È di oggi la notizia del dimezzamento delle postazioni di Oculus Rift presso i punti vendita della catena americana Best Buy. Per la precisione, Facebook ha deciso di eliminare duecento installazioni sulle cinquecento totali per un motivo molto semplice: nessuno le utilizzava e i dispositivi stavano lì a prendere polvere, rimanendo inattivi per tutto il giorno.
L'azienda si è affrettata a precisare che si tratta di una semplice riorganizzazione strategica, ma considerando i risultati fin qui ottenuti dal visore per la realtà virtuale appare chiaro come l'entusiasmo iniziale del pubblico nei confronti della realtà virtuale stia scemando.
I motivi dietro questa inversione di tendenza, tutt'altro che inaspettata, sono da ricercarsi fondamentalmente in due fattori: da una parte il prezzo alto, dall'altra la mancanza di applicazioni VR di valore. Elementi che scontentano rispettivamente l'utenza casual, numerosa e in grado di fare la differenza in termini di base installata, e quella core, che non bada a spese ma pretende che il proprio investimento venga ripagato con la possibilità di fruire di esperienze di un certo livello qualitativo. In effetti non è la prima volta che affrontiamo la questione: lo avevamo già fatto discutendo della realtà virtuale sia dal punto di vista qualitativo che da quello economico.
Per quanto riguarda la questione qualitativa, è inutile girarci intorno: si tratta di un cane che si morde la coda, un circolo vizioso da cui appare molto difficile uscire. Se infatti la base installata di Oculus Rift e HTC Vive - data al momento attorno a un totale di 500.000 unità - non aumenta in modo significativo, i grandi publisher non investiranno il proprio denaro nella realizzazione di giochi di un certo spessore per i visori VR.
Tuttavia senza questo tipo di giochi, senza le proverbiali killer application, sarà dura vendere i dispositivi prodotti da Facebook e Valve. Sony ha avuto la felice intuizione di abbassare le pretese tecniche, utilizzare una serie di ingegnosi accorgimenti e tenere basso il prezzo di PlayStation VR, puntando peraltro a una base installata di PlayStation 4 che conta già cinquanta milioni di unità nel mondo. Ciò la rende la probabilissima vincitrice della contesa, tuttavia il fatto che non si conoscano minimamente le vendite del suo visore, al di là dei 50.000 pezzi piazzati al lancio, lascia intendere che le cifre siano ancora lungi dal giustificare investimenti di una certa entità.
La realtà virtuale così come la conosciamo, fatta di visori con tanti fili e ancora qualche problema di motion sickness, è dunque destinata a scomparire prematuramente, ripresentandosi fra cinque o dieci anni con una tecnologia più evoluta e magari accessibile, come già accaduto col 3D? Oppure il concetto stesso di puntare a un pubblico molto vasto, come sta facendo (e bene) Samsung con il suo Gear VR, che ha finora monopolizzato le vendite nel mercato del VR, implica per forza di cose una serie di pesanti compromessi sia sul fronte dell'hardware che su quello del software? Entro la fine dell'anno avremo probabilmente un quadro preciso della situazione, nonché l'immancabile contrapposizione fra vincitori e perdenti rispetto all'ennesima tecnologia rivoluzionaria che non ce l'ha fatta a spiccare il volo.