Cyberpunk 2077 ha dato di nuovo la stura alla feccia del mondo videoludico, i very gamers™. Il caso più eclatante è sicuramente quello di Liana Ruppert, redattrice di Game Informer che, soltanto per aver dato consigli a persone affette da epilessia fotosensibile come lei su come avvicinarsi a Cyberpunk 2077, è stata riempita di messaggi trappola con video pieni di luci intermittenti, che rischiavano di scatenarle un attacco.
La sua colpa non è chiara, visto che nel suo articolo non ha criticato il gioco (non è nemmeno una recensione), ma si è solo limitata a riportare che chi ha il suo stesso problema dovrebbe adoperare un approccio più cauto prima di giocarci, prendendo delle piccole precauzioni. Evidentemente qualche dissennato non l'ha presa bene e l'ha vista come una minaccia alla celebrazione acritica del fenomeno videoludico del momento, decidendo di colpire a testa bassa, alla ricerca di una vendetta che non esitiamo a definire infame e idiota.
L'altro caso, più nella norma del nostro settore, ma non per questo meno repellente, è quello della bufera scatenatasi contro la recensione scritta da Kallie Plagge per Gamespot, rea di avergli messo soltanto sette e di aver sollevato dei temi cari a una certa frangia di videogiocatori. In particolare la Plagge si è concentrata sulla rappresentazione delle diverse culture all'interno del gioco, motivando comunque il suo voto nel testo. Piaccia o meno ha fatto il suo lavoro, esprimendo un suo punto di vista, evidentemente interessante per i lettori cui si rivolge. Oltrettuto ha portato a compimento l'avventura (cosa non scontata avendo i recensori di tutto il mondo ben poco tempo per provarlo).
Apriti cielo. Come ha osato criticare il messia dei videogiochi, quello che trasforma i bug in vino, e lo studio simpatico per eccellenza, anche quando obbliga i suoi dipendenti ad anni di crunch continuativi? I commenti sotto la recensione sono esplosi, i soliti noti hanno iniziato a urlare sui social e come al solito si è scatenata tutta una ridda di accuse, che vanno dall'incompetente (una garanzia di qualità, quando urlato da certa feccia), al fatto che non doveva essere una donna a recensire il gioco, fino al solito campionario di offese gratuite verso di lei e verso un certo approccio al videogioco.
Da notare che recensioni non meno critiche, come quella di Jeff Grubb su GamesBeat, che ha messo 6 a Cyberpunk 2077, e quella di James Davenport su PC Gamer, che gli ha messo 78, non sono state attaccate allo stesso modo. Sarà che per alcuni il sesso di chi scrive una recensione è importante? Viene da dubitarne, a questo punto, altrimenti non si spiega come mai un certo trattamento sia stato riservato soltanto alla Plagge... che in effetti potrebbe anche divertirsi a provocare certi scemi (sì, ammettiamolo, è uno spasso ndr). Naturalmente il problema non è criticare ciò che ha scritto, anche se teoricamente sono in pochissimi a poterlo fare (solo chi ha già giocato a Cyberpunk 2077), ma i toni utilizzati. Del resto non comprendere la differenza tra una critica, un'offesa, un'offesa sessista e una minaccia di morte è tipico di quest'epoca di geni incompresi che si sentono in diritto anche di far rischiare la vita a qualcuno, quando vedono minacciato il loro gioco del momento.