al momento dell'acquisto e il modo stesso in cui gli viene offerto. Fra le altre cose, capita che emergano sempre più spesso produzioni che cambiano totalmente volto a una manciata di mesi di distanza dalla pubblicazione, spesso tradendo l'originale filosofia degli autori al fine di accontentare una base installata ogni giorno più vocale e rumorosa, impiegando intere divisioni dei team nella costante operazione di "fine tuning" che caratterizza il ciclo vitale del progetto.

Nella maggior parte dei casi, la tematica più calda si rivela quella del bilanciamento dell'esperienza di gioco: che si tratti di titoli prevalentemente orientati al giocatore singolo come Diablo 4 o di attività cooperative come quelle di Helldivers 2, di teatri competitivi come quello di League of Legends o di universi massivi come quello di World of Warcraft, la ricerca dell'equilibrio si sta dimostrando un tarlo fisso nella mente del pubblico ma soprattutto in quella degli sviluppatori, che non solo tendono giustamente a riscrivere intere dinamiche con cadenza stagionale, ma talvolta scelgono di sfruttare le modifiche introdotte per rinfrescare la formula, nella speranza di raggiungere nuovi picchi d'utenza. Possibile che questo fenomeno stia andando a detrimento del divertimento?

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Qualche settimana fa l'ex CEO di Arrowhead Studios e director di Helldivers 2 Johan Pilestedt ha dichiarato che: "Il team è andato troppo oltre nel tentativo di bilanciare il videogioco", per poi aggiungere: "Sembra che ogni volta che i giocatori scoprono qualcosa che li diverte, quella meccanica viene rimossa". Tale dichiarazione ha avviato un botta e risposta che ha coinvolto diversi sviluppatori in una discussione attorno alle complessità delle operazioni di bilanciamento, ma numerose delle voci coinvolte si sono dette d'accordo nel sostenere che, di recente, la ricerca dell'equilibrio abbia penalizzato il divertimento, anche e soprattutto in contesti assolutamente distanti dalla dimensione competitiva.

Del resto oggi il bilanciamento di videogiochi come Diablo 4 è molto più della ricerca di un terreno di scontro equo: dal momento che il titolo si basa su un sistema di contenuti stagionali, la presenza di classi troppo efficaci si traduce in una netta riduzione del ciclo vitale di tali contenuti; se attività che in fase di sviluppo erano state progettate per durare mesi vengono completate nell'arco di pochi giorni, si ricade in un periodo di siccità contenutistica, spingendo gli sviluppatori a ridurre il divertimento per proteggere l'integrità. Questo, tuttavia, è solo un esempio di come l'ossessione per il bilanciamento stia danneggiando molti videogiochi: analizziamo alcuni casi recenti per cercare di comprendere se effettivamente esista un problema nel rapporto fra bilanciamento, omogeneizzazione, profondità e divertimento.

Il caso di Tekken 8 e l'omogeneizzazione

Nei giorni scorsi è stata pubblicata la patch relativa alla Stagione 2 di Tekken 8, un aggiornamento che probabilmente sarà ricordato fra i peggiori della storia del genere picchiaduro: schivando le principali richieste dell'utenza affezionata, il team guidato da Ikeda e Murray ha scelto di innestare una grande quantità di nuove tecniche che si muovono in una direzione ben specifica, ovvero la premiazione dell'apparato offensivo e la rimozione dei punti deboli alla base dei diversi combattenti. Un personaggio non aveva accesso ad attacchi bassi pericolosi? Adesso li ha ricevuti. Un altro soffriva i passi laterali dell'avversario? Ora ha ottenuto una risposta.

A distanza di anni la meccanica del Ki Charge è stata cambiata perché personaggi come Hwoarang ottenevano un indebito vantaggio. Ma era davvero indebito?
A distanza di anni la meccanica del Ki Charge è stata cambiata perché personaggi come Hwoarang ottenevano un indebito vantaggio. Ma era davvero indebito?

Questo approccio al bilanciamento apre al fenomeno dell'omogeneizzazione, secondo il quale il metodo più semplice e immediato per raggiungere l'equilibrio in un videogioco sta nell'appianamento delle differenze che esistono fra le classi o i personaggi presenti nell'opera. Il problema è che tale approccio porta per l'appunto all'omogeneizzazione del gameplay, riducendo ai minimi termini le differenze e conseguentemente l'identità dei membri di un determinato roster virtuale. Nel caso di un videogioco come Tekken, l'identità dei personaggi risiede in ciò che sanno fare bene ma soprattutto nei punti deboli che li accompagnano, che sono tasselli essenziali nella costruzione del tessuto delle piccole dinamiche e delle interazioni che generano la profondità del combattimento.

