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Black Mirror 7, la recensione di una serie che ha ancora molto da dire

La recensione della settima stagione di Black Mirror, la serie antologica che ha rimescolato le carte della serialità.

RECENSIONE di Mattia Pescitelli   —   13/04/2025
Cristin Milioti al comando della USS Callister

Dopo quasi due anni dal nostro ultimo incontro con i contorti mondi racchiusi nel contenitore apparentemente senza fondo creato da Charlie Brooker, eccoci alle prese con la settima stagione di una delle produzioni più importanti e ben recepite della serialità televisiva contemporanea. Pare strano parlarne sulle nostre pagine, dato che si tratta di qualcosa di abbastanza lontano dal nostro settore (anche se non sembra), ma chi ha esperienza con la serie sa che ci sono molte più cose in comune con il mondo dei videogiochi di quanto ci si possa aspettare da un prodotto ideato per la televisione. Per chi non fosse avvezzo, invece, vi basti sapere che il tema videoludico è centrale in molti degli episodi, le cui implicazioni socio-culturali sono esplorate ancora più a fondo in questa stagione.

Entriamo insieme, quindi, senza fare spoiler, all'interno di una realtà non tanto alternativa in questa recensione di Black Mirror 7.

Quando la maestria si fa notare

C'è poco da fare. Quando gli inglesi si mettono a fare serial per il piccolo schermo hanno una marcia in più rispetto al resto del mondo. Solo negli ultimi anni hanno sfornato successi stellari da opere che partivano senza pretese, senza i fuochi d'artificio dei loro cugini a stelle e strisce, ma capaci nondimeno di lasciare un segno forte e chiaro sul panorama mediale odierno.

Dalla BBC fino alle collaborazioni con le principali piattaforme di streaming, il Regno Unito è uno dei principali luoghi dove guardare se si vuole trovare una televisione di un certo spessore. E sicuramente uno dei maggiori fenomeni fuoriusciti da questa fucina artistica è stato Black Mirror.

Tre episodi. Tanto è bastato per far andare pubblico e critica in visibilio per quella che poteva benissimo essere una miniserie distopica, ma che si è presto trasformata in qualcosa di molto più intricato, oscuro e, spesso, malato.

Siena Kelly nell'episodio 'Bestia Nera'
Siena Kelly nell'episodio "Bestia Nera"

Sei stagioni dopo, la nostra fede nella tecnologia ha iniziato a vacillare, almeno un pochino (ricordo ancora il timore per le webcam scaturito in molte persone che conosco dopo aver visto il terzo episodio della terza stagione, "Zitto e balla"). Senz'altro è una serie ideata per far riflettere sui rischi legati all'avanzamento informatico, ma è principalmente una serie che parla dell'autodistruzione dell'umano stesso.

Tale linfa vitale, che tiene legati tutti gli episodi della serie, è particolarmente più evidente in quest'ultima. Ma non lo fa portando ancora più agli estremi la metafora dell'oblio tecnologico verso il quale l'umanità sembra volersi dirigere, quanto attenuandone i toni in favore dell'accettazione da parte dell'umano di quella smisurata barriera nera e vacua che si trova dinanzi, ovvero il futuro che si è concretizzato in presente.

Non solo il fondo del barile

Anche stando a quanto è stato rivelato dagli autori prima della sua uscita, ovvero che si sarebbe trattata di una stagione un po' anomala, meno disfattista e cupa rispetto alle altre, Black Mirror 7 ha ribilanciato le sue prerogative.

Il cinema classico incontra la serialità in 'Hotel Reverie'
Il cinema classico incontra la serialità in "Hotel Reverie"

Quelle raccontate dai sei episodi che compongono questo capitolo della serie antologica sono storie che vanno ad attivare diverse corde all'interno dello spettatore. Non che la serie non lo facesse anche prima, ma il più delle volte risultava toccare solo quelle che, dopo la visione, ti facevano fissare il soffitto almeno per un'ora pensando al motivo nella nostra resilienza collettiva come specie.

Netflix ha lanciato Thronglets, un nuovo e bizzarro gioco legato a Black Mirror Netflix ha lanciato Thronglets, un nuovo e bizzarro gioco legato a Black Mirror

In questo caso, invece, c'è qualcosa di diverso. C'è una nota dolceamara che segna gli episodi migliori della stagione, che pare dare una nuova e chiara direzione al progetto di Brooker, in cui sì, la tecnologia ricopre un gran ruolo, ma diventa sempre più un elemento di contorno rispetto al tema che sorregge la narrazione. C'è la difficoltà del saper lasciare andare, l'incomunicabilità, la fallibilità della memoria, la ricerca identitaria in un mondo che non si riesce a comprendere. Poi ci sono anche episodi più "pulp" (la cui natura più effimera assolutamente non esclude la loro qualità, anzi), però, in generale, ci è parso che questa stagione possedesse un po' più cuore rispetto alle altre, nonostante alcune delle precedenti puntate abbiano fatto la storia della televisione.

Quel malinconico senso di pace

Gli episodi in questione sono quelli dispari (va riconosciuto anche un grande gusto nella sequenzialità emozionale data alla disposizione delle puntate nella stagione), assolutamente lontani dall'aria malsana che lasciavano nella stanza quelli che li hanno preceduti, ma comunque capaci di torcere le budella mentre si sorride, ammaliati dalla maestria della scrittura, una che ti fa sorvolare sull'effettiva coerenza delle implicazioni scientifiche alla base del racconto perché si è molto più interessati a come quel cortocircuito sia stato messo al servizio della narrazione di fatti molti umani.

Paul Giamatti in uno degli episodi migliori dell'intera serie
Paul Giamatti in uno degli episodi migliori dell'intera serie

Il primo episodio è il biglietto da visita perfetto, in tal senso; un ponte tra la positività malinconica che i seguenti episodi introducono e il totale annichilimento della speranza che ha fatto la fortuna del programma negli anni passati. E il massimo picco agrodolce lo si ha con l'episodio 5, Eulogy, con protagonisti Paul Giamatti e Patsy Ferran, un corso intensivo di scrittura, recitazione, messa in scena come pochi altri.

Ma tutta la stagione presenta un alto valore produttivo. Da semplici soluzioni stilistiche alle asperità dello spazio profondo, è evidente che Netflix abbia puntato parecchio su questo ritorno, forte anche dell'esperienza accumulata a seguito della sua deriva verso tutto quell'emisfero geek che accompagna la linea editoriale della piattaforma già da qualche anno, ormai.

Videogiochi protagonisti

La nuova stagione tocca temi molto importanti anche per il mondo videoludico, presenti persino in episodi che non fanno per forza diretto riferimento al medium, tra mondi artificiali, assoggettamento dell'io alle leggi di mercato, pluralità identitarie ed etica digitale.

La truppa della USS Callister, protagonista dell'episodio che con i videogiochi condivide di più
La truppa della USS Callister, protagonista dell'episodio che con i videogiochi condivide di più

Quest'ultimo tema risuona particolarmente più forte degli altri, forse per la centralità che assume nell'episodio "Come un giocattolo", ma anche per il fatto che si tratta di un discorso che è sempre stato abbastanza divisivo e che almeno una volta nella vita ha solcato la mente di un videogiocatore alle prese con azioni che lo mettevano a un bivio morale assolutamente non facile da superare.

Balatro appare persino in una puntata di Black Mirror Stagione 7 Balatro appare persino in una puntata di Black Mirror Stagione 7

L'etica digitale (e non solo quella) è qualcosa che molti degli argonauti della rete devono ancora imparare a padroneggiare e la serie propone una tesi non affatto scontata, che va oltre il videogioco, va oltre il digitale, si radica nell'essenza stessa della forza motrice dell'umano: il conflitto.

Peter Capaldi nell'episodio 'Come un giocattolo'
Peter Capaldi nell'episodio "Come un giocattolo"

Viviamo di conflitto, ne siamo dipendenti da sempre. Non solo conflitto armato o fisico, ma anche psicologico. Il conflitto ci intrattiene, guida le nostre storie, senza di esso l'essere umano si annoia, non si interessa di quanto vede, sente, percepisce. Questa serie, come tutte le altre serie, i film, le favole della buonanotte, ne è una prova.

Idee divergenti che si scontrano e fanno resistenza. Anche questo ci racconta la nuova stagione di Black Mirror e ci fa riflettere sul legame indissolubile che unisce la nostra società alle attività che tengono la nostra mente occupata mentre tutto intorno a noi si sgretola verso la sua inesorabile conclusione.

Conclusioni

Multiplayer.it

9.0

Black Mirror ha di rado dimostrato affanno rispetto alla concorrenza di alto livello con la quale deve confrontarsi di anno in anno. Tuttavia, arrivati alla settima stagione ci si aspetterebbe che Charlie Brooker, scrittore di tutti gli episodi del serial (tranne uno, il terzo episodio della prima stagione), non abbia più molto da raccontare, almeno in tale veste. Tutto il contrario! Questo nuovo capitolo porta con sé quella che pare essere una rinascita rinvigorente, capace di sorprendere allo stesso modo di più di dieci anni fa, se non meglio. Riesce a trovare l'umano nel disumano come poche altre opere hanno saputo fare prima. Chi più, chi meno, siamo sicuri che tutti saranno in grado di riconoscere la qualità di una produzione che non guarda in faccia a nessuno se non alla sua necessità di raccontare la collettività con tutta la disperazione e l'amore di chi non vuole smettere di esserne parte, anche se ha tutte le ragioni per farlo.

PRO

  • Affronta temi attuali con una consapevolezza sorprendente
  • Tecnicamente resta una produzione eccellente
  • Contiene alcuni degli episodi migliori della serie

CONTRO

  • In alcuni frangenti è un po' ridondante