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Yonder: The Cloud Catcher Chronicles, la recensione

Un'immersione in un mondo meraviglioso e pacifico

RECENSIONE di Giorgio Melani   —   18/05/2018

La visione di un mondo completamente pacifico, costruito sul rifiuto assoluto di una qualsiasi forma di violenza, non è cosa comune tra i videogiochi. Anzi, il fatto che ci si trovi a considerare strano un sandbox in cui non c'è da ammazzare nessuno o distruggere qualcosa dovrebbe probabilmente farci un po' riflettere su cosa sia considerata la normalità in ambito videoludico, e farci capire come alcune cose che diamo per scontate o addirittura necessarie possono essere comunque riviste sotto ottiche diverse. La particolarità di Yonder: The Cloud Catcher Chronicles è dunque il fatto di andare proprio in questa direzione poco esplorata dal game design tradizionale, proponendo un vasto mondo da esplorare in maniera essenzialmente pacifica, cercando un contatto armonico con la natura e con gli altri personaggi che popolano l'ambiente. Non siamo di fronte a un approccio veramente ecologico, visto che si tratta comunque di andare in giro a raccogliere risorse e risolvere problemi contingenti, ma questo atteggiamento pacifico a cui il gioco ci costringe diventa motivo di vero e proprio relax, fungendo quasi da stacco dalla routine e da "doppio escapismo", per così dire, sia dalla realtà vera che da quella standardizzata dei mondi videoludici attuali. È sicuramente questo il punto di forza del gioco di Prideful Sloth, d'altronde presentato fin da subito come l'elemento portante di tutta l'esperienza e perno della costruzione del vasto open world messo a disposizione del giocatore. Che questo possa effettivamente bastare a costruire un buon gioco a tutto tondo è un altro discorso, e la questione si pone in effetti come elemento critico da valutare, ma intanto non c'è dubbio sul fatto che il pacifismo intrinseco doni un'identità particolare al tutto.

Factotum esploratore

Il protagonista è un giovane che ritorna alla propria terra natale dopo che questa è stata colpita da un misterioso cataclisma, e vi arriva infine dopo un naufragio dovendo in sostanza partire da zero, con il suo zainetto in spalla e tanta voglia di esplorare. Gemea, questo il nome dell'ampia zona in questione, è composta da diversi biomi, ovvero ecosistemi caratterizzati da clima, fauna e flora diversi, dove la natura in generale ha il sopravvento sopra una civiltà che si è sviluppata in maniera armonica con l'ambiente, lasciando ampi spazi aperti e disabitati. In tutto questo si innesta però il problema del Miasma: conseguenza del male che colpì la zona anni prima, si tratta di una sorta di nebbia tossica che copre alcune aree e che può essere debellata solo attraverso l'utilizzo di spiritelli magici che si trovano sparsi in giro per il mondo.

Yonder: The Cloud Catcher Chronicles, la recensione

Questo rappresenta uno dei principali elementi di progressione presenti in Yonder, per cui la ricerca degli spiritelli diventa indispensabile per liberare le varie zone di Gemea e aprire nuovi accessi e possibilità di gioco, visto che più il miasma è esteso e maggiore è la quantità di spiriti necessaria per debellarlo. Non c'è in effetti molto altro a segnare una sorta di avanzamento nel gioco, al di là della volontà di esplorare il mondo: il sostrato narrativo è appena accennato attraverso dialoghi stringati con gli NPC o documenti sparsi per le aree, con sporadici eventi particolari a svelare qualcosa di una storia che rimane sempre una sorta di vaga scenografia di sfondo. Gli elementi "ruolistici" sono legati esclusivamente alla capacità di utilizzare nuovi strumenti e creare nuovi oggetti, dunque è il crafting il vero motore del gameplay in Yonder, al quale viene associato un sistema di costruzione e gestione della fattoria che aggiunge un tocco in stile Harvest Moon (o Stardew Valley, per essere più alla moda) alla struttura.

Yonder: The Cloud Catcher Chronicles, la recensione

Minecraft + Harvest Moon

Yonder è dunque più Minecraft che Zelda, nonostante l'aspetto possa ingannare: l'assenza totale di combattimenti ed elementi action, così come di dungeon con enigmi da risolvere lo rende più affine ai giochi basati su esplorazione e crafting come il celebre titolo Mojang che a un'avventura vera e propria, nonostante la presenza di personaggi non giocanti e quest da portare a termine. Il termine di paragone più azzeccato è probabilmente Dragon Quest Builders, anche lui derivato da Minecraft ma già impostato su un'ibridazione che ha molto in comune con Yonder, tuttavia quest'ultimo si presenta come una mezza via rinunciando del tutto sia agli elementi ruolistici e avventurosi che sono invece ben presenti nel titolo Square Enix, sia eliminando anche tutte le caratteristiche survival che sono tipiche di Minecraft. Tutto questo lo diciamo per dare un'idea di questo particolare gameplay, non certo per trovare una catalogazione forzata a un titolo che evidentemente vuole sfuggire alle classiche griglie d'interpretazione delle caratteristiche videoludiche.

