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Borderlands: Game of the Year Edition, la recensione

Il primo Borderlands guadagna la sua versione rimasterizzata, accompagnata da una serie di aggiunte gradite, grazie all'edizione Game of the Year Enhanced. Quella che segue è la nostra recensione.

RECENSIONE di Emanuele Gregori   —   04/04/2019
Borderlands: Game of the Year Edition
Borderlands: Game of the Year Edition
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L'importanza guadagnata nel tempo dalla serie a cui la versione originale di Borderlands: Game of the Year Enhanced ha dato vita è straordinaria. Il capostipite del moderno concetto di "looter shooter" ha iniziato il suo percorso in sordina, con un primo capitolo acerbo e ancora inconsapevole della strada intrapresa, diviso tra la voglia di innovare, e la consapevolezza di dover mantenere un approccio vicino ai classici sparatutto in prima persona per sopravvivere. Seguendo queste linee guida, ne scaturì un gioco interessante ma tutt'altro che perfetto, piagato da una narrazione al limite dell'imbarazzante e da alcune carenze in termini di meccaniche che sarebbero state colmate solo con il secondo capitolo. Tuttavia Borderlands rimane un gioco affascinante, che meritava assolutamente una versione rimasterizzata, da poco arrivata su Steam. Abbiamo avuto modo di passarci una manciata di ore, per analizzare i cambiamenti principali e raccontarli in questa recensione.

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Questa è la storia dei cacciatori della Cripta

Come già detto, narrativamente il primo Borderlands è un titolo all'acqua di rose. Il pretesto da cui prende inizio, quello di riuscire a raggiungere la fantomatica Arca, fa da incipit ad una serie pressoché infinita di missioni principali e secondarie, svolte sulle lande desolate del pianeta Pandora. Nei panni di uno dei quattro protagonisti, che corrispondono anche alle quattro differenti classi giocabili, saremo chiamati ad uccidere qualche miliardo di nemici e a raccogliere il proverbiale "fantastilione" di armi, così da raggiungere la nostra build definitiva. Il gioco si sviluppa in una serie di piccoli incarichi, che vanno dall'uccisione di alcune creature, al recupero di materiali, fino agli scontri con difficoltosi boss. Completare questi incarichi, rilasciati dagli strambi personaggi non giocanti che popolano il pianeta, vi consente di ricevere una ricompensa in denaro e in esperienza. Mentre i soldi sono utili per comprare nuovi equipaggiamenti e consumabili, la seconda vi permette di salire di livello, divenendo automaticamente più forti e concedendovi punti abilità, da spendere su uno dei rami a scelta di una delle quattro classi. Nulla di nuovo sotto il sole, e per giunta il sistema risulta fin troppo semplice, non permettendo una particolare e approfondita caratterizzazione.

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Ciò che però fa la differenza in Borderlands è che, a prescindere che voi scegliate la sirena Lilith, il berserker Brick, il soldato Roland o il cacciatore Mordecai, risulta enorme la personalizzazione derivante dai (pochi) pezzi che si possono equipaggiare. Ogni personaggio dispone infatti di alcuni slot tramite i quali creare l'assetto perfetto. Questo è l'elemento che ha fatto la fortuna di Borderlands e che verrà ripreso e potenziato a dismisura con il sequel. Ogni qual volta si uccide un avversario, sia esso umanoide o meno, esiste una percentuale variabile di possibilità che questo possa rilasciare del bottino. Avvicinarsi ad esso, significa visualizzarne immediatamente tutte le caratteristiche: livello di rarità, eventuale danno arrecato, abilità passive specifiche o caratteristiche elementali, fino addirittura alla marca dell'arma o dell'oggetto. Se all'inizio il tutto può sembrare spiazzante, basta una manciata di minuti per entrare nell'ottica del titolo, finendo presto per ricordarsi di quanto divertente possa essere giocare Borderlands. A rendere il tutto ancora più divertente, ci pensa una coop fino a quattro giocatori, che consente di perdersi per decine e decine di ore nelle lande devastate di Pandora, trasformando ben presto il gioco nel festival del proiettile e nella guerra all'accaparramento compulsivo del bottino.

