Sembra profilarsi una sorta di tempesta perfetta per l'industria videoludica, data la situazione preoccupante emersa dai dati registrati nel 2024 e l'orizzonte caratterizzato da cambiamenti epocali come la maggiore chiusura dei mercati, accelerata dalla volontà di introdurre dazi incrociati tra USA e altri paesi. Nella fattispecie, la volontà di adottare deterrenti all'acquisto di beni dall'estero può avere riflessi disastrosi in un'industria come quella videoludica, che come tutte quelle tecnologiche dipende in gran parte da una rete globale di forniture e produzioni che sfruttano in gran parte canali esteri. Non è difficile prevedere che i famosi dazi che il presidente Trump vuole applicare ai prodotti provenienti dalla Cina o da altri paesi in cui si trova gran parte delle catene di produzione dell'hardware vadano poi a ricadere sugli utenti, che si ritroveranno a dover pagare di più per compensare l'aumento dei costi di produzione. E questo non fa che disincentivare l'acquisto, specialmente per beni che difficilmente vengono considerati di primaria importanza.
Ovviamente l'idea è stimolare la produzione interna di questi componenti, ma le tempistiche di spostamento e riorganizzazione delle linee produttive possono essere molto lunghe e comunque difficilmente avrebbero risultati visibili in maniera positiva per l'acquirente. Non per nulla, l'Entertainment Software Association (ESA) ha subito fatto presente i rischi di tali soluzioni economico-politiche per un'industria complessa come quella videoludica: "I videogiochi sono una delle forme di intrattenimento più popolari e amate dagli americani di tutte le età", riporta un comunicato ufficiale pubblicato all'inizio di febbraio in risposta agli annunci di Trump sulla sua politica economica iper-protettiva. "I dazi sui dispositivi per videogiochi e sui prodotti correlati avrebbero un impatto negativo su centinaia di milioni di americani e danneggerebbero il significativo contributo dell'industria all'economia statunitense. Siamo ansiosi di lavorare con l'Amministrazione e il Congresso per trovare il modo di sostenere la crescita economica sostenuta dal nostro settore".
Crollo o trasformazione?
La questione riguarda tutti i settori dell'industria tecnologica ma i videogiochi sono in una situazione particolare: sebbene anche smartphone e altri dispositivi non siano proprio degli elementi di prima necessità ricoprono sicuramente un ruolo più importante dell'intrattenimento videoludico specifico per milioni di utenti, dunque rischiano molto meno.
Considerando che già le nuove generazioni tendono ad essere sempre più lontane da console e hardware specifici da gioco, quest'industria si troverebbe ulteriormente svantaggiata in una generale corsa al rialzo dei prezzi, portando i nuovi utenti a contare sempre più su dispositivi comunque multifunzione come gli smartphone anche per giocare, invece di affidarsi a console sempre più costose e in un certo senso anacronistiche.
A rischiare di più potrebbero essere proprio le console, in effetti: le politiche economiche di chiusura tenderebbero a colpire l'hardware e il mercato fisico in generale, portando anche alla possibile scomparsa dei videogiochi su supporto fisico retail. In un certo senso, più che al crollo totale del mercato videoludico potrebbero accelerare la sua trasformazione, spostando tutto in digitale e avviando con più convinzione quella smaterializzazione dell'hardware che finora è stata più che altro ipotizzata per un prossimo futuro. Ovviamente potrebbe anche non succedere nulla di tutto questo e gli utenti potrebbero semplicemente assorbire gli incrementi di prezzo senza fare tante storie, ma considerando che questi potrebbero incappare anche in un'inflazione generale crescente è difficile pensare, quantomeno, che il mercato possa crescere in queste condizioni. In ogni caso, attendiamo prima di tutto di vedere gli effetti di GTA 6 e Nintendo Switch 2, poi penseremo a quello che potrebbe succedere come conseguenza dei complicati equilibri politici che stanno emergendo.