Ad aprile vi abbiamo parlato per la prima volta in concreto di Tunic, l'avventura ispirata a The Legend of Zelda rimasta per lungo tempo lontano dai riflettori mentre il suo creatore, Andrew Shouldice, lavorava per renderlo ancora migliore: la demo provata qualche mese fa era infatti la stessa presentata alla fiere, dunque risalente al 2018.
Oggi torniamo a discuterne a fronte della nuovissima demo disponibile su Xbox Series X, che presenta il gioco nella sua possibile forma finale. Se poco sembra essere cambiato nell'estetica, molto lo è nella sostanza, almeno rispetto all'ultima volta: l'inizio dell'avventura ci è familiare, e probabilmente sarà così anche nel gioco completo, ma serve poco per accorgersi di quanto la mappa sia cambiata, così come la posizione degli oggetti e persino qualche nemico. Alcune creature le avevamo già incontrate, altre sono risultate inedite e ci hanno dato filo da torcere in un'esperienza che sembra carina e coccolosa ma ci mette poco a farsi punitiva.
Non lasciatevi quindi trarre in inganno da un'estetica fiabesca, o dalle musiche rilassanti, perché Tunic non fa sconti se lo sottovalutate e non imparate a gestirlo in modo efficiente. Scopriamo Tunic nel provato della demo per Xbox Series X.
Volpi coraggiose crescono
Tunic è cresciuto rispetto alla scorsa demo e pur non avendo cambiato nulla in termini di meccaniche, che restano efficaci nella loro semplicità, ha ampliato la mappa, stratificandola, e aggiunto un paio di oggetti che la scorsa volta non erano presenti. Le stesse ambientazioni sono diverse, con la preziosa spada posizionata in un punto molto più critico e lo scudo custodito da una particolare tipologia di nemici che può essere affrontata in un solo modo, finché non se ne entra in possesso: c'è più complessità di quanto non appaia, come già abbiamo avuto modo di constatare pochi mesi fa, ma in questo caso diventa ancora più evidente.
Il nostro volpotto può utilizzare fino a tre oggetti, da assegnare ai rispettivi pulsanti, uno dei quali finisce sempre per essere demandato all'arma principale - sia essa bastone di legno, all'inizio, o spada. Lo scudo fa storia a sé e, una volta ottenuto, diventa la nostra difesa laddove prima dovevamo affidarci unicamente alla schivata. Non si può tuttavia parare in eterno, poiché entra in gioco un sistema di stamina che si consuma sia eludendo gli assalti sia sollevando lo scudo per contrastarli. Se portata a zero, verremo sbalzati via e lasciati vulnerabili per una manciata d'istanti che potrebbe far la differenza tra la vita e la morte.
Le pozioni funzionano come le fiaschette in Dark Souls, ovvero sono fisse e si ripristinano interagendo con la statua di pietra che funge da checkpoint, guarisce le nostre ferite e, come da copione, fa ricomparire tutti i nemici sulla mappa. A differenza dei giochi di From Software, però, all'inizio non disponiamo di alcuna pozione e dovremo farci strada con cautela fino a recuperarne almeno una. È qui che Tunic, pur nella sua estetica da fiaba, si fa sottilmente "cattivo" dimostrando di non voler concedere sconti: non è certo un gioco da paragonare alle opere di Miyazaki, si tratta alla fine di un'avventura ispirata soprattutto a The Legend of Zelda, però ne mutua alcuni aspetti e li integra secondo noi bene nel suo concept - di cui peraltro abbiamo visto solo una minima parte.
Il sistema di combattimento si poggia tutto sul tempismo e la gestione della stamina, non prevede parry e ci invita a studiare molte situazioni prima di approcciarle, individuando la strategia migliore per non soccombere al numero o alla forza dei nemici. Spesso infatti alcuni scontri hanno luogo o in zone ristrette o caratterizzate da impedimenti di sorta, come l'acqua melmosa nei sotterranei che ci impedisce di rotolare via e di correre. Calcolare male tempismo e distanza, in un caso simile, potrebbe tranquillamente ritorcersi contro di noi ed è proprio questo a piacerci di Tunic: non si affronta a cuor leggero, oppure spegnendo il cervello.