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Il lavoro sulla remastered

Annunciata a meno di una settimana dal suo arrivo sul mercato, la remastered del primo Borderlands è qualcosa che in tanti si aspettavano sarebbe prima o poi arrivata. Come già detto, il titolo soffre di alcune di ingenuità da capostipite (sia di serie che di genere), che lo ha portato negli anni a sentire il peso dell'età. Per questo, nonostante sia ancora pieno di persone che giocano quotidianamente al secondo capitolo, ciò non accade con l'originale. Questo lavoro di rimasterizzazione infatti, sarebbe dovuto servire a rimettere in carreggiata il gioco non solo dal punto di vista tecnico. A dirla tutta, graficamente Borderlands, complice la scelta di un cel shading molto marcato, non necessita di questo grande lavoro per risultare godibile anche a distanza di dieci anni. Al contrario, alcune delle caratteristiche del gameplay di cui abbiamo parlato anche precedentemente richiedevano uno svecchiamento. Ecco quindi che in questa nuova versione troviamo: la mini mappa sullo stile di Borderlands 2, fondamentale per tenere bene a vista le proprie possibilità di spostamento; una selezione di sei nuove armi leggendarie; una revisione totale a tutto il sistema di generazione del bottino, così da regalare più varietà e possibili build; l'aggiunta della meccanica dei codici shift e delle casse d'oro e, come se non bastasse, il totale rimaneggiamento del boss finale, riconosciuto all'unanimità come poco adeguato al resto dell'avventura.

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Proprio per questo il team ha deciso di tornarci sopra, riscrivendo buona parte delle sue routine di intelligenza artificiale, facendo in mondo che la sfida si rivelasse adeguata. A leggere tutto questo ben di dio, non si può negare che Gearbox si sia messa d'impegno a svecchiare la sua creatura. In attesa del terzo capitolo, in uscita il prossimo 19 settembre, questa resta una gradita aggiunta sul percorso di marcia. Purtroppo non riusciamo ad essere ugualmente positivi in merito al restauro tecnico. Se è vero che sul fronte artistico il cel shading regge, come abbiamo scritto poco sopra, e il rimaneggiamento di texture e dettagli si nota ad ogni passo, impreziosendo il gioco e rendendolo quasi indistinguibile dal suo sequel, non si può essere altrettanto soddisfatti dalle prestazioni. In alcune fasi concitate il framerate tende a crollare, finendo per generare anche dei fastidiosi artefatti sonori, che infatti rappresentano l'elemento meno riuscito della produzione. Tutto il mix dell'audio è di livello infimo, portandovi ben presto ad abbassare drasticamente i volumi, per evitare di diventare stupidi cercando di ascoltare qualcosa in gioco. Alcuni problemi sono riscontrabili anche dal punto di vista del lag, che in cooperativa si fa sentire spesso, anche avendo tutti connessioni molto performanti. Questo si traduce in danni che vengono conteggiati in ritardo e qualche strano e saltuario "effetto elastico".

Conclusioni

Versione testata PC Windows
Digital Delivery Steam, PlayStation Store, Xbox Store
Multiplayer.it
8.0
Lettori (17)
8.0
Il tuo voto

Borderlands: Game of the Year Enhanced è quanto di meglio ci potessimo aspettare per il primo capitolo in termini di aggiunte e limature, ma non possiamo dire lo stesso dell'aspetto tecnico. Giudicare quindi con lo stesso voto un titolo di dieci anni fa che rimane, pur con queste novità, indietro rispetto al suo successore, risulta davvero difficile. Allo stesso tempo le migliorie che riguardano il gameplay sono bene implementate e ci sentiamo di consigliare quindi caldamente questa edizione a tutti coloro che hanno dimenticato le scorribande originali nelle terre di Pandora. Per quelli che invece volevano recuperare la serie in vista del terzo capitolo, in tutta onestà ci sentiamo di sottolineare che il primo episodio è quello più difficilmente digeribile e anche il meno importante dal punto di vista narrativo.

PRO

  • Le aggiunte in termini di gameplay sono ben gradite
  • Gratis per tutti coloro che su PC possedevano l'originale
  • Lo stile artistico si difende ancora bene...

CONTRO

  • ...ma tecnicamente la remastered presenta qualche problema
  • La trama lascia il tempo che trova