Yonder: The Cloud Catcher Chronicles, la recensione

Questo determina un'identità ben precisa per Yonder, che trova nel misto di esplorazione, ricerca e gestione agricola il suo particolare equilibrio, anche se l'interrogativo sulla possibilità che questo possa rappresentare un meccanismo abbastanza impegnativo e autosufficiente resta legittimo. Il fatto di mantenere un contatto "leggero" con il mondo circostante ci porta ad essere soprattutto spettatori delle meraviglie di Gemea più che attori di un cambiamento spinto dalla nostra avventura, cosa che si riflette nella superficialità delle missioni che ci vengono proposte, nella maggior parte fetch quest piuttosto semplici che portano a ricompense non proprio sconvolgenti. La parte forse più profonda e impegnativa, in termini di meccanica ludica, è probabilmente quella gestionale legata alla fattoria, che si affida a caratteristiche rodate da classici come Harvest Moon e riesce a catturare il giocatore incline alla vita agreste anche grazie alla varietà naturale che caratterizza il mondo di gioco.

Un mondo meraviglioso

Il vero protagonista di Yonder è dunque Gemea, il mondo di gioco la cui esplorazione e contemplazione rappresenta il motore di ogni azione. L'eliminazione di ogni fattore di rischio, vista l'assenza di nemici veri e propri e di esigenze fisiologiche da survival, libera l'azione da qualsiasi contingenza e consente di esplorare tranquillamente il mondo e tutte le sue specifiche regioni ben differenziate dalla presenza dei diversi biomi. Anche in questo caso l'effetto è duplice, perché se da una parte questo può rappresentare una festa per chi ricerca semplicemente l'immersione in mondi meravigliosi da contemplare in pace, dall'altra non offre particolari stimoli ad andare avanti una volta vista buona parte degli affascinanti scorci che il gioco ha da offrire. In ogni caso, si nota come gli sviluppatori Prideful Sloth abbiano voluto dedicare grande cura nella realizzazione di un mondo bello e variegato, caratterizzato da uno stile che favorisce l'immersione totale nelle sue atmosfere pacifiche.

Yonder: The Cloud Catcher Chronicles, la recensione

Anche qui la soluzione adottata riflette lo spirito generale, proponendo un meraviglioso impianto scenografico che è più da guardare che da toccare: se il principio di Minecraft e derivati è l'interazione totale con l'ambiente circostante, la possibilità di modificarlo e costruire nuove strutture, l'accurata realizzazione di Gemea costringe ovviamente a un contatto più limitato, rendendo impossibile la modifica profonda e la costruzione di qualsiasi cosa ovunque si voglia. È ovviamente una conseguenza inevitabile della costruzione di un mondo complesso e strutturato in diversi ecosistemi, una scelta che spinge più sul fascino passivo dell'esplorazione che sull'attività di costruzione. Proprio la contemplazione dell'aspetto estetico di Yonder risulta un po' inficiata da una scarsa consistenza nelle performance, che su Switch accusano cali di frame-rate nelle aree più aperte e in generale una certa fluttuazione nella fluidità in molte occasioni, anche se la cosa non risulta particolarmente negativa dato il ritmo piuttosto rilassato del gioco.

Yonder: The Cloud Catcher Chronicles, la recensione

Conclusioni

Versione testata Nintendo Switch
Digital Delivery Steam, PlayStation Store, Nintendo eShop
Prezzo 24,99 €
Multiplayer.it
7.2
Lettori
ND
Il tuo voto

È difficile non voler bene a Yonder: The Cloud Catcher Chronicles. Il suo approccio pacifico ed ecologico è un vero e proprio toccasana per chi ha voglia di un po' di puro e semplice escapismo digitale, presentandosi come un viaggio in un mondo affascinante e ricco di bizzarre varietà naturali. Il problema è che scarseggia la sostanza ludica in grado di bilanciare con attività concrete e interessanti la meraviglia della scoperta e la contemplazione passiva dell'ambiente. La rinuncia agli elementi action è una scelta coraggiosa e interessante, ma non è compensata da una meccanica di gioco che sia adeguatamente strutturata, fondandosi quasi esclusivamente su esplorazione e gestione delle fattorie. Può bastare, ma bisogna avere la giusta inclinazione.

PRO

  • Un mondo bello e vario da esplorare
  • Stile e ritmo compassati che riappacificano con l'open world
  • Buona meccanica di gestione delle fattorie

CONTRO

  • Il crafting è alquanto limitato
  • Manca un senso di progressione effettiva
  • Storia e personaggi appena tratteggiati