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Six Days in Fallujah è una "simulazione di omicidio di arabi", chiesto un nuovo stop

Secondo un'associazione per i diritti civili, Six Days in Fallujah è una "simulazione di omicidio di arabi" e per questo ha chiesto un nuovo stop del gioco.

NOTIZIA di Luca Forte   —   09/04/2021

Nonostante le rassicurazioni del publisher, era inevitabile che un gioco come Six Days in Fallujah sollevasse nuovamente un polverone. Secondo il CAIR, ovvero il Council on American-Islamic Relations, questo gioco è una "simulazione di omicidio di arabi". I gruppo ha quindi chiesto a Valve, Sony e Microsoft di non pubblicare il gioco sui propri negozi.

Anche l'originale Six Days in Fallujah era andato incontro a problematiche di questo tipo che avevano portato alla sua cancellazione nel 2009. Highwire Games e il publisher Victura, però, erano estremamente sicuri di poter resuscitare il progetto e portarlo nei negozi come se nulla fosse. Ma poco sorprendentemente si sbagliavano.

La Seconda Battaglia di Fallujah, infatti, è un ricordo ancora vivo nella mente di molti, che non possono accettare "una normalizzazione della violenza nei confronti dei musulmani", ha scritto il CAIR. Questa battaglia, infatti, fu una delle più sanguinose del conflitto in Iraq e terminò con la morte di più di 800 cittadini iracheni. "Videogiochi come Six Days in Fallujah servono solo a glorificare la violenza che ha portato via centinaia di vite di cittadini iracheni, a giustificare la guerra in Iraq e a rinforzare il sentimento anti-musulmano."

Per questo motivo il CAIR sta chiedendo a Microsoft, Sony e Valve, ovvero le società che possiedono e gestiscono i principali (se non gli unici) negozi delle rispettive piattaforme, di bloccare il gioco. Perché "la guerra in Iraq non è un gioco."

Il punto di vista del CAIR contro Six Days in Fallujah.
Il punto di vista del CAIR contro Six Days in Fallujah.

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