Dopo aver giocato a più riprese con il concetto, Black Mirror ha infine prodotto un vero e proprio videogioco collegato a una delle puntate della nuova stagione, costituendo così una precisa digressione in ambito interattivo di un tema affrontato con notevole successo dalla serie TV: quello dei videogiochi e dei loro potenziali risvolti inquietanti. Bandersnatch è stato il primo esperimento, ma lì erano utilizzati soprattutto come elemento di contesto, costruendo una storia sui videogiochi, più che un'effettiva commistione tra i diversi media, limitandosi a prendere in prestito l'interattività per raccontare comunque secondo le modalità tipiche della serie.
Con Black Mirror: Thronglets, che approfondiamo in questa recensione, la situazione è diversa: qui si tratta di un videogioco vero e proprio che completa l'esperienza della quarta puntata, intitolata "Come un giocattolo", forse una delle migliori della nuova stagione.
La visione di questa non è indispensabile per giocare ma è assolutamente consigliata, perché episodio e videogioco risultano due parti complementari della storia, ma lungi dall'essere una semplice companion app di scarso rilievo - come può sembrare nei primi minuti di utilizzo - Thronglets è il completamento necessario del racconto e forse anche la sua componente principale, per capire fino in fondo il concetto introdotto dall'ottimo episodio che abbiamo analizzato anche in uno speciale dedicato.
Forme di vita digitali
La storia di "Come un giocattolo" vede il ritorno del geniale sviluppatore Colin Ritman (già visto in Bandersnatch), autore questa volta di un software rivoluzionario: una sorta di simulazione di vita in cui le creaturine digitali, i "Thronglets", appunto, sono in grado di comunicare con l'utente, apprendere ed evolversi in maniera progressiva.
La puntata della serie TV mette in scena la storia di un mentalmente instabile giornalista videoludico che deve scrivere l'anteprima per il gioco in sviluppo e finisce per rimanere totalmente immerso in questo esperimento di vita artificiale, con risvolti decisamente inquietanti. Il gioco Thronglets, di fatto, ci consente di provare direttamente l'esperienza che nella serie TV viene raccontata dall'ormai anziano redattore, mostrando direttamente di cosa si tratti, sebbene con alcune variazioni e ovviamente senza le implicazioni apocalittiche. Oppure no?
In superficie, Thronglets si presenta come una sorta di gestionale a metà tra "godlike" classici come Populous e il Tamagotchi, ma basta avanzare un po' oltre i primi minuti per capire che qualcosa di più profondo e inquietante si cela sotto questa facciata carina e gioviale.
Il team Night School, entrato a far parte della scuderia Netflix, ha già dimostrato di saper giocare con la quarta parete, andando oltre ad alcuni canoni standard del videogioco con Oxenfree, e anche in questo caso riesce a confezionare un'esperienza in grado di stabilire un contatto piuttosto profondo con il giocatore, che punta a stimolare la riflessione ponendolo di fronte a situazioni non proprio banali. Avanzando nel gioco, le domande poste dagli esserini ci pongono di fronte a scelte non facili, toccando elementi critici dell'etica e portando a riflessioni importanti, con toni che si fanno anche oscuri, in pieno stile Black Mirror, fino a una parte finale che può risultare sorprendente.
Un rapporto particolare
Il gameplay si incentra sull'interazione con i Thronglets, con lo scopo di farli evolvere in una società più o meno complessa: si inizia con poche creature visibili sullo schermo e con la necessità di provvedere ai loro bisogni primari come alimentazione, igiene e svago e si passa successivamente, con l'incremento della popolazione, a dinamiche più complesse come l'estrazione di risorse e la produzione di beni, automatizzando sempre di più i processi.
Come gestionale è sempre molto semplice, presentandosi più come una sorta di rappresentazione simbolica di questo genere o quasi una parodia in certi casi, ma non mancano comunque le cose da fare e anche un certo livello di sfida, quando subentrano nuove problematiche.
Quello che colpisce maggiormente è però il rapporto che si stabilisce con i Thonglets, o con il "Throng" in generale (che in inglese significa "folla", "moltitudine"). L'interazione con gli esseri assume ovviamente un aspetto più normale rispetto a quello rappresentato nella serie TV, attraverso domande a cui possiamo dare diverse risposte e che toccano argomenti che vanno dall'etica all'esistenzialismo.
Argomenti trattati in maniera piuttosto semplice, soprattutto inizialmente, ma questi dialoghi diventano sempre più profondi e strutturati con l'evolversi della creature, fino a ribaltare, in un certo senso, il rapporto di forze tra i controllati e il controllore, svelando progressivamente il grande piano sotteso al gioco. Il tutto è piuttosto breve e, dopo una prima parte in stile gestionale, si instrada su una struttura molto più incentrata sui dialoghi e la narrazione, ma il percorso può essere effettuato più volte, scegliendo strade diverse per giungere a risultati differenti.
Meta-videogioco
Night School ha già dimostrato di essere in grado di maneggiare la grafica in 2D con notevole espressività, ma il lavoro effettuato su Thronglets è stato studiato in accordo con la produzione della serie TV, in modo da risultare del tutto coordinato con quanto visto nell'episodio corrispondente e in linea con il contesto narrativo.
L'aspetto è quello di un gioco degli anni 90, considerando che il software della fittizia Tuckersoft dovrebbe provenire direttamente da quel periodo, e l'estetica richiama correttamente lo stile dell'epoca. Ottima la caratterizzazione delle creature, riuscendo perfettamente a creare il contrasto cercato tra l'aspetto carino di queste e i toni inquietanti che emergono dallo svolgersi degli eventi. Vedere questa piccola e operosa società digitale in azione è un piacere, incrementando il disagio che si prova di fronte alle crudeltà più o meno intenzionali che possono emergere durante la sua evoluzione, nel contatto con morti violente o scoperte dall'ambiguo valore etico.
Conclusioni
Dopo Bandersnatch, Black Mirror riesce questa volta a proporre una digressione videoludica convincente, con una vera e propria esperienza di gioco interattivo in grado di completare la fruizione passiva dell'episodio in TV come parte importante della narrazione. Come gestionale, Thronglets è semplicistico, quasi una parodia del genere, ma il suo scopo è soprattutto raccontare una storia immergendoci direttamente nel contesto costruito dalla serie TV e facendoci vivere in diretta la meraviglia e l'inquietudine del contatto con le creature digitali create dal geniale e folle Colin Ritman. Certe disquisizioni su etica ed esistenzialismo possono sembrare di grana grossa, ma alcuni momenti toccano più nel profondo e, giunti alla fine, è impossibile non provare qualcosa tra affetto e terrore per i piccoli Thronglets.
PRO
- Alcuni momenti del rapporto con i Thronglets sono particolarmente intensi
- La meccanica gestionale è molto semplice ma anche irresistibile
- Ottima caratterizzazione delle creaturine
- Perfettamente integrato con la narrazione dell'episodio della serie TV
CONTRO
- La componente ludica è breve e marginale rispetto al racconto
- La parte gestionale è decisamente semplice, quasi un elemento simbolico