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Uno studio scientifico ha dimostrato che le donne sono brave quanto gli uomini nei videogiochi

Ce n'era bisogno? Pare proprio di sì

NOTIZIA di Simone Tagliaferri   —   13/07/2016

Vi sembrerà stupefacente, ma uno dei pregiudizi più diffusi tra i videogiocatori riguarda la presunta minore abilità degli esseri umani di sesso femminile con i videogiochi, rispetto agli esseri umani di sesso maschile. Ovviamente basterebbe il buon senso da solo a far capire che si tratta di un'affermazione senza alcun fondamento, ma se fosse così facile far passare delle verità tanto banali, non vivremmo in questo mondo ma in uno migliore.

Il sito IFLScience! ha così deciso di condurre uno studio scientifico sull'argomento, partendo dalla velocità di crescita di livello dei personaggi negli MMO. La ricerca ha raccolto i dati anonimi di più di diecimila giocatori tra uomini e donne di due titoli: Everquest II negli USA e Chevaliers' Romance III in Cina. Il genere sessuale considerato è stato quello dei dati di registrazione.

Lo studio ha rimosso dalla raccolta dati i giocatori con personaggi già al massimo livello, perché non potevano più progredire. Ha invece confrontato personaggi di pari livello perché, come saprete bene, ci vuole molto meno per portare un personaggio dal livello 20 al 21, che uno dal livello 59 al 60.

Il non sorprendente risultato è che il genere sessuale del giocatore non incide minimamente sulla velocità di progressione. A rinforzare maggiormente lo stereotipo della donna meno capace dell'uomo concorrono altri fattori, come ad esempio il minor tempo speso dalle ragazze in gioco e il loro prediligere l'uso di classi curative e di supporto.

Uomini e donne manifestano però interessi differenti: i primi sono più interessati a potenziarsi, mentre le seconde preferiscono approfondire le interazioni sociali. Comunque, qualsiasi siano le motivazioni che spingono a giocare, lo studio ha dimostrato che, come già detto, la crescita dei personaggi è omogenea e non subisce rallentamenti o accelerazioni a seconda del genere sessuale. Per leggere lo studio completo, cliccate qui.