L'idea di fondo è quella di rispondere alle incessanti lamentele del pubblico - che da che mondo è mondo esprime disappunto riguardo lo stato di determinati personaggi - e inseguire l'equilibrio fornendo a tutti gli stessi strumenti, ma il risultato si rivela spesso tutt'altro che esaltante, come una versione della Formula 1 nella quale tutte le auto sono esattamente uguali e vengono guidate dalla stessa identica IA.

Il taunt di Bryan Fury è un esempio di una meccanica non prevista che diventa lo standard
Il taunt di Bryan Fury è un esempio di una meccanica non prevista che diventa lo standard

Un'altra modifica introdotta dal team di Tekken risiede nel cambiamento della meccanica della Ki Charge: introdotta oltre un decennio fa, questa piccola "gimmick" nella quale il personaggio si "caricava di energia" ha trovato applicazioni molto avanzate in combattimento grazie all'espressione dell'abilità individuale di alcuni giocatori professionisti. La sua rimozione, per non garantire vantaggi indebiti a una minuscola manciata di personaggi, ha portato un'ulteriore abbassamento del tetto d'abilità, correggendo quello che nella pratica era un non-problema. Nel corso degli anni alcune delle dinamiche più affascinanti di Tekken sono nate proprio in questa maniera - basti pensare all'esultanza di Bryan Fury che consente di rompere la guardia del nemico - dunque è un vero peccato assistere a un'ulteriore erosione di tale profondità.

Il caso d Final Fantasy XIV e dei MMORPG

Nel corso dei mesi passati Final Fantasy XIV di Square Enix ha vissuto un vistoso crollo nei numeri dell'utenza che l'ha portato indietro di oltre sei anni in termini di giocatori attivi. Anche se tale responsabilità risiede prevalentemente nell'impatto negativo dell'espansione Dawntrail, una delle ragioni principali alla base della riduzione nell'appeal risiede nella filosofia applicata dal team di Naoki Yoshida al bilanciamento dell'esperienza ludica; del resto, con 21 classi giocabili divise in 3 ruoli fondamentali, era assolutamente inevitabile che venissero a crearsi nette differenze in termini dei danni che è possibile infliggere ai nemici e delle abilità che ciascuna di esse mette sul piatto.

Tutti i tank di Final Fantasy XIV, ormai, possono contare sullo stesso kit di abilità
Tutti i tank di Final Fantasy XIV, ormai, possono contare sullo stesso kit di abilità

Il Creative Studio 3 ha optato anch'esso per la strada dell'omogeneizzazione: nel corso degli ultimi anni le abilità a disposizione delle singole classi hanno iniziato ad assomigliarsi sempre di più fino al raggiungere il quasi totale azzeramento delle differenze. Inizialmente le dinamiche di puro colore sono state rimosse, portando gli sviluppatori a fornire tecniche pressoché equivalenti a qualsiasi Tank, DPS o medico al fine di muoversi nella direzione di un equilibrio perfetto. L'idea di fondo è che, se ciascuna classe all'interno del medesimo ruolo può contare su abilità equivalenti, non si possono sollevare questioni relative al bilanciamento come quelle che riemergevano costantemente nei canali di comunicazione ufficiali.

Guardando al passato, questa è stata una delle principali ragioni alle spalle del calo di popolarità di World of Warcraft a cavallo degli anni 2010, nonché il motivo per cui l'operazione World of Warcraft Classic si è rivelata un successo planetario. Gli MMORPG del passato, con tutte le criticità tipiche della loro epoca, alzavano il sipario su enormi differenze identitarie fra le varie classi disponibili, elevando enormemente l'asticella dell'espressione della propria individualità all'interno del mondo virtuale. Si trattava di sistemi profondamente imperfetti e sbilanciati, ma di fatto erano proprio tali imperfezioni a dare i natali alle interazioni più interessanti.