Sul level design non possiamo sbilanciarci troppo, avendo giocato una porzione troppo piccola per farci un'idea precisa, ma le premesse hanno del potenziale: tra passaggi segreti, scorciatoie (alcune delle quali chiedono di trovare prima la spada), ambientazioni diverse, porte bloccate dalle relative chiavi sparse chissà dove e boss opzionali, la demo si è dimostrata piacevole da giocare, un riflesso di ciò che potrebbe aspettarci a gioco completo. Dei nemici incontrati, non tutti sono ispirati, alcuni risultano un po' blandi, ma essendo nelle fasi iniziali dell'avventura possiamo chiudere un occhio di fronte a degli slime piuttosto anonimi; soprattutto quando, dall'altro lato, troviamo creature che possono presentare una forma diciamo evoluta - più grande, forte e con attacchi diversi rispetto alla loro controparte standard.
Speriamo che la varietà offerta sia soddisfacente, senza limitarsi a delle rivisitazioni dei nemici normali: escludendo le varianti, abbiamo contato sei diverse tipologie, che per una demo di circa mezz'ora è promettente. Siamo anche curiosi di come si articolerà l'avventura e della potenziale varietà di biomi, nonché di altri gadget speciali e letali che la nostra volpotta potrà contare nel suo arsenale.
Della lingua abbiamo già discusso nello scorso provato, ma torniamo ancora una volta sull'argomento: Tunic sfrutta un linguaggio tutto proprio, incomprensibile, che non sappiamo se potrà essere appreso o meno. Sono pochissime le indicazioni in inglese e soltanto nei "libretti di istruzioni" che a volte trovate lungo il percorso, utili appunto per darvi indicazioni sul mondo di gioco (ma a volte hanno anche una mappa!). Ciononostante, ci siamo resi conto di come nella maggior parte dei casi l'estetica degli oggetti sia stata resa immediatamente riconoscibile: non vale per tutto, e in alcuni casi saremo spinti a sperimentare per capire cosa stiamo maneggiando, ma molte volte è bastato uno sguardo per capire la funzione di un oggetto. Considerato che ci ritroviamo su un'isola sconosciuta, ha senso trovarsi di fronte a indicazioni per noi senza senso.
Se questo verrà mantenuto anche nella versione finale non è dato sapere, pur essendo noi piuttosto fiduciosi a riguardo, ma sarebbe un peccato se così non fosse perché l'immediatezza nel design permette nella maggior parte dei casi una cognizione di causa. Se proprio, preferiremmo una meccanica che passo passo ci permetta di imparare i rudimenti di questa lingua, così da tenere l'immersione costante. Non ci resta che aspettare e vedere.
Tunic è tornato per rassicurarci di essere in ottima forma. Quella che abbiamo provato dovrebbe essere la versione definitiva, o quasi, del gioco sebbene a oggi non sia ancora stata confermata una finestra di lancio: il feedback sul sistema di combattimento è sempre positivo, i comandi sono reattivi e la possibilità di utilizzare oggetti di supporto per fronteggiare meglio alcune situazioni è un'aggiunta gradita che la volta scorsa non era presente. Lo stesso level design ci è parso più elaborato, mentre i nemici oscillano tra l'anonimato di alcuni e la personalità un po' più spiccata di altri. Più ne giochiamo e più ne vorremmo di quest'avventura fiabesca solo nell'estetica, perché quando si tratta di picchiare duro lo fa senza esitare: speriamo di poter avere presto un'idea di quando verrà lanciato sul mercato.
CERTEZZE
- Sempre in ottima forma
- L'estetica fiabesca colpisce nel segno
- Gameplay semplice solo all'apparenza
DUBBI
- Non abbiamo ancora una finestra di lancio