Un vasto deserto, sabbia e desolazione fin dove arriva lo sguardo ma, nonostante tutto, ad accompagnare il nostro sguardo sul nulla c'era la sensazione di poterci prendere tutto il tempo del mondo. Così ci ha accolto Sable, il gioco sviluppato da Shedworks che si ispira tanto alle opere del fumettista francese Jean Giraud, in arte Moebius, quanto ai lavori dello Studio Ghibli: un videogioco che è anche fumetto, almeno nell'estetica, e ci accoglie nel suo mondo aperto senza alcuna costrizione. Non c'è limite che possa ostacolare la nostra curiosità, non quando l'esplorazione è il punto cardine dell'esperienza. Nei panni della titolare Sable siamo infatti pronti a partire per la Planata, un rito di passaggio che ci vedrà salire in sella alla nostra hoverbike e partire per un viaggio verso l'ignoto per esplorare antiche rovine ma soprattutto conoscere noi stessi - capire chi c'è dietro la maschera.
Un videogioco, un fumetto e anche un romanzo di formazione: Sable sembra voler conciliare, nella sua semplicità, diversi elementi per raccontare una storia intima e personale. Compiere il grande passo, lasciare casa, gli affetti e tutto ciò che si conosce per andare incontro a qualcosa di cui non si ha idea e per il quale, forse, non si è del tutto pronti è assieme esaltazione e paura; la voglia di scoprire cosa c'è un po' più in là, mista al timore di perdersi o non essere all'altezza. D'altronde non siamo i primi a partire e a quanto pare in pochi hanno fatto ritorno. Tuttavia, come dice la vecchia Jadi, non esistono strade sbagliate o giuste e Sable pare essere qui proprio per dimostrarcelo.
Rito di passaggio
Sable ha ben poco da insegnarci, prima di lasciarci al comando. Da quel momento, l'interfaccia risulterà completamente spoglia salvo per occasionali indicatori che vi faranno capire quando poter interagire con un oggetto o una persona. Al di là di questo, e del navigatore che funge da bussola nel momento in cui lo attiviamo per capire la direzione da prendere, è tutto lasciato agli ampi spazi aperti che dominano il mondo di gioco: lo stile minimalista adottato permette inoltre all'ambientazione di svelarsi, o attirare la nostra curiosità, mostrando sulla distanza eventuali punti di interesse nella forma principalmente di rovine che testimoniano la presenza di qualcuno venuto prima e ora scomparso. Nessun indicatore a guidarci, nulla che rovini la bellezza di un panorama desolato che tuttavia riesce a stuzzicarci, spingendoci sempre un passo più in là. Possiamo mettere dei punti di interesse ma questi risulteranno visibili solo nella mappa, consultabile nel menu del gioco, andando dunque a lasciare immacolato il panorama: l'unico appunto che facciamo in merito riguarda la scelta cromatica, molto discutibile poiché tende a confondersi con l'ambiente. Considerato che in ogni caso non si vede durante il gioco, darle un colore più brillante che ci permettesse di capire se avessimo davvero posizionato un indicatore (non essendoci indizi sonori a confermarlo) sarebbe stato decisamente preferibile.
Posto questo, l'esplorazione procede sempre senza particolari intoppi. Pur essendo vero che Sable tende a usare indicatori visivi rendendoli parte dell'ambiente, nella fattispecie rampicanti, non risultano un fastidio perché possono essere ignorati per cercare un altro approccio. Senza dubbio la loro presenza ci mostra la via percorribile, questo però non fa sì che sia necessariamente l'unica o che si debba per forza arrampicarsi in quell'esatto punto: diverse volte abbiamo trovato percorsi alternativi, magari un po' più faticosi, salvo accorgerci che c'era una strada più semplice. Questo è il bello della scoperta, almeno in questa primissima fase che comunque tende a essere più guidata per illustrarci il gioco nel complesso: il gioco non ci lascia del tutto allo sbaraglio ma nemmeno ci prende per mano accompagnandoci in ogni nostro passo.
Possiamo persino anticipare i tempi ed esplorare un'area dove saremo chiamati ad andare in seguito, raccogliendo un particolare oggetto per averlo poi a disposizione quando sarà il momento. L'unica situazione durante la quale abbiamo storto il naso è stata quando, parlando col cartografo, non abbiamo potuto comprare una mappa nonostante avessimo il denaro sufficiente: abbiamo dovuto per forza chiedere a Jadi (potremmo definirla l'anziana del villaggio) soldi che avevamo in abbondanza. Speriamo che questo sia l'unico caso in cui una missione ci obbliga a seguire passaggi che potremmo evitare ma lo sapremo solo giocando l'intera avventura.
Sable non prevede nemici, una scelta che avvicina il suo mondo a quello di Shadow of the Colossus (dal quale adotta anche l'arrampicata con stamina) e ci sentiamo di abbracciare date le premesse narrative del gioco: il mondo esterno di per sé è una sfida per la protagonista, che nel suo peregrinare dovrà comunque trovare il modo di superare determinati ostacoli naturali, la presenza di minacce diciamo più concrete avrebbe stonato e dato a Sable un'identità del tutto diversa.
Le azioni che possiamo compiere si limitano dunque a correre, eventualmente scattare, arrampicarci, guidare la nostra hoverbike ma anche planare sfruttando una pietra mistica che ci avvolge in uno scudo grazie al quale possiamo proseguire fin quando non tocchiamo terra o incappiamo in un ostacolo. Questa meccanica serve anche da salvavita nel caso in cui dovessimo calcolare male un'arrampicata e cadere, poiché senza consumare stamina possiamo attivarla e planare dolcemente al suolo per riprendere fiato. Non siamo di fronte a un gioco punitivo, almeno nella parte introduttiva, il suo obiettivo principale rimane comunque quello di aprirci le porte sull'ignoto e invitarci a farlo nostro, crescendo passo dopo passo fino a capire chi siamo davvero. Ostacola ma non penalizza mai davvero.
Come avrete capito leggendo fino a qui, Sable è sì un mondo aperto da scoprire, ma si muove seguendo una serie di missioni che, immaginiamo, daranno una direzione alla nostra esperienza: nella demo erano chiaramente strutturate per farci conoscere le meccaniche principali, non sappiamo invece come verranno gestite una volta abbandonato il villaggio. È chiaro che il gioco deve puntare da qualche parte, come del resto ha fatto anni fa Journey, ma dubitiamo saranno in qualche modo d'ostacolo alla nostra voglia di esplorare; siamo anzi curiosi di capire quali possano essere, perché la Planata è qualcosa più di un semplice viaggio e incontrare altri nomadi come noi, interagire con loro, aiutarli persino in cambio di qualcosa che possa permetterci di spingerci sempre più in là (una nuova mappa, componenti per l'hoverbike) lo vediamo come un incentivo a esplorare ovunque sia possibile. Ci sarà sempre qualcuno che avrà battuto le strade, se di strade si può parlare in un deserto sconfinato, prima di noi e fare tesoro delle loro esperienze lo vediamo come un passaggio naturale nel percorso di crescita della giovane protagonista.
Giocare la demo di Sable ci ha restituito un gioco dove il tempo perde di significato, che prosegue al ritmo dettato dal giocatore e invita alla scoperta persino laddove non ci siano ricompense a premiarci (non mancano tuttavia bauli dove recuperare denaro). Bisognerà valutare la struttura delle missioni nella loro interezza per capire se spezzano in qualche modo il ritmo oppure sono il giusto accompagnamento di un'esperienza che, presto o tardi, dovrà prendere una direzione per arrivare alla sua conclusione.
Al momento ci sentiamo soddisfatti da quanto abbiamo visto, pur sapendo che Sable non è un'esperienza per tutti: va considerata alla stregua di Journey, un lungo percorso nel quale immergersi e da cui lasciarci catturare per fare della scoperta il suo nucleo essenziale. Nonostante una prima prova ci abbia restituito alcuni fastidiosi pop-up di luce, giocandolo una seconda non abbiamo più riscontrato questo problema; in compenso è stato più frequente lo stuttering, seppur lieve, assieme a occasionali compenetrazioni del personaggio durante le scalate e attimi in cui l'animazione al termine dell'arrampicata si incastrava, ripetendosi un paio di volte prima di risolversi. Tutte sbavature che si possono correggere prima del lancio.
Sable è un gioco molto particolare, da prendere senza la pretesa di trovarsi davanti alla solita avventura condita da un'estetica particolare. Pensare a Journey e alla bellezza della sua semplicità vi aiuterà ad avvicinarvi all'esperienza proposta da Shedworks, che risulta un po' più articolata ma punta ugualmente a essere evocativa: non sembra volervi costringere a nulla, lasciandovi dettare da soli il vostro percorso e indirizzandovi di quando in quando. Non esistono strade giuste o sbagliate in Sable, non è la destinazione che conta: il viaggio qui è il vero fulcro del gioco, che però non si limita a essere un semplice transitare da un punto all'altro della mappa. È scoperta, conoscenza, soprattutto una progressiva consapevolezza di sé: è scoprire e scoprirsi. Sicuramente non è un gioco per tutti ma tutti dovrebbero dargli una possibilità, perché le premesse per un ottimo lavoro sono lì da vedere.
CERTEZZE
- Estetica molto ispirata ed evocativa
- Sembra esserci molta libertà per il giocatore
- L'assenza di interfaccia immerge nelle sue atmosfere
DUBBI
- Qualche leggero difetto tecnico qua e là