All'alba di World of Warcraft furono proprio le enormi differenze in termini di flavour a fare la fortuna del progetto
All'alba di World of Warcraft furono proprio le enormi differenze in termini di flavour a fare la fortuna del progetto

In questo particolare sottobosco l'omogeneizzazione si è mossa anche in direzioni diverse da quella del puro e semplice bilanciamento: le classi esclusive di una particolare razza o fazione hanno iniziato a scomparire, gli equipaggiamenti hanno iniziato a diventare universali, in linea generale si è teso a inseguire un appianamento della maniera stessa in cui è possibile esperire il mondo virtuale, nel tentativo di offrire a ogni appassionato un'esperienza equivalente.

Il caso di Monster Hunter Wilds

Fra tutte le critiche che sono state mosse alla nuova formula ideata da Capcom, quella che probabilmente è stata in grado di generare più rumore riguarda proprio il bilanciamento generale dell'esperienza di caccia: Monster Hunter Wilds risulta a tratti fin troppo facile. Fra l'altro, nei giorni scorsi gli sviluppatori hanno pubblicato il primo aggiornamento contenutistico rilasciando l'atteso scontro con lo Zoh Shia, in seguito al quale non sono mancate diverse lamentele di chi lo ritiene un balzo di difficoltà fin troppo impattante. La sensazione, tuttavia, è che quella che ha toccato l'opera non fosse una facilitazione relativa ai parametri dei mostri o alla progettazione delle loro dinamiche di combattimento, ma di un riflesso della cura meccanica che ha investito i cacciatori.

L'inserimento di meccaniche come la Focus Mode ha portato al venir meno di elementi caratterizzanti delle varie armi
L'inserimento di meccaniche come la Focus Mode ha portato al venir meno di elementi caratterizzanti delle varie armi

Storici punti deboli che contribuivano a definire l'identità delle armi disponibili hanno iniziato a venir meno: un esempio lampante è quello dello Spadone, un'arma che in passato scavava diversi strati di profondità in ragione delle capacità predittive che era necessario sviluppare per riuscire a farla brillare, oggi venute meno a causa della presenza della Focus Mode che consente di ridirezionare i colpi in qualsiasi momento. In questo caso, proprio come in un picchiaduro come Tekken 8, la rimozione dei punti deboli rischia di portare all'appianamento dell'esperienza e all'appiattimento della curva della profondità, che nel caso specifico potrebbe essersi risolto in una facilitazione eccessiva delle dinamiche relative alla caccia.

Il bilanciamento come strumento e il ruolo del pubblico

Come brevemente accennato menzionando la struttura stagionale di Diablo, nel mercato contemporaneo l'operazione di bilanciamento non rappresenta più solamente una ricerca dell'equilibrio, ma si rivela talvolta una risposta alle esigenze della produzione. Se videogiochi come Diablo 4 o Helldivers 2, in cui l'ispirazione competitiva è quantomeno marginale se non del tutto assente, hanno ricevuto così tante patch è perché il tempo di completamento delle attività non corrispondeva alle aspettative degli sviluppatori, mettendoli in una posizione difficile di fronte alle richieste di un pubblico che brucia contenuti a velocità sempre più elevate.

In diverse occasioni si tende a rilasciare personaggi 'rotti' per spingere all'acquisto di contenuti
In diverse occasioni si tende a rilasciare personaggi 'rotti' per spingere all'acquisto di contenuti

Lo stesso discorso vale per la riduzione della profondità connessa all'omogeneizzazione, spesso inquadrata come un ottimo strumento volto ad accogliere una nuova grande fetta di pubblico poco avvezza alle complessità del caso, come potrebbe essere accaduto a Tekken 8 o Monster Hunter Wilds. A margine una compagnia come Blizzard Entertainment, che si confronta da secoli con il tarlo dell'equilibrio, si è mossa in diverse occasioni nella direzione del bilanciamento stagionale, innestando pesantissime modifiche a intervalli regolari per scuotere le strategie più diffuse all'interno di produzioni quali Diablo, Hearthstone e anche la prima versione di Overwatch.

Nel corso degli anni molti utenti si sono convinti che la casa miri a offrire un "periodo di gloria" a determinati gruppi di giocatori per poi girare la ruota e rovesciare gli equilibri in modo tale da accontentarne altri; ed è un approccio, questo, che si porta appresso un'innegabile dose di rischio: nel caso di Overwatch, per esempio, fu proprio a partire dall'innesto di Brigitte - eroina pensata per porre un freno a una strategia definita "Dive" - che si scatenò l'effetto valanga capace di stravolgere l'intera esperienza, portando prima alle limitazioni dei ruoli e poi alla conseguente scelta di abbracciare la formula del 5 contro 5.

Ovviamente gli sviluppatori si muovono per rispondere alle lamentele del pubblico vocale
Ovviamente gli sviluppatori si muovono per rispondere alle lamentele del pubblico vocale

Viene da sé che la maggior parte delle problematiche relative al bilanciamento dei videogiochi contemporanei sono principalmente da ricondurre a noi, all'utenza stessa: se gli sviluppatori di titoli competitivi come Tekken 8 optano per l'omogeneizzazione è proprio perché sono incessantemente bombardati di lamentele riguardo le mancanze dei propri combattenti, e la stessa identica fattispecie si verifica sulle sponde di Final Fantasy XIV quando una classe infligge meno danni delle altre, nei confini di delle competizioni di League of Legends, per arrivare anche alle attività cooperative alla base di Destiny 2. A volte può capitare che il dominio di una determinata variante sia tale e tanto da rendere indispensabile un intervento tempestivo, ma nella maggior parte dei casi si tratta di un rumore bianco destinato ad accompagnare l'intero ciclo vitale delle produzioni.

Divertimento o bilanciamento?

Esperienze come Destiny nelle quali ci si faceva largo in mezzo a orde di altri Guardiani imbracciando armi terrificanti e brandendo bombe di magia spaziale, titoli aRPG nei quali si provava grande soddisfazione nell'eliminare un'intera schermata grazie a una manciata di incantesimi, picchiaduro che offrivano un enorme grado d'espressione del proprio stile personale e MMORPG nei quali si respirava a pieni polmoni la fantasia alla base della propria classe di riferimento, hanno incarnato i periodi di massimo splendore per le relative ispirazioni creative.

aRPG e MMORPG hanno vissuto l'età dell'oro nei momenti più distanti dal bilanciamento moderno
aRPG e MMORPG hanno vissuto l'età dell'oro nei momenti più distanti dal bilanciamento moderno

Dalle sgangherate quanto affascinanti opzioni di Diablo 2 si è passati a quelle del quarto episodio, l'Overwatch con forti contaminazioni MOBA somiglia sempre più a un generico sparatutto con qualche abilità, l'imperfetta ispirazione dietro mondi come quelli di World of Warcraft e Star Wars Galaxies si è risolta in parchi a tema come quello di Final Fantasy XIV, mentre allargando l'obiettivo gli universi virtuali sono costantemente monitorati per verificare che le cose non sfuggano di mano, portando di frequente a una riduzione non solo del puro e semplice intrattenimento, ma anche degli strati di profondità generati dalle interazioni non previste quanto dalle differenze alla base della profondità.

Il bilanciamento è brutto e cattivo? Assolutamente no, anzi, è un'operazione più che mai necessaria alla luce del cammino intrapreso dall'industria contemporanea, ma si sta rivelando una branca dello sviluppo estremamente complessa e sfaccettata, una fonte di problemi decisamente più impattanti rispetto a quanto insegnato dalle generazioni passate, una delle poche discipline che in sé e per sé è si è dimostrata in grado di mandare a gambe all'aria esperienze che sembrano inaffondabili attraverso una singola patch da pochi gigabyte. Si tratta di uno strumento indispensabile - specialmente nei titoli competitivi - per riparare crepe strutturali, ma sembra evidente che l'abuso sia rischioso almeno quanto la totale assenza.

L'infografica relativa alle recensioni Steam di Tekken 8 dopo la patch di bilanciamento
L'infografica relativa alle recensioni Steam di Tekken 8 dopo la patch di bilanciamento

Meglio un'esperienza perfettamente bilanciata attraverso l'omogeneizzazione o un amalgama tanto imperfetto quanto stratificato? Ha senso limitare meccaniche che si dimostrano fonte di grande divertimento in nome dell'equilibrio, anche e soprattutto in titoli non competitivi? Nel tentativo di ampliare il pubblico di riferimento è indispensabile ridurre al minimo le differenze e limare la curva della profondità? Ogni classe, ogni personaggio, ogni giocatore dovrebbe vivere il suo 'momento di gloria' secondo intervalli stagionali? Dal momento che alcuni fra i maggiori sviluppatori del pianeta faticano a trovare risposte convincenti sarebbe miope pensare di poter fornire soluzioni, ma la nostra sensazione è che l'identità, l'espressione della propria individualità e le differenze caratterizzanti dovrebbero sempre prevalere sulla ricerca dell'equilibrio.