Scrivere la storia dei videogiochi partendo dalle piattaforme e, di conseguenza, dalle generazioni che hanno recintato è sempre stato un approccio comodo, ma poco ragionato. In fondo ci troviamo di fronte a un medium che è sempre stato caratterizzato da un'estrema fluidità e da una moltitudine di offerte, sia a livello di software che di hardware. Più intelligente sarebbe scrivere una storia partendo dall'evoluzione dei tool di sviluppo, molto più importanti delle macchine da gioco stesse, ma ovviamente più complicati da tracciare. Comunque non tergiversiamo.
Soprattutto negli ultimi anni il concetto di generazione ha perso completamente di senso. È vero che ci sono Xbox One e PS4 che somigliano abbastanza a quello che sono stati Xbox 360 e PS3, o PlayStation e Nintendo 64, ma i numeri non mentono: stiamo ormai parlando ormai di una fetta minoritaria del mercato dei videogiochi, quindi perché dovrebbero definirlo nella sua interezza? Ad esempio sappiamo che il mercato mobile produce molti più ricavi di quello console, perché allora non usiamo i telefoni di Apple come paletti generazionali? Sappiamo anche che un PC ben equipaggiato è enormemente più potente di una console di ultima generazione e che, probabilmente, un PC high-end attuale è già superiore alle console di Sony e Microsoft non ancora annunciate, quindi che senso ha aspettarle per parlare di nuova generazione? Nuova rispetto a cosa? A due pezzi di hardware che rappresentano il 30% del settore? La verità è che negli ultimi anni molto di ciò che davamo per scontato, scontato non lo è più e certe forme linguistiche rimaste in uso sono solo delle scorie di un'epoca che è stata archiviata nei fatti. Il mercato tradizionale dei videogiochi esiste ancora, ma è solo una parte del tutto, in aperta concorrenza con le altre. A dare il colpo di grazia al modo classico di concepire l'industria dei videogiochi ci penseranno i servizi in abbonamento. Contiamoli: PlayStation Now, Xbox Games Pass, Google Stadia (la cui formula non è ancora ben definita), l'abbonamento Apple Arcade, EA / Origin Access e altri ancora. Come Netflix insegna un abbonamento è nemico del concetto stesso di piattaforma: lì dove un hardware ben definito richiede una chiusura, ossia la creazione di un ecosistema autonomo e impermeabile, l'abbonamento richiede un'apertura totale.
Un abbonamento deve essere fruibile nel modo più semplice e comodo possibile per diventare davvero appetibile. Netflix ad esempio è utilizzabile sulle smart tv, sulle console stesse, sugli smartphone, sui tablet, sui computer: ovunque ci sia uno schermo, Netflix c'è. Per i videogiochi, grazie soprattutto al cloud che elimina la necessità di realizzare port per le singole piattaforme, sarà lo stesso. Microsoft ha già fatto intendere che porterà Xbox Game Pass ovunque potrà, anche sulle piattaforme di Sony e Nintendo alla bisogna, mentre Stadia richiederà un semplice browser per essere lanciato. Gli altri abbonamenti sembrano indietro da questo punto di vista, con Sony che ha comunque aperto al PC, ma vedrete che quando la guerra entrerà nel vivo adeguerà anch'essa la sua offerta, puntando alla massima diffusione (se non lo farà di sua spontanea volontà, saranno gli azionisti a spingerla in questa direzione).
Del vecchio modo di concepire le generazioni cosa rimarrà? Mettiamo ad esempio che Sony e Microsoft annuncino che Xbox Scarlett e PS5 abbiano una potenza di 15 teraFLOPS, quanto impiegherebbe Google lato server a raggiungerle con Stadia? Probabilmente le macchine su cui gira la piattaforma sono già enormemente più potenti dei 10 teraFLOPS dichiarati, quindi basterebbe davvero solo un atto di volontà lato server e un abbonato Stadia con una connessione decente continuerebbe ad avere la versione migliore di ogni gioco, quella che un tempo avremmo definito next-gen, senza spendere un centesimo in nuovo hardware. Ovviamente il vecchio mercato rimarrà, forse si amplierà anche (perché no), ma non è questo il punto. Il punto è che finirà per perdere definitivamente la sua funzione di riferimento unico e quando accadrà, continuare a parlare di generazioni assumerà un sapore quasi nostalgico, da ancien régime.