Una pesantissima eredità
Broken Sword è un nome che pesa come un macigno. La prima grande avventura che riuscì ad affiancarsi a pieno titolo a quel mito che risponde al nome di Monkey Island.
Un titolo importante, in grado di attirare un enorme numero di appassionati desiderosi di rivedere in azione George e Nico, la prima coppia degli adventure. Ma ciò però comporta anche aspettative estremamente elevate.
Dopo le critiche piovute su The Sleeping Dragon a causa dell’interfaccia troppo “console oriented” e di sezioni da scaricatore di porto (quelle per intenderci in cui non si faceva altro che spingere in giro casse, scatoloni o oggetti simili) tanto frequenti da arrivare alla nausea, gli appassionati si aspettano, e oserei dire giustamente, doverosi passi avanti.
E passi avanti ne sono stati fatti.
Già BS3 voleva essere un’innovazione nel campo delle avventure grafiche, una ventata di rinnovamento in un genere che in quel momento pareva dato per morto. BS4 segue le sue orme e va oltre, scostandosi ancor più del suo predecessore dai canoni generici dell’avventura punta e clicca per sposare uno stile più cinematografico, fatto di cambi di ritmo, di tensione, di azione e di enigmi importanti in perfetto stile Indiana Jones.
si tratta quindi di un adventure ibrido che fa suoi molti aspetti di tre generi
Una pesantissima eredità
Tuttavia, per quanto sia ammirevole il tentativo di svecchiare il cliché trito e ritrito dell’avventura grafica aggiungendo altre componenti, ognuna di esse rimane pressoché isolata e a sé stante.
Una suddivisione netta, che appare ancor più marcata nel momento in cui si nota come i caricamenti all’interno della stessa locazione si verifichino sistematicamente ogni volta che si ha un cambio nello stile di gioco.
Questo semplice (a volte mica tanto...) puzzle game fa da introduzione agli enigmi principali di BS4. Il loro numero non è elevato e inoltre sono accuratamente posizionati nelle fasi più importanti della storia.
A prima vista assomigliano ai tanti piccoli rompicapi che negli ultimi anni si sono diffusi in quasi tutte le avventure grafiche, con la visuale in soggettiva sulla fonte del problema da risolvere, ma la loro risoluzione è quanto mai atipica rispetto alle normali avventure punta e clicca e più affine a quelle in prima persona come Myst e Riven. Infatti, invece di avere già sotto mano tutti gli elementi per risolverli, ci troveremo di fronte solo il meccanismo da attivare. Gli indizi necessari per capire come giungere alla soluzione si troveranno da un’altra parte, tra le informazioni scaricate con fatica con il PDA o nascoste in manoscritti sotto forma di disegni o frasi criptiche da interpretare.
Queste prove (perché tali sono ai fini della trama) possono essere suddivise sommariamente in due gruppi: i rompicapi logici (quasi enigmistici), e gli enigmi veri e propri che richiedono una vera e propria analisi delle informazioni a disposizione, un po’ come le tre prove di “Indiana Jones e l’Ultima Crociata”.
Infine, vi sono le parti più movimentate.
Fedele alla sua reputazione di spericolato incosciente, George (ma non solo lui come avrete modo di vedere) non esiterà ad imbarcarsi in pericolose scalate, passeggiate lungo i cornicioni e arditi percorsi appesi a grondaie, cavi o tubi.
E altrettanto fedele alla sua indole di inguaribile ficcanaso, approfitterà di ogni occasione per sgattaiolare sotto il naso di guardie quanto mai incompetenti per riuscire ad infiltrarsi in edifici che, in teoria, dovrebbero essere inespugnabili.
Introdotte in via di prova in BS2, le sequenze stealth e d’azione con il passare delle edizioni si sono fatte sempre più lunghe, complesse e frequenti fino ad occupare un buon quarto del tempo di gioco.
Assieme ad esse fanno la loro ricomparsa anche le casse da spostare, tanto frequenti in BS3 da dare sui nervi, ma che, questa volta, sono state ridotte ai minimi termini, anche se il primo capitolo farebbe supporre il contrario.
Lo scopo di queste fasi è quello di spezzare il ritmo del gioco, dando al giocatore qualcosa di diverso dal solito da fare, e per questo non sono affatto complesse.
Gioca, salta, pensa... possibilmente tutto insieme
Apparentemente sembra difficile rendere originale un’avventura punta e clicca. In fin dei conti le cose da fare sono sempre le stesse: prendi un oggetto, usa un oggetto su qualcosa/qualcuno, ogni tanto combinali tra loro, parla con i personaggi...
Eppure BS4 ci riesce.
Il segreto sta tutto nella gestione dell’inventario. Per anni siamo stati abituati a pensare che negli adventure gli oggetti siano usa e getta. Li si utilizza e poi scompaiono. Ogni tanto capita qualche caso particolare che viene riutilizzato qualche altra volta, ma si tratta per lo più di eccezioni alla regola. Inoltre, fin troppo spesso, gli oggetti reperiti in una locazione servono esclusivamente all’interno di essa.
Ciò mantiene sicuramente l’inventario snello, ma allo stesso tempo rende il gioco fin troppo prevedibile e banale. BS4 è completamente differente. George non butta via mai niente, neppure fazzoletti, bottiglie vuote e depliant turistici. E fa solo bene, perché quasi tutti gli torneranno utili più volte in seguito (anche 3 o 4, uno perfino una decina) e spesso in luoghi completamente diversi da quello d’origine. Più passerà il tempo, quindi, più l’inventario si farà pieno, e più, di conseguenza, risulterà lungo e macchinoso andare per tentativi, a favore di un approccio più ragionato e motivato.
Una seconda, piacevole novità, è rappresentata dal lavoro di squadra. Spesso George sarà accompagnato da un altro personaggio (diversi si avvicenderanno nel corso della storia), al quale potrà rivolgersi per avere un aiuto fisico o per attuare una diversione. Per ricevere la sua collaborazione potremo semplicemente chiederglielo, oppure selezionare la sua immagine nell’inventario ed utilizzarla con un qualunque altro oggetto. Considerando che quasi sempre George sarà accompagnato da affascinanti esponenti del gentil sesso, si può proprio dire che il termine “donna oggetto” ha così raggiunto una nuova frontiera...
Peccato solo che alcune delle occasioni in cui risulta necessario il lavoro di squadra siano un po’ troppo palesi (due leve da muovere insieme, due pulsanti da premente allo stesso tempo e via così), quasi che tutti i costruttori di catacombe e sotterranei si fossero accordati per rendere del tutto impossibile proseguire ad una persona sola.
Gioca, salta, pensa... possibilmente tutto insieme
Tra i tanti utensili da lavoro di cui George farà ampio utilizzo (tra cui un putter telescopico di sua invenzione, di cui va particolarmente fiero), va assolutamente menzionato il PDA (Personal Digital Assistant, o semplicemente palmare). Un oggetto che da solo ne contiene tre: telefono, blocco d’appunti e minicomputer. Grazie ad esso e all’aiuto di un collega con abilità... diciamo... particolari... potremo craccare server, reti o singoli computer per ottenere informazioni o attivare strumenti e meccanismi. Ogni volta che ci troveremo a tentare di forzare un sistema, dovremo risolvere un puzzle game che consiste nel far compiere ad un raggio, che rappresenta la nostra connessione, un determinato percorso facendolo rimbalzare contro delle piccole barre che funzionano come specchi. Nelle fasi più avanzate, il gioco diventa sempre più difficile, soprattutto quando, senza il minimo preavviso, entrano in scena dei pezzi esteticamente uguali ai precedenti, ma con caratteristiche diverse (non vi dico altro, altrimenti vi svelo il trucco). Le informazioni così ottenute finiranno tutte nel block notes del PDA, e potremo accedervi attraverso link tematici sullo stesso stile di Wikipedia. Queste informazioni saranno utili non solo a noi, ma anche a George, che, giustamente, potrà giungere a delle conclusioni solo dopo che avremo scorso ogni singola riga dei dati raccolti. Un altro tocco di realismo particolarmente apprezzato.
Grafica, animazione e interfaccia
BS4 è interamente in 3D. Una scelta azzardata, che lo porta ad un confronto diretto con uno dei più grandi capolavori mai creati: Fahrenheit (per quanto atipico come adventure).
E BS4 ne esce con le ossa distrutte.
Se da lontano pare ancora attestarsi su buoni livelli, appena la telecamera si avvicina ai personaggi si notano tutti i difetti, o meglio gli spigoli dei poligoni. I visi, specialmente quelli femminili, sono ben curati, con l’eccezione delle dentiere sporgenti di cui sembrano dotati tutti i personaggi. Al contrario, i corpi lasciano molto a desiderare.
La mimica, poi, sia facciale che del corpo, è quasi del tutto inesistente, tranne in rare occasioni, al punto che in alcune occasioni si assiste a scene quasi grottesche (un personaggio che troneggia su un altro che sta svenendo invece che chinarsi su di esso per soccorrerlo e vedere come sta).
Se i personaggi principali, chi più chi meno, si salvano, lo stesso non vale per quelli secondari e le componenti mobili dell’ambiente. Animazioni ridotte al minimo indispensabile, spesso scarne e poco convincenti, come il cane di una delle sentinelle che sembra imbalsamato e si muove come uno di quei cagnolini elettrici che si vedono in pubblicità.
Apparentemente, sembra che il motore grafico manchi completamente di tutti gli algoritmi per l’interazione tra oggetti tridimensionali. I personaggi non si toccano mai tra loro durante il gioco, e raramente lo fanno durante i frequenti filmati (creati con lo stesso motore del gioco). Altrettanto di rado prendono effettivamente gli oggetti, più spesso questi semplicemente scompaiono.
Grafica, animazione e interfaccia
All’epoca, BS3 venne molto criticato per la sua interfaccia, troppo legata ai controlli da console.
In particolare, una delle caratteristiche che maggiormente venne contestata fu la scelta di legare i controlli di movimento allo schermo (quindi al punto di vista del giocatore e non al personaggio), a differenza dell’altrettanto contestato Monkey Island 4 in cui i movimenti erano riferiti al protagonista (cioè al suo punto di vista e non a quello del giocatore).
Il difetto dell’impostazione schermocentrica (perdonate il neologismo) è che, ogni volta che si cambia schermata, il personaggio modifica la sua direzione in base ai nuovi riferimenti con lo schermo. Ricordiamo ancora una scena d’azione in cui bisognava fuggire dal crollo di una caverna, che risultò estremamente ostica in quanto poco dopo l’inizio della fuga la visuale si invertiva e, di conseguenza, George tornava di colpo indietro finendo sistematicamente sepolto.
In BS4 l’impostazione da console è sparita ed è tornato il caro mouse (ritorno quanto mai gradito). Abbiamo quindi un’interfaccia ibrida, nella quale comunque il mouse mantiene la funzione di puntamento, mentre la tastiera risulta quasi indispensabile quando bisogna spostarsi rapidamente.
La situazione ottimale sarebbe quella di combinare i due controlli, usando cioè la tastiera per spostarsi e il mouse per puntare gli hot spot. Con la pratica e l’esperienza è possibile adattarsi a quest’interfaccia, ma ci vuole tempo, tempo che non si vorrebbe perdere in un adventure in cui, a differenza di altri generi come ad esempio gli FPS, i comandi dovrebbero essere solamente semplici e diretti.
Grafica, animazione e interfaccia
Una breve nota la meritano i sottotitoli in italiano.
Non sempre la traduzione è fedele, o quanto meno corretta, e questo può creare qualche problema nella comprensione di alcuni indizi riguardanti gli enigmi principali. In alcuni casi, addirittura, ci siamo trovati costretti a prestare attenzione esclusivamente al parlato in inglese (estremamente pulito e di facile comprensione anche quando a parlare sono personaggi con un accento pesante) per comprendere il significato corretto.
Infine un avviso tecnico: BS4 è un gioco estremamente scuro e, purtroppo, è privo dei controlli di gamma e luminosità, inoltre (e questo è grave), non conserva i relativi settaggi della scheda video. Quindi fate attenzione se avete un monitor con qualche annetto di troppo sulle spalle, perché potreste ritrovarvi a non vedere a un palmo dal naso. Sfruttate gli screenshot come riferimento.
Il confine sottile tra longevo e annacquato
BS4 è un adventure lungo. Una caratteristica senza dubbio positiva, di cui troppo spesso gli adventure difettano.
E’ però bene andare a vedere come esso si procura questa sua durata.
Anche qui è bene suddividere il gioco nelle sue tre componenti primarie, visto che sono tanto dissimili tra loro.
la densità delle azioni da svolgere non è particolarmente elevata, molte locazioni potrebbero essere completate rapidamente, ma la struttura stessa del gioco non permette di farlo
Il confine sottile tra longevo e annacquato
Non c’è modo di saltare i dialoghi, né i filmati. Inoltre, non è possibile sveltire gli spostamenti come avveniva in passato con il doppio click sul bordo della locazione. Questo a causa del motore grafico interamente in 3D che costringe a muoversi sempre e comunque manualmente. E la scomodità dell’interfaccia di certo non aiuta, specialmente all’inizio.
Ciò viene massimizzato dal continuo andirivieni a cui si è costretti quasi in continuazione per reperire un oggetto o parlare con qualcuno.
Ciò, innegabilmente, aumenta la durata del gioco, ma anche la frustrazione del giocatore che vorrebbe saltare parti inutili (la camminata da un posto all’altro) o parti di dialogo a cui ha già assistito.
Allo stesso modo buona parte delle arrampicate, e delle sequenze stealth sembrano totalmente gratuite e per nulla funzionali ai fini della trama.
Gli stessi puzzle game per forzare i sistemi dopo un po’ finiscono per dare alla noia.
La stessa trama, in certi punti, stride, e alcuni aventi paiono incastrati a forza solo per portare il personaggio in una determinata condizione.
Commento finale
Broken Sword: The Angel of Death è un gioco quanto mai controverso e di difficile valutazione.
L’impressione finale è che non abbia aggiunto nulla alla saga di Broken Sword, anzi, le abbia tolto qualcosa.
Ciò che è mancata è stata la spinta a giocare, ad andare avanti e vedere come si dipanava la storia.
Si tratta di un titolo altalenante, assolutamente non brutto, ma che non lascia traccia, e che alterna sprazzi di classe a momenti di stanca.
Molto, troppo, in un gioco di questo tipo, dipende esclusivamente dal gusto personale del singolo giocatore, da cosa cerca, da cosa non sopporta e da quanto è disposto a lasciare correre.
Se cercate un adventure completo, vario e durevole, questa è, senza dubbio, una buona scelta. Se poi non vi spaventano le sequenze stealth e non trovate noiose le lunghe sequenze di puro movimento e le perdite di tempo inutili, allora questo è il gioco per voi.
Pro
- Vario e completo (tre generi in uno)
- Molto più lungo della media
- Aree di gioco enormi
- Gestione realistica dell’inventario
- Interfaccia inadeguata
- Grafica non al passo con i tempi
- Alcune animazioni fondamentali assenti
- Sbilanciamento nella difficoltà degli enigmi principali
Innanzitutto un’importantissima raccomandazione: leggete tutta la recensione e non limitatevi solo al voto.
Broken Sword 4 è un titolo estremamente complesso, composto da vari aspetti che, se per molti versi contribuiscono a completarlo, allo stesso tempo possono entrare in conflitto con le preferenze o le abilità dei singoli giocatori.
Quindi il mio consiglio è di leggere bene tutto, in modo da non avere poi sorprese...