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Cuphead, il trionfo dell’estetica senza perdere di vista la sostanza

Cuphead è stato celebrato per le indiscutibili qualità stilistiche, ma si è rivelato anche un gran gioco

NOTIZIA di Davide Spotti   —   03/10/2017

A giudicare dai primi dati disponibili su SteamSpy, Cuphead ha superato le 125.000 unità vendute al lancio su Steam. Cifre non ufficiali che andranno integrate con quelle di Xbox One, ma che sono comunque indicative del gradimento che il gioco sta riscuotendo in questi primi giorni di disponibilità sugli store digitali. Nata da un'idea dei fratelli Chad e Jared Moldenhauer, l'opera di Studio MDHR è stata protagonista di uno sviluppo piuttosto diluito nel tempo. Le ragioni sono evidentemente legate alla maniacale ricerca di una perfetta corrispondenza stilistica rispetto alle opere prese come riferimento sul piano estetico, senza per questo trascurare quella freschezza e quella varietà necessarie ad esaltare anche la componente ludica.

In una realtà come quella contemporanea, dove tutto viene ormai realizzato in formato digitale e dove anche il mondo dei cartoon si trova da tempo monopolizzato dai lavori di Disney Pixar o della DreamWorks Animation, i fondatori di Studio MDHR hanno avuto l'ardire di fare un netto salto indietro nel tempo anche sul piano squisitamente creativo, recuperando per larga parte il metodo di lavoro degli artisti classici abituati ad interagire con carta, matita e acquerelli.

La scelta di prendere le distanze dalle tecniche di animazione professionale che vigono al giorno d'oggi ha dotato le animazioni di Cuphead di quella stessa sensazione d'imperfezione che traspare dai cartoon ai quali si sono voluti ispirare i suoi creatori. Ne è emersa un'opera dal sapore vintage molto credibile e perfettamente rispondente alle linee guida del periodo storico preso come riferimento.

Cuphead, il trionfo dell’estetica senza perdere di vista la sostanza

Come dicevamo, il lavoro sulle animazioni è stato lungo e complesso e ha richiesto tanta sperimentazione per pervenire al design definitivo dei 28 boss distribuiti all'interno del gioco e dei nemici che popolano ciascun livello. Sì perché uno dei punti di forza di Cuphead è proprio legato alla varietà dei contenuti. Nel corso dell'avventura si vivono molte sfide, la curva di difficoltà è nettamente al di sopra della media dei videogiochi contemporanei, eppure non capita mai di vivere una determinata situazione identica alle altre.

Un contributo importante in tal senso è stato dato dall'animatore Joseph Coleman. Alla prima esperienza nel campo dei videogiochi, l'artista canadese ha avuto modo di fare pratica proprio nel settore dei cartoni animati per conto di alcune emittenti televisive canadesi. La passione per i classici di Fleischer Studios, come Betty Boop e Braccio di Ferro, sono state un incentivo in più per salire a bordo e mettere le proprie conoscenze al servizio del progetto. A giudicare dal risultato finale, si può affermare senza remore che la collaborazione abbia dato i suoi frutti.

Dal punto di vista estetico Studio MDHR ha avuto il merito di non circoscrivere le proprie idee o precludersi l'obiettivo arrivando a snaturare l'idea di partenza. Cuphead infatti non si limita a offrire generici riferimenti ai cartoon degli anni '30 attraverso un'immagine pulita e un look attuale. Tutto il contrario: l'atmosfera è stata ricreata allo stato dell'arte, con una fedeltà tale che sembra davvero di avere tra le mani un'opera arrivata da un'altra epoca. Un concetto espresso con efficacia e l'immancabile vena di simpatia anche dal buon Simone Tagliaferri nell'incipit della sua recensione.

Cuphead, il trionfo dell’estetica senza perdere di vista la sostanza

Ciò non significa tuttavia che Cuphead sia solo un fantastico contenitore privo di quella sostanza che ci si aspetta da un action run and gun 2D. L'approfondito studio estetico si è sposato con la tradizione di molti grandi classici usciti a cavallo tra gli anni '80 e i primi anni '90, titoli eccellenti come Contra, Gunstar Heroes, Metal Slug e Mega Man, fino ad arrivare ad esponenti meno conosciuti ma di un certo interesse come Three Wanderers della Capcom. Per farla breve: Cuphead è tanta roba, a patto di andare d'accordo con l'elevato livello di sfida proposto al giocatore. Deve saperne qualcosa Dean Takahashi, ma questa è un'altra storia. E che dire delle fonti d'ispirazione da cui si è partiti per la colonna sonora, a metà strada tra le Sinfonie Allegre prodotte dalla Disney tra la fine degli anni '20 e l'inizio degli anni '30 e i lavori della Looney Tunes. Tocchi di classe in salsa jazz che danno ulteriore spolvero all'esperienza complessiva. Chapeau.

E voi che ne pensate di Cuphead? Vi piacerebbe vedere altre sperimentazioni vintage così raffinate anche in altri videogiochi? Fatecelo sapere nei commenti!