Torniamo a parlare di emulazione e pirateria a causa dell'iniziativa di Atlus, che ha depositato un reclamo per violazione del Digital Millenium Copyright Act nei confronti di RPCS3, un emulatore di PlayStation 3 finanziato attraverso la piattaforma Patreon. La contestazione si incentra soprattutto su Persona 5, adottando come scusa il fatto di ritenere che i "fan possano provare la migliore esperienza di gioco dei nostri titoli (come Persona 5) sulle piattaforme per cui sono stati sviluppati", cosa che ovviamente nasconde una pura e semplice volontà di preservare una proprietà intellettuale da eventuali utilizzi extra-mercato. Sebbene la posizione di Atlus sia perfettamente legittima per quanto riguarda i propri prodotti, questa riguarda le eventuali ROM, più che l'emulatore stesso, e su questa discrepanza si gioca tutta la particolare condizione legale dei software d'emulazione.
Di per sé, l'RPCS3 non sembra fare nulla di illegale, a meno che non intervenga un utilizzo non regolare del bios ufficiale, motivo per il quale, al momento, il sito del software è rimasto perfettamente com'era prima, salvo l'eliminazione dei riferimenti a Persona 5. La questione rimane complessa, perché ovviamente la possibilità di reperire facilmente il software pirata rende l'utilizzo degli emulatori potenzialmente dannoso per i publisher e gli sviluppatori, eppure l'idea alla base dell'emulazione resta affascinante e anche nobile sotto molti aspetti. Le iniziative per la preservazione digitale del software sono ormai numerose, ma condividono lo stesso principio: trovare il modo di conservare un software e possibilmente renderlo fruibile a prescindere dalla piattaforma su cui sono uscite.
È un tentativo di trovare una soluzione all'obsolescenza tecnologica e alle conseguenze di questa sul mercato: quando una piattaforma o un software non viene più commercializzato, deve necessariamente cessare la sua fruizione? Il paradosso dell'attuale gestione dei copyright porterebbe in effetti a questa conclusione, per cui un gioco che non viene più prodotto o supportato non può effettivamente più essere giocato dai nuovi utenti che non lo trovano sul mercato. Ovviamente il cerchio dei videogiochi che effettivamente "scompaiono" dal panorama si è notevolmente ristretto con l'avvento della distribuzione digitale, ma la questione resta valida per i titoli delle vecchie console, ad esempio. La soluzione perfettamente legale sarebbe semplicemente recuperare attraverso i canali paralleli al mercato ufficiale le vecchie console e le copie originali dei giochi, ma il fenomeno del retrogaming, che condivide molte caratteristiche con il collezionismo puro, ha portato a un aumento vertiginoso dei prezzi su molti prodotti, rendendoli inaccessibili a coloro che non hanno intenzione di calarsi nell'esclusivo mondo dei cultori.
A prescindere dalle giustissime posizioni di coloro che preferiscono comunque godersi i giochi originali sulle console su cui sono originariamente usciti, in onore della fedeltà dell'esperienza e del feeling ineguagliabile dei controller veri, sarebbe bello trovare un modo per garantire a tutti di poter fruire in qualsiasi momento dei grandi classici del passato che non hanno più la possibilità di essere distribuiti sul mercato. Potrebbe essere auspicabile un sistema di acquisto legalizzato delle ROM attraverso archivi in digitale, aprendo dunque la strada a un utilizzo etico degli emulatori, ma la disgregazione delle vecchie compagnie videoludiche renderebbe comunque difficile la ridistribuzione dei proventi, dunque la cosa non è facilmente fattibile. Tutto questo apre ovviamente la porta a eventuali proposte direttamente da parte dai produttori originali, come le recenti console "Classic Mini" di Nintendo, le riedizioni delle macchine Sega e iniziative ancora misteriose come l'Ataribox, ma al momento si tratta di soluzioni lacunose in termini di compatibilità ed estensione del catalogo anche per ovvi motivi di gestione dei diritti.