Lasciarsi tutto alle spalle. Bruciare i ricordi di una vita passata e guardare al futuro. Bonfire Peaks, il puzzle game sviluppato da Corey Martin (già autore di Pipe Push Paradise e Hiding Spot), parla proprio di questo: mettere la parola fine, senza rimpianti che possano in qualche modo bloccare la nostra scalata. Un elemento comune, quello del muoversi avanti e soprattutto verso l'alto, con un altro gioco che sfrutta gli elementi rompicapo e la difficile salita come metafora del cambiamento, della vita: Celeste. Il ritmo di queste due opere non potrebbe essere più distante, con Celeste che chiede una rapidità e una prontezza di riflessi assenti in Bonfire Peaks. Un gioco devoto a una calma quasi surreale, come se volesse dirci di non correre, che il cambiamento c'è, siamo pronti ad abbracciarlo e non serve affrettare i tempi.
Una sorta di premura, se vogliamo, verso un passato che comunque ci ha definito, fa parte di noi; laddove Celeste richiede coordinazione occhio-mano, facendosi passo passo sempre più impervio quanto la montagna che stiamo scalando, Bonfire Peaks mette a dura prova il nostro ingegno - quasi a voler rappresentare la difficoltà nel lasciar andare i nostri ricordi.
Il viaggio che abbiamo vissuto è stato stancante a livello mentale e, nonostante qualche spigolo grezzo non ci abbia convinto, nel complesso è un'esperienza dove i rompicapi non sono stati solo dei meri riempitivi e hanno rappresentato uno dopo l'altro il percorso da compiere, così da poter guardare a un nuovo futuro. Se da un lato tutti potrebbero provarlo, dall'altro è un gioco chiaramente indirizzato agli amanti dei puzzle e di chi vuole prendersi una pausa, cercando (e trovando) nel ritmo compassato e nella sfida crescente il giusto intermezzo tra giochi nei quali la rapidità d'azione prende il sopravvento sul pensiero.
Scopriamo come nella recensione di Bonfire Peaks su Nintendo Switch.
Soli alla deriva
Trasportati da un cigno bianco, raggiungiamo le basi della nostra personale montagna. Non c'è nessuno oltre a noi, una solitudine che si fa prova di come questo percorso appartenga a noi e a nessun altro. Ad attenderci lungo la strada troviamo falò spenti, che si accendono quando decidiamo di sederci attorno a essi e ricordare: che cosa non ci è dato sapere, ma è chiaro essere qualcosa di cui dobbiamo fare a meno, un fardello da bruciare. Letteralmente, poiché ciascuno degli oltre duecento puzzle che costituiscono Bonfire Peaks prevede che si porti al falò una scatola contenente i nostri ricordi: ogni rompicapo è caratterizzato da un nome, che sottilmente vuole essere un indizio su come procedere nella risoluzione.
A conti fatti non va sempre così e, a mano a mano che si procede, i nomi perdono gradualmente di senso fino a essere letti per pura curiosità che non alla ricerca di un indizio; qualcuno è ancora in grado di darci un piccolo aiuto ma la maggior parte del lavoro dipende dallo spirito di osservazione, dalla capacità di sfruttare ciò che il gioco ci insegna ma soprattutto pensare fuori dagli schemi. Se all'inizio una soluzione può essere individuata a colpo d'occhio, con il tempo diventerà sempre più difficile trovare la quadra ed è qui che Bonfire Peaks rimanda a noi giocatori la fatica insita nel messaggio del quale si fa portavoce: andare avanti, lasciarsi tutto alle spalle. Non è per nulla semplice e ci saranno momenti dove vorremo lasciar stare, arrenderci, non toccare più il gioco. Sono i momenti in cui sedersi, virtualmente, e prendere tutto il tempo che ci serve. Bonfire Peaks non mette fretta, questo è l'importante.
Un fardello a volte eccessivo
Al di là dell'essere finemente elaborati e dotati di meccaniche sempre nuove capaci di tenere vivo l'interesse, i rompicapi di Bonfire Peaks pesano un po' più del necessario: un fardello che dobbiamo soprattutto all'assenza di altro, in gioco, al di là di questi puzzle. Sebbene la ricompensa sia data dalla progressione in sé e dall'aver compiuto un piccolo passo in più, il loop in cui si cade molto in fretta - procedere nella salita, risolvere rompicapi, proseguire - ha spesso il sopravvento e dopo pochi puzzle si tende a perdere concentrazione, lasciando poi il gioco da parte per tornare forse più tardi. La mancanza di qualcosa che spezzi questa ripetitività, evitandoci di cadere in uno schema soporifero dove alla lunga neppure la varietà di puzzle può fare molto, soprattutto a fronte della quantità di rompicapi, gioca a sfavore dell'esperienza: pur capendo il messaggio di fondo, persino a fronte del fatto di non dover risolvere tutti i puzzle per arrivare alla fine, ci siamo spesso trovati poco inclini a proseguire.
Non aiutano, in termini di game design, due aspetti: anzitutto, la mancanza di una visuale a trecentosessanta gradi. Data la struttura di molti puzzle, poterli esaminare nel complesso avrebbe permesso di elaborare meglio alcune soluzioni. Certo, è sempre possibile annullare la mossa precedente, addirittura ricominciare il livello da zero, tuttavia non riuscire a vedere oltre una data angolazione è snervante. Vi è poi una questione più pratica che riguarda la gestione della casse in sé (il mezzo fisico con cui costruiamo il percorso fino al falò): il gioco, con tutte le sue mappe, è un'enorme griglia in cui ci si muove per caselle in verticale oppure orizzontale, senza spostamenti diagonali, e il nostro protagonista ha un'altezza pari a due blocchi.
Entro questa misura può raccogliere le casse sparse nei livelli, quindi da terra o ad altezza occhi, e similmente può impilarle fino a dove la sua stessa altezza glielo permette. Salendo su eventuali gradini può, ovviamente, aumentare il numero di casse accatastate l'una sull'altra. Le casse impilate si prendono e si trasportano tutte assieme a prescindere dalla quantità ma non possono essere separate, a patto di non far incontrare loro degli ostacoli o spingerle via utilizzando un'altra cassa come leva. All'atto pratico, dunque, quando siamo di fronte a due casse impilate da cui basterebbe prendere quella ad altezza occhi per risolvere più facilmente il rompicapo in questione, ci si vede costretti a trovare una soluzione molto più macchinosa per separare le due parti - o evitare di impilarle dal principio. In sostanza, il protagonista è programmato per raccogliere solo le casse ai suoi piedi, una complicazione che a nostro dire va un po' in conflitto con la sua inumana capacità di sollevarne anche sei in una volta sola. Un Maciste videoludico che però non è in grado di separare due elementi.
Questa è una ragione piuttosto importante per cui, pur riconoscendo la raffinatezza di alcuni rompicapi, la magia di Bonfire Peaks a volte si è spezzata: l'ovvietà di una soluzione ci viene negata senza un particolare motivo, andando così a pesare sull'esperienza nel complesso. Detto questo, rimane un gioco godibile e ben valorizzato anche dalla grafica voxel, che per qualche secondo riesce a farci dimenticare le nostre pene, invitandoci a sederci e rilassarci.
Conclusioni
Bonfire Peaks è un'esperienza dal messaggio di fondo importante: liberarsi dei nostri fardelli passati per poter guardare al futuro. Gli oltre duecento rompicapi che lo costituiscono, non tutti obbligatori per raggiungere la fine, hanno un livello di sfida crescente che mette ben alla prova le nostre meningi ma alcune mancanze nel game design rendono il gioco più pesante di quanto avrebbe potuto essere: l'assenza di una telecamera a trecentosessanta gradi, in primis, seguita da un'inutile macchinosità nel gestire le casse, inficiano la altrimenti fluida progressione dei puzzle - che va comunque commisurata alla capacità del singolo. Non è un gioco per tutti ma merita la sua occasione.
PRO
- Atmosfera molto evocativa
- Aggiunge sempre nuove meccaniche
CONTRO
- Una visuale a trecentosessanta gradi sarebbe stata l'ideale
- La gestione delle casse va incontro a un'inutile macchinosità