Un guerriero sconfitto apre gli occhi, solo e abbandonato in una gola rocciosa a un passo dal palazzo dove è rinchiuso il suo giovane lord. È una misteriosa figura femminile a riportarlo tra i vivi, lanciando una lettera dall'alto e ricordandogli il suo voto di fedeltà. Il Lupo - questo il nome con cui è conosciuto - è ferito e disarmato, ma può solo alzarsi e portare a termine il suo compito. Dolore e morte lo aspettano sul suo cammino. Ora, se non aveste letto il titolo del provato odierno, pensereste probabilmente che la scena da noi descritta sia parte di un Souls e, in tutta sincerità, i primi secondi di Sekiro: Shadows Die Twice, sono registicamente e stilisticamente così vicini alle più note opere di From Software da sembrar quasi un omaggio. Poi però si supera una parete con un agile balzo, si evitano pericolosi gruppi di guardie accucciandosi nell'erba, e ci si rende immediatamente conto di aver per le mani qualcos'altro: un'opera molto diversa dai lavori a cui l'ormai amatissima software house guidata da Miyazaki ci ha abituato. La breve fase stealth iniziale del gioco è un chiaro messaggio a chi lo affronta per la prima volta, un modo per mettere in chiaro che la campagna di Sekiro non va approcciata come quella di un souls-like, ma ha tutta l'intenzione di offrire l'atmosfera, la complessità e la brutalità che è ormai lecito aspettarsi dai giochi From Software. Gran bel modo di cominciare.
Meccaniche di gioco: difesa, innanzitutto
Parliamo più nel dettaglio, appunto, di questi primi passi, perché le sorprese sono molte e non si parla solo di strutture, ma proprio di meccaniche di gioco. Sekiro: Shadows Die Twice, come abbiamo più volte detto, è un action con una marcata componente stealth, dove la verticalità è importantissima, l'agilità ed elevata mobilità del protagonista rappresentano colonne portanti del sistema, e l'esplorazione delle mappe richiede un po' di sana tattica per massimizzare l'efficacia delle proprie azioni. Partire disarmati nel tutorial, ad esempio, porta il giocatore a usare subito la vegetazione per mimetizzarsi, e ad ascoltare i dialoghi delle guardie per ottenere importanti indizi su avvenimenti nei paraggi o passaggi segreti. Noi, più precisamente, ci siamo trovati ad aggirare un pontile zeppo di nemici per raggiungere il piccolo lord di cui parlavamo prima grazie a un passaggio nel muro del palazzo, dopo aver scoperto la sua esistenza dal chiacchiericcio di due soldati.
È una fase molto lineare, che mette subito in moto gli eventi e vi permette dopo pochissimo di utilizzare l'arma principale del gioco, ovvero una katana da cui il protagonista non si separerà mai; serve però anche a mettere nero su bianco un altro paio di significativi elementi: per una volta Sekiro: Shadows Die Twice offre un protagonista con una voce e una precisa caratterizzazione (nonostante il suo range emozionale faccia invidia a un vulcaniano), opzioni multiple durante i dialoghi, e un sistema di combattimento estremamente unico, parzialmente slegato dalle classiche barre dei punti vita. Anche qui, si tratta di informazioni note, ma è il caso di precisare nuovamente come il fattore più importante in battaglia sia e rimanga la postura, una barra parallela alla salute che una volta riempita permette di eseguire delle brutali esecuzioni. Laddove però i boss sembrano esser eliminabili solo con colpi di grazia multipli di questo tipo (quanti ne siano necessari è segnalato di fianco alla loro vita), i nemici base sono vulnerabili anche in modo "classico" e possono quindi venir approcciati più rozzamente.
La finezza di un ninja: combattimento, progressione, abilità
Se parliamo di attacchi "rozzi" è solo perché il riempimento della postura richiede manovre precise e riflessi pronti, ben diverse dal tipico assalto a testa bassa di molti altri action: Sekiro: Shadows Die Twice è un titolo che, non potendo puntare sulla varietà di build e sui marcati elementi GDR dei Souls, spinge l'acceleratore sul sistema di combattimento e sulla finezza dello stesso, offrendo al giocatore innumerevoli possibilità legate alla katana e al braccio meccanico che caratterizza lo shinobi protagonista. Usare tutte queste tecniche al momento giusto è fondamentale per far vacillare gli avversari e non soccombere, e seppur la schivata sia ancora efficace, non porta praticamente mai benefici paragonabili ad una parata perfetta (che annulla il riempimento della propria postura e peggiora quella del nemico) o all'uso del gadget giusto al momento giusto.
Finalmente, poi, durante l'evento abbiamo potuto osservare per bene il sistema di progressione di Sekiro: Shadows Die Twice, non legato appunto alle statistiche ma a una serie di abilità che riguardano sia il potenziamento dei gadget del braccio che le tecniche di combattimento con la spada, per un ventaglio di opzioni di tutto rispetto. In questa build, in particolare, abbiamo finalmente messo le mani su alcuni degli strumenti aggiuntivi a disposizione del Lupo, tra cui dei petardi esplosivi con un utilissimo effetto di stordimento (e la capacità di terrorizzare le bestie feroci) e una lancia a comparsa dal raggio notevole, che permette di tirare a sé certi avversari.
L'uso del braccio richiede il ritrovamento di piccoli idoli di carta chiamati Spirit Idols, tutt'altro che rari durante il gioco; i gadget possono dunque venir usati in modo tutt'altro che parsimonioso, e bastano da soli a movimentare notevolmente le battaglie. Sekiro però non si ferma qui, e nei rami di abilità offre mosse ad essi correlate - come un attacco in scatto dopo uno shuriken o la possibilità di infiammare la spada in seguito all'uso del lanciafiamme - mentre a parte permette al Lupo di equipaggiare una speciale "arte della lama" legata alla sola katana, selezionabile tra più tecniche e attivabile in ogni momento. È molta, moltissima roba, arricchita dall'uso di oggetti di ogni tipo (e qui l'interfaccia è davvero molto simile a quella di un souls like, ma la varietà di strumenti sembra sensibilmente maggiore) e persino da effetti dannosi extra legati alle esecuzioni di cui parlavamo all'inizio, che consumano a loro volta idoli. Insomma, se l'assenza di armi multiple vi spaventava, dovrebbero bastare ben poche ore di gioco a tranquillizzarvi completamente.
Ciao morte, ci rivediamo
Detto ciò, se le opzioni sono così numerose è anche dovuto alla difficoltà brutale di Sekiro: Shadows Die Twice, quantomai simile a quella dei suoi "cugini". Per sopravvivere dovrete padroneggiare degnamente la maggior parte dei sistemi descritti. Il nuovo pargolo di From Software mena. E non tenta minimamente di trattenere i colpi. Gli avversari minori sono di facile eliminazione, ma persino il più debole tra i fanti vanta pattern di una varietà impressionante e la tendenza a difendersi con una certa abilità. Non appena spuntano nemici d'élite o dotati di qualche potere speciale, dunque, mantenere integro il corpo del buon Lupo non è facile, poiché per non favorire eccessivamente schivate e spostamenti improvvisi in aria quasi tutti gli avversari più brutali hanno armi dal raggio notevole, o una precisione nei colpi capace di far impallidire i peggiori boss congegnati dalla casa nipponica in passato. Certo, anche in questo caso è solo questione di abitudine, e nel momento in cui si entra nel giusto ritmo si riesce comunque ad avanzare con costanza, eppur non sembra più possibile accumulare esperienza come in passato per potenziare a dismisura il proprio alter ego e affrontare zone particolarmente ostiche con grazia. L'attacco, l'equivalente della fiaschetta estus (una borraccia potenziabile con dei semi nascosti nelle mappe) e la vitalità sono le uniche cose che possono venir migliorate, solo che richiedono oggetti specifici, laddove l'uso dell'esperienza vi permetterà solo di ottenere tecniche e migliorie che non bastano ad eliminare i nemici se non si impara ad usarle a dovere.
La penalità alla morte non aiuta, ovviamente. Da una parte Sekiro: Shadows Die Twice permette di tornare in vita immediatamente dopo esser stati eliminati, con una seconda chance che potrebbe salvarvi molte volte da un errore involontario o da un nemico particolarmente aggressivo; dall'altra però crepare del tutto porta l'esperienza accumulata (non la totale, grazie al cielo) a dimezzarsi di botto, senza alcuna possibilità di recupero. Esagerate con l'offensiva e potreste pentirvene amaramente. C'è inoltre una conseguenza ben peggiore di questa, pare, se si muore eccessivamente: il Lupo viene aiutato nel suo cammino da un gruppetto di personaggi non giocanti, tra cui il creatore del suo braccio meccanico (da cui è necessario tornare ogni volta che si trova un nuovo gadget da montare), un samurai immortale che insegna al nostro varie tecniche, un venditore e una dottoressa misteriosa. Ecco, il sangue del giovane lord rende il protagonista immortale per qualche motivo non svelato, ma gli ha trasmesso anche un morbo chiamato "Dragonrot" che infetta dopo un certo numero di morti alcuni di coloro che vi circondano, oltre a peggiorare malamente se le dipartite si fanno troppo numerose. Al momento, dato il tempo limitato della nostra prova, non ci è dato sapere se ci sia un numero specifico di morti dopo cui la Dragonrot si attiva, e se sia possibile eliminare i suoi marchi - indice del peggioramento degli altri personaggi - con l'aiuto della dottoressa (a un certo punto nella nostra demo è semplicemente scomparsa); ci sembra comunque ovvio che questo malanno influenzerà la storia del gioco, e con ogni probabilità anche il finale. In tutta sincerità riteniamo quasi impossibile che per ottenere una conclusione positiva sia necessaria una terrificante "no death run", poiché sarebbe un elemento troppo hardcore persino per From Software, ma avremo conferme solo nel gioco completo.
Mappe, sangue, demoni e colori sgargianti
Chiudiamo parlando di un altro elemento importantissimo di Sekiro: Shadows Die Twice, le mappe. Ormai la maestria di From in questo campo è cosa nota, ed era prevedibile che anche il loro titolo più recente vantasse location incredibilmente complesse, zeppe di passaggi segreti, scorciatoie multiple, e segreti da scoprire. Si tratta ancora una volta di un mondo piuttosto esteso, diviso in macrozone (alcune ambientate nei ricordi del protagonista, e accessibili in modi alternativi) e completamente interconnesso, ma la verticalità del gioco e la possibilità di usare il rampino offrono un approccio molto più particolare del solito. Diventa, in pratica, cosa buona e giusta trovare una posizione di vantaggio, analizzare più mappa possibile, e studiare un percorso furbo per eliminare silenziosamente i nemici minori nella maggior parte dei casi, minimizzando le battaglie durante l'avanzamento. Sia chiaro, cancellare gli scontri diretti in toto è impossibile: vi sono numerosi colli di bottiglia da cui passare è indispensabile, con a guardia alcuni avversari non sottovalutabili o boss veri e propri, ma spesso è possibile ripulire certe zone quasi del tutto per facilitarsi la vita durante queste battaglie, e l'intelligenza artificiale permette di fuggire schivando codardamente quasi tutto ciò che il gioco vi lancia contro: un elemento che favorirà parecchio gli speedrunner, pur con la conseguenza di arrivare alle fasi avanzate deboli e privi di gran parte delle tecniche disponibili. Non molto da dire invece sul comparto tecnico. Sekiro: Shadows Die Twice non è certo il top di gamma quando si tratta di impatto visivo, ma gli artisti di From sono talenti incredibili, e questo gioco riesce a offrire spesso viste mozzafiato, oltre a vantare un uso del colore davvero da manuale (cosa non scontata se si parla del team giapponese). Noi lo abbiamo provato su PlayStation 4 Pro, dove non abbiamo avuto problemi di frame rate, né bug di alcun tipo, ma sarà da valutare se le prestazioni su PS4 normale saranno altrettanto valide e l'ottimizzazione PC reggerà il colpo. Peccato invece per la totale mancanza di elementi online, ma avrebbero poco senso nella storia del titolo, e dubitiamo che possano rovinare un'esperienza singleplayer all'apparenza ancora congegnata con una cura certosina.
I quesiti sul gioco sono ancora infiniti, e non è bastata certo un'ora a sviscerare il complesso ed esteso mondo di Sekiro: Shadows Die Twice, ma aver finalmente provato una nuova build ci ha permesso di toccare con mano le enormi potenzialità del nuovo action di From Software, e di sviscerare un po' il suo sistema di progressione. È un gioco impegnativo questo, molto diverso dai Souls eppur forse persino più brutale di loro, poiché più rapido, privo del loro sviluppo GDR e del multiplayer cooperativo. il fascino dei titoli della software house giapponese però è ancora tutto lì, e non vediamo l'ora di tuffarci in questa versione alternativa dell'era Sengoku, per scoprire tutto ciò che ha da offrirci.
CERTEZZE
- Combat system complesso, rifinito e molto variegato
- Grande libertà esplorativa e mappe complesse
- Livello di sfida elevato, che premia l'abilità e i riflessi
- Atmosfera e direzione artistica notevolissime, che catturano da subito
DUBBI
- Tanti, troppi misteri ancora da svelare