Il tentativo di Microsoft di acquisire Activision Blizzard sta producendo degli strani effetti, invero abbastanza comici, sull'eterno dibattito in merito alla questione delle esclusive, con Sony, che sulle stesse (giochi e contenuti), sue e di terze parti (vedasi Final Fantasy 16 e il precedente Final Fantasy 7 Remake), ha basato gran parte delle sue fortune sul mercato dei videogiochi da quando ha lanciato il marchio PlayStation, che accusa Microsoft di volere rendere Call of Duty una serie esclusiva a danno proprio dei giocatori PlayStation, e Microsoft che, dovendosi dimostrare compassata davanti alle autorità antitrust, cerca di dare a intendere che le esclusive non gli piacciono proprio, fino ad arrivare a dichiarazioni paradossali come quella molto recente di Phil Spencer, che ha affermato con un candore da Oscar: "Xbox non toglie giochi ai rivali". Verrebbe da chiedergli: "perché non dovrebbe farlo?" Anche perché lo ha già fatto e continuerà presumibilmente a farlo anche in futuro.
La logica di Spencer sembra fare molte pieghe, nel senso che, ad esempio, secondo lui Starfield non sarebbe stato tolto alle console concorrenti, così come non gli sarà tolto The Elder Scrolls VI, per il semplice motivo che non gli era mai stato promesso. Difficile farsi sfuggire il fatto che senza l'acquisizione di Bethesda è probabile, se non sicuro viste le politiche della compagnia degli ultimi anni (pensate ai giochi Arkane dati in esclusiva a PS5 o alle uscite multipiattaforma di Fallout 4 e Fallout 76), che sia Starfield, sia The Elder Scrolls VI sarebbero arrivati su PS5/PS6. La questione però non dovrebbe nemmeno porsi, perché se una compagnia che produce un certo hardware e gestisce un grosso ecosistema come quello Xbox, di cui fa parte anche un servizio in abbonamento come l'Xbox Game Pass, vuole avere contenuti esclusivi per i suoi utenti paganti, non capiamo perché dovrebbe vergognarsene, se non appunto per fare bella figura con l'antitrust.
Le esclusive e i contenuti esclusivi esistono da quando esistono i sistemi da gioco casalinghi. Il concetto non deve necessariamente piacere (chi scrive preferirebbe che non esistessero, ad esempio), ma è indubbio che spesso siano uno sprone non da poco ad acquistare un certo hardware piuttosto che un altro. Nella politica delle esclusive non c'è niente di criminale o di poco etico: sono semplicemente una forma d'investimento. Oltretutto le esclusive funzionano tanto più il titolo precluso alla concorrenza è prestigioso. Quindi è normalissimo che, acquisita Bethesda, Starfield sia stato reso un'esclusiva Xbox e tolto ai giocatori PlayStation: le copie vendute in meno sono una scommessa per l'aumento del numero di utenti Xbox. Allo stesso modo, non ci sarebbe niente di male se Microsoft avesse inizialmente pensato di rendere esclusivo Call of Duty, per poi recedere di fronte ai molti contenziosi aperti dagli organi antitrust. Detto questo, che in un'industria in cui si parla spessissimo di esclusive, si contano le esclusive annuali di questa o quella piattaforma e si identificano spesso le console con i loro titoli esclusivi, ci si debba quasi giustificare per volerne avere, come se fossero improvvisamente diventate una colpa da espirare, fa capire quanto il dibattito tra le varie fazioni sia ormai avvelenato.
Parliamone è una rubrica d'opinione quotidiana che propone uno spunto di discussione attorno alla notizia del giorno, un piccolo editoriale scritto da un membro della redazione ma che non è necessariamente rappresentativo della linea editoriale di Multiplayer.it.