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Call of the Sea, la recensione: puzzle e Lovecraft in un nuovo titolo indie

Lo sviluppatore Out of the Blue si ispira alla mitologia di Lovecraft per raccontarci la storia di Norah e del suo viaggio oltre l'immaginabile: la nostra recensione di Call of the Sea

RECENSIONE di Alessandra Borgonovo   —   20/12/2020

La mitologia di Lovecraft è sempre stata un bacino sconfinato dal quale attingere, in minima o larga parte, per dar vita a storie ed esperienze che smangiassero i contorni sicuri della realtà per far filtrare una follia dove tutto smette di essere come sembra: una lenta discesa nell'orrore che non a caso si è sempre attestato come genere di riferimento per moltissimi videogiochi che si sono ispirate alla cosmogonia dello scrittore statunitense. Basti pensare ai più recenti Black Mirror, Call of Cthulhu e The Sinking City, che attorno all'orrore più puro hanno costruito se stessi. Sorprende dunque trovare simili tematiche in Call of the Sea, titolo d'esordio dello studio Out of the Blue che fa del mito lovecraftiano il cardine di un'avventura colorata e affascinante - in cui la pazzia di chi entra a contatto con gli Antichi è sempre percepibile ma in maniera diversa, meno orrorifica. C'è un senso di ineluttabilità, nella storia della protagonista Norah, ma c'è anche spazio per far filtrare un sentimento puro come l'amore e il punto fino al quale può spingerci per salvare chi amiamo. La nostra recensione di Call of the Sea mostrerà un gioco non perfetto ma che senza dubbio è un ottimo biglietto da visita per lo studio spagnolo.

Storia


Protagonista di Call of the Sea è Norah Everhart, una giovane donna afflitta da una malattia di origine sconosciuta ed ereditaria che si manifesta sotto forma di strane macchie sulla pelle, mentre fiacca il corpo e lo spirito in modo sempre più evidente: lenta ma inesorabile, ha piegato Norah fino a renderla a tratti lo spettro della donna solare che era ed è per questo che Harry, suo marito e compagno, decide di partire con una spedizione verso una remota isola del Pacifico per trovare una cura impossibile. A non farlo, Norah morirebbe proprio com'è successo a sua madre e prima ancora a suo nonno. Rassicurata dalle iniziali lettere che le venivano spedite per raccontarle del viaggio e di eventuali scoperte, la donna si trova tuttavia a dover partire a sua volta quando smette di ricevere notizie e si trova recapitato un misterioso pugnale rituale assieme a sintetiche coordinate su dove dirigersi: preoccupata per cosa possa essere successo al marito, Norah prende coraggio e si imbarca alla sua ricerca in un viaggio destinato a riservarle molte sorprese.

Come abbiamo scritto, Call of the Sea è liberamente ispirato alla mitologia lovecraftiana (come dichiarato dagli stessi sviluppatori) ma prende una deriva completamente diversa dall'orrore a cui molte produzioni ci hanno abituati. Niente cultisti, sacrifici umani o divinità che sarebbe meglio non disturbare quanto piuttosto una serie di dinamiche surreali e oniriche che, ispirandosi al padre di Cthulhu, danno vita a un'avventura colorata persino nei suoi tratti più cupi, una storia di amore e resilienza in cui sono messe alla prova la forza di volontà di Norah e l'amore verso suo marito, che la spingeranno sempre più a fondo in una storia dal sapore dolceamaro in cui l'ultima parola spetterà a noi giocatori. Il percorso per arrivare alla verità non è lungo, richiede una manciata di ore, né prevede minacce di sorta. Call of the Sea è un gioco pensato per mettere alla prova il vostro intelletto, con una serie di enigmi che tra alti e bassi vi porteranno a scoprire cosa si cela dietro la misteriosa malattia di Norah.

Gameplay

Call Of The Sea 01


Laddove l'estetica e la narrazione sono i punti in cui il gioco brilla di più, valorizzato anche dalla voce di Cissy Jones (Delilah in Firewatch) che rende Norah un personaggio sfaccettato e perfettamente delineato nella sua personalità, sul gameplay pesa una mancata ambizione che porta l'esperienza a essere un po' meno stimolante del previsto - sebbene metta comunque in scena un'avventura affascinante che soprattutto in chiusura rialza la testa per lo scatto finale. Fondandosi su uno dei pilastri su cui si basa lo studio di sviluppo, ovvero puzzle ed enigmi, Call of the Sea è un gioco che ruota attorno alla ricerca di indizi e alla risoluzione di enigmi più o meno complessi.

La visuale è in prima persona e spiace notare quell'effetto da telecamera ambulante per cui il corpo di Norah non esiste, a eccezione delle sue braccia che ogni tanto compaiono sullo schermo per compiere determinate azioni: perde un po' di immersione quando si guarda in basso e non si vede nulla, neppure l'accenno di un'ombra, ma non è un particolare così deficitario per l'esperienza. In accordo con lo stato fisico di Norah, i suoi movimenti sono piuttosto compassati persino nella corsa; altrettanto in linea con lo spirito del gioco, che intende raccontare un viaggio incredibilmente intimo e personale, non ci saranno combattimenti né interazioni umane nel corso di questa solitaria ma profonda avventura in mezzo al Pacifico.

Sarà soprattutto la voce di Norah ad accompagnarci per tutto il viaggio, con aneddoti o riflessioni su quanto sta succedendo che concorrono ad arricchire la narrazione, frammezzati di quando in quando dalle lettere che Harry le ha scritto ma per un motivo o l'altro non ha mai potuto spedirle. Call of the Sea è, come altri giochi che l'hanno preceduto, un'esperienza a metà fra il punta e clicca e il walking simulator, in cui gli enigmi rappresentano il perfetto intermezzo cervellotico in quella che altrimenti sarebbe un'avventura prettamente narrativa. Sono distrazioni argute, sebbene non in tutti i casi abbiano una risoluzione così logica come potrebbe sembrare ed è spesso più facile procedere per tentativi, che in ogni caso privilegiano la narrazione e non far perdere il filo delle vicende. Ci sono tuttavia alcune eccezioni nella fase centrale, dove il gioco subisce un'inattesa e ingiustificata impennata di difficoltà che va a spezzare un percorso scorrevole. Questa mancanza di bilanciamento compromette in parte l'esperienza, soprattutto perché il gioