Esiste una relazione costante tra le opere d'arte e il contesto (o i contesti) per il quale quale vengono prodotte. Sebbene una didascalia o un'audio-guida possano spiegarci nel dettaglio le migrazioni compiute nei secoli da una pala d'altare medievale prima di essere esposta in un museo, al variare del contesto varia anche l'effetto, la voce, la performance messa in atto da quell'opera, in quel posto, in quel momento, per quel pubblico. Basta prendere un esempio meno evidente: ammirando le raffinate allusioni allegoriche nascoste da Piero Di Cosimo nella cosiddetta "Morte di Procri", non tutti i visitatori della National Gallery (Londra) saranno ad esempio in grado di riconoscere l'originale destinazione dell'opera, ossia la spalliera di un letto.
Certo il letto di una colta e facoltosa famiglia nobiliare fiorentina, ma chiaramente un luogo diverso da una galleria d'arte. Il guardare l'arte del passato fuori dal proprio contesto è un processo al quale ormai siamo più che abituati. Visto che la stragrande maggioranza delle immagini che osserviamo vengono create e riprodotte con una velocità senza precedenti, la capacità di poter guardare un'opera attraverso vari punti di vista dev'essere anche una facoltà molto utile per leggere il presente. Se infatti un contesto originale c'è sempre - senza una nozione di esso, stiamo leggendo un romanzo saltandone i primi capitoli - è vero d'altra parte che i messaggi all'interno di un'opera possono essere molteplici e in funzione di ciò, diversi possono esserne gli utilizzi e quindi i modi di osservarla. Le immagini ci sono indispensabili per creare, comunicare, ricordare. Ma non solo.
Nell'anno del suo trentesimo anniversario, il gioco di carte collezionabili più celebre, Magic: the Gathering, continua a essere praticato e amato da milioni di appassionati in tutto il mondo. Se nel 1993 il gioco creato da Richard Garfield e pubblicato dalla Wizards of the Coast offriva l'opportunità di sfidarsi in un duello di magia creando un mazzo personalizzato di 60 carte da selezionare tra le poche centinaia allora pubblicate, le uscite costanti di nuove espansioni e la crescita del pubblico hanno fatto sì che oggi le 387 inedite del nuovissimo set "March of the Machine" vadano a completare un pool complessivo che ormai eccede le 30.000 unità.
Per ognuna di queste carte, i tanti art director che hanno lavorato al gioco sono stati in grado di commissionare illustrazioni a più di 450 artisti provenienti da tutto il mondo, andando così a formare una sorta di galleria permanente dalle dimensioni ormai impressionanti. Un rapido calcolo: se ogni singola carta Magic fosse un'opera esposta in un museo, sarebbe necessario moltiplicare per 15 volte la capacità espositiva della Pinacoteca di Brera per proporle tutte al pubblico.
Il Lead Designer del gioco, Mark Rosewater, è solito raccontare Magic come un gruppo di giochi differenti che sfruttano lo stesso sistema di regole. All'interno di questa costellazione, ogni singola immagine viene usata in diversi modi e può quindi essere vista attraverso varie angolazioni. Prendiamo l'illustrazione di "Cut Short".
Un primo livello di lettura ci spiega l'effetto nel contesto prettamente ludico: come la magia ci permetterà di avere un vantaggio nella partita. Non saranno le proprietà cromatiche, l'equilibrio o il dinamismo della composizione a farci vincere; eppure, il fatto che quella carta sia immediatamente riconoscibile per il suo aspetto, ci consente di ricordarne rapidamente l'effetto e metterla in relazione alle altre. In un gioco come Magic, qualsiasi azione che possa semplificare decisioni strategiche articolate permette di maturare un vantaggio fondamentale.
Un altro contesto di fruizione: le illustrazioni in Magic hanno anche una fondamentale funzione narrativa. Se da un lato Wizards of the Coast pubblica ad ogni espansione una serie di storie brevi che dettagliano cosa stia effettivamente accadendo, sono le carte a permetterci di visualizzare le vicende e soprattutto viverle attivamente dall'interno attraverso il gioco. Guardando ad esempio l'illustrazione di "Moment of Truth" ad opera di Rovina Cai, vediamo una figura di spalle all'interno di una composizione astratta che lascia intuire una circostanza gravida di conseguenze.
La protagonista si chiama Elspeth Tirel, guerriera veterana segnata da un passato tormentato, ora votata alla giustizia e alla difesa dalle oppressioni. Elspeth e altri con lei sono chiamati a fermare l'invasione dei Phyrexiani, una letale civiltà di macchine dagli innesti organici che intende convertire qualsiasi essere vivente in strumenti della propria ideologia assolutista, dominante, coercitiva, immutabile.
Al momento della nostra storia, i Phyrexiani hanno trovato il modo di viaggiare tra i piani del Multiverso, il complesso di mondi (nel gioco si chiamano "piani") in cui sono ambientate le storie di Magic. L'invasione inizia grazie alla creazione di "Realmbreaker", un gargantuesco albero reso meccanico dall'infezione Phyrexiana i cui rami sono in grado di creare varchi nel Multiverso verso altri piani.
Gli unici a poter viaggiare tra di essi erano fino ad allora i planeswalker, individui speciali dotati di grandi poteri che, in seguito ad un forte trauma personale, risvegliano in sé questa facoltà. Alcuni di essi, come Elspeth Tirel, rappresentano l'unica speranza per il Multiverso. I Phyrexiani lo sanno, hanno osservato e studiato a lungo i planeswalker per carpirne i segreti e infine sono riusciti a convertirne alcuni per metterli gli uni contro gli altri. Assistiamo quindi a battaglie come quella raffigurata in "Cut Down", dove attraverso un'elegante palette pastello Tran Nguyen ha reso con intensa drammaticità il momento in cui The Wandering Emperor, imperatrice del piano di Kamigawa, è costretta a eliminare la sua compagna e consigliera Tamiyo. Ne riconosciamo la fatale conversione al nemico attraverso alcuni dettagli, come le nere appendici articolari delle mani, gli occhi vuoti e apatici dai quali cola un pianto oleoso. Nel ritmo vorticoso della composizione, il nostro sguardo trova spazio solo per due soste: una sull'espressione sofferente ma finalmente umana di Tamiyo, l'altra sulle labbra serrate dell'Imperatrice, nei cui occhi celati dal copricapo viene inevitabile immaginare uno struggente contraltare alla risoluta severità dell'esecuzione.
Le illustrazioni sembrano quindi servire anche ad un altro scopo. Tra le necessità del gioco e della storia, l'artista può trovare lo spazio per esprimere un qualcosa di personale, di lirico che permetta al tutto di risuonare in termini di esperienza umana per diventare un' espressione artistica in sé che si articola con i mezzi specifici delle arti visive. Osservando con cura, è possibile ad esempio rintracciare suggestivi dialoghi con le tecniche pittoriche. Possiamo vederne un saggio nella "Palude" che Raymond Bonilla ha ambientato su Kamigawa, il piano di origine dell'Imperatrice e di Tamiyo.
Al di là della sottile presenza di elementi narrativi - il cerchio attraversato da una perpendicolare nascosto nei dettagli è il segno caratteristico dei Phyrexiani - l'artista sembra essersi dedicato in modo certosino ai pesi cromatici dell'opera, il cui equilibrio complessivo risulta vibrante nonostante di fatto le tonalità violacee siano articolate entro uno spettro molto ristretto. Le pennellate si allargano, si stringono, variano vivaci in base alle aree di luce e alla vicinanza prospettica, toccando momenti di intensa verve espressiva. Ammiriamo in particolare la parte più illuminata sulla dorsale centrale della scena, dove in alcuni brani si riconoscono grumi materici che spiccano di diversi millimetri dalla superficie, creando quegli strani giochi tridimensionali che siamo soliti attribuire ad un certo tipo di pittura impressionistica. Seppure molte illustrazioni vengano realizzate totalmente con strumenti digitali, artisti come Cai, Nguyen, Bonilla hanno riscoperto tecniche tradizionali per esprimersi su un piano lessicale altro, suggerendoci domande sul valore anfibio del passato e sul ruolo che vi gioca l'elemento umano.
Nel complesso intreccio entro cui si dipanano le vicende dei protagonisti di "March of the Machine", nessuna sembra raggiungere il pathos visivo della storia di Wrenn. Wrenn è una driade dai poteri magici che le permettono di ascoltare in modo esclusivo quella che lei chiama la "canzone" di un essere vivente, una voce che ne trasmette l'identità, il temperamento, le aspirazioni. Questa facoltà le permette di entrare in simbiosi psicofisica con un albero dalle qualità amene, con cui Wrenn stabilisce uno scambio funzionale: l'albero diventa senziente e può esprimere un volontà attraverso il collegamento con la driade che, non potendo muoversi altrimenti, ottiene in cambio una protezione fisica e un mezzo per spostarsi. In caso di bisogno, Wrenn può incanalare la propria canzone attraverso l'albero per trasformarsi in fuoco.
Grzegorz Rutkowsky ritrae Wrenn all'inizio della storia accanto alla compagna planeswalker Chandra Nalaar. Le due si sono appena trasportate su New Phyrexia (piano di origine dei Phyrexiani) per suturare i collegamenti interplanari creati dai rami del Worldbreaker. Wrenn intende realizzare il proposito entrando in simbiosi con lo sterminato albero, mentre i suoi compagni distraggono i Phyrexiani attarverso un attacco frontale che sarà probabilmente fatale per i difensori del Multiverso ma anche per la driade. Navigando con uno sforzo immane l'anima tesa e sofferente di Worldbreaker, il piano di Wrenn funziona miracolosamente.
Nel processo di deviare la volontà dell'albero attraverso il fuoco della propria, Wrenn finirà per compiere il sacrificio estremo che spezza l'espansione Phyrexiana e che vediamo tradotto da Anato Finnstark in una composizione letteralmente incandescente.
Se il racconto nella sua rotondità può emergere solo dopo aver letto i testi narrativi, la sequenza di immagini e il gioco stesso, ci sono opere che in un singolo frammento congelano il momento di massima tensione psicologica per sintetizzare l'essenza di tutta l'esperienza. Jason Rainville ha scelto di ritrarre Wrenn nell'attimo in cui i suoi compagni si fanno strada tra le difese Phyrexiane per portarla a contatto con Realmbreaker. Nella potenza espressiva delle pose scultoree in cui vengono fermati i protagonisti della scena riusciamo a vedere tutto: lo sforzo, la volontà, la sofferenza, la speranza, la paura, l'unione.
E tra essi lo sguardo risoluto di Wrenn, che osservando in una direzione esterna al quadro sembra essere consapevole del proprio destino, della propria identità che è altra rispetto all'umano ma anche alla macchina. È un'eletta, i suoi poteri sono unici e non può tirarsi indietro. Con una soluzione registica dall'intenso sapore neoclassico, il bellissimo panneggio creato dal sudario in cui è stata avvolta la driade lascia ulteriormente decantare le suggestioni del sacrificio, rimandando a precedenti omerici e neo-testamentari, segnando davvero un vertice creativo assoluto all'interno della enorme pinacoteca stampata sulle carte Magic in questi 30 anni. Il museo digitale è sempre aperto.
Articolo scritto da Tiziano Antognozzi
Tiziano Antognozzi, è Ricercatore Post-Doc presso il dipartimento AXESS della Scuola Alti Studi IMT di Lucca e Curatore del programma culturale Games di Lucca Comics & Games, nonché membro del Comitato Scientifico del Game Science Research Center sin dalla sua fondazione. È stato Research Fellow presso il Nationalmuseum (Stoccolma) e la US Capitol Historical Society (Washington, DC).