Lo dicevamo giusto l'altro giorno nella nostra recensione di Fable Fortune: per emergere in un mercato ormai affollatissimo bisogna trovare l'idea vincente che sappia colpire nel segno e, a volte, purtroppo, nemmeno basta più. Abbiamo citato Fable Fortune visto che oggi andremo a sviscerare un altro gioco di carte, deciso però a lasciare da parte le modalità competitive multigiocatore concentrandosi invece su alcuni aspetti da dungeon crawler, con un mix di idee forse non assolutamente originali (il buon Slay the Spire ce ne aveva già dato un assaggio lo scorso anno ad esempio) ma amalgamate insieme in maniera intelligente. Lost in the Dungeon, inoltre, è una produzione tutta italiana nata dalle abili mani dei ragazzi di Eggon, software house dedita principalmente alla creazione di titoli mobile nata poco più di un anno fa. Abbiamo così passato interi pomeriggi tra goblin, ragni e stregoni alla ricerca del senso di questa nuova avventura. Saremo riusciti a trovarlo?
Smemorato
Il nostro eroe ha perso la memoria, non sa dove si trova o il motivo che lo spinge ad addentrarsi nei sotterranei di una nuova landa desolata. Una storia che parte con uno di quei cliché banali e tremendamente scontato, un piccolo incipit utile solo a mettere in chiaro che sarete a voi, con le vostre scelte a temprare la forma di questo nuovo eroe. Mago, ladro o guerriero sono le tre opzioni che vi troverete di fronte, nient'altro che una semplice decisione sulle carte che comporranno il vostro mazzo all'inizio del gioco. Il guerriero è ovviamente portato a causare danni elevati, il mago si riempirà la mano con magie e incantesimi di protezione e il ladro di attacchi furtivi e pugnalate velenose. Non c'è un vero e proprio tutorial a spiegarvi nel dettaglio tutte le meccaniche di base, ad eccezione di qualche slide esplicativa sulle principali funzionalità, tanto che le prime partite le passerete a morire ripetutamente nelle stanze iniziale del primo dungeon solo per assimilare come funziona esattamente il tutto. Lost in the Dungeon non è infatti uno di quei giochi facili o permissivi, ma anzi è un bastardo senza pietà che gode nel vedervi morire ogni volta, quasi fosse quello lo stimolo a proseguire nell'avventura e a provarci ancora una volta. E può funzionare: è proprio per quello che nelle prime ore si resta invischiati in una ragnatela di fallimenti da cui è impossibile uscire, perché ci deve essere un modo giusto per affrontare i nemici che vengono proposti in maniera casuale ad ogni nuova partita, ci deve essere quella combinazione di carte che ci sfugge per superare le prime segrete senza tirare urla contro il monitor, ci deve per forza essere quel cavillo che ci permette in scioltezza di uccidere questi maledetti topi. Lentamente, dopo prove su prove ci si rende tristemente conto che invece un modo non c'è se non quello di continuare a fallire, accumulare esperienza e soldi e ricominciare dall'inizio sempre un po' più potenti, fino a rompere la soglia critica e potersi destreggiare finalmente tra mostri e serpenti. Semplicemente, insomma, è la curva di difficoltà a impennarsi sin da subito in maniera errata e poco stimolante, trasformando l'esperienza di Lost in the Dungeon in qualcosa di estremamente frustrante.
Avanzare senza piangere
Capita allora che per questa scelta di design ci si trovi a ripetere più e più volte gli scontri iniziali, raccogliere qualche cassa del bottino e poi abbandonare il dungeon mentre si è ancora vivi. Si torna in città si controllano gli oggetti ottenuti, si vendono quelli inutili e si ricomincia a lavorare cercando di guadagnare qualche punto statistica extra. Oltre ai punti ferita, il nostro eroe possiede infatti mana ed energia, entrambi valori indispensabili per lanciare le abilità. Ovviamente con l'aumentare del costo solitamente aumenta anche l'efficacia o l'utilità, così se per lanciare un muro arcano dovremo spendere due punti mana, per usare un incantesimo ad area ne dovremo investire molti di più. La casualità in questo caso è estremamente limitata. Non ci sono effetti particolarmente strani sulle carte presenti e il deck (composto da 20 carte) permette quasi sempre di avere in mano ciò che ci serve, considerando che potremo inserirne fino a cinque copie alla volta. La strategia arriva dunque dalla possibilità di eseguire una sola azione per turno, con la carta utilizzata che viene sostituita automaticamente dopo il conteggio dei danni e un mazzo che si rigenera non appena si pesca l'ultima carta. È tutto estremamente semplice e lineare e le strategie attuabili non sono poi molte: la tendenza più utile per proseguire è quella di avere un buon valore armatura, in modo che gli attacchi nemici non scalfiscano la nostra riserva di punti ferita, e attacchi velenosi capaci di infliggere lentamente danni nel tempo agli avversari. Giocare in maniera così cauta diventa essenziale visto che alla morte non solo vengono sottratte tutte le ricompense ottenute in quello scenario, ma si vanno a perdere anche eventuali monete utilizzate per acquistare pozioni e il biglietto di ingresso al dungeon, sempre più costoso mano a mano che si raggiungono quelli più difficili. Il bilanciamento tra difficoltà e ricompense non è propriamente di casa e sarà molto probabile abbandonare il titolo per noia prima di arrivare ad avere un mazzo competitivo. Le abilità che non vi saranno assegnate con la scelta iniziale della classe dovrete infatti sbloccarle accumulando esperienza e salendo di livello, una scelta sensata ma flagellata da una lentezza quasi esasperante nella crescita. Anche l'interfaccia risulta abbastanza povera, per un impatto grafico che proprio non è riuscito a convincerci. Piacevoli invece gli artwork delle carte ma non le animazioni degli attacchi, limitate e ripetitive.
Conclusioni
Lost in the Dungeon prova insomma a fare leva sulla difficoltà come punto di forza ma finisce per scavalcare quel fragile equilibrio che separa la voglia di riuscire a migliorarsi dalla frustrazione. Dopo la vittoria di diversi dungeon non abbiamo registrato la minima intenzione di tornare ad affrontarli nuovamente, né tantomeno la necessità: segno che la rigiocabilità del titolo è sostanzialmente inesistente, e battuti i quattro sotterranei al momento disponibili non vi resterà che mettere da parte il gioco in un cassetto e lì dimenticarlo fino a un eventuale aggiornamento. Non ci sono modalità competitive o online di sorta capaci di dare un senso alla crescita del vostro personaggio, per una produzione che raggiunge a stento la sufficienza nonostante il costo davvero irrisorio. Un vero peccato.
PRO
- Concept interessante
- LIvello di sfida alto...
CONTRO
- ...tanto da essere frustrante
- Rigiocabilità praticamente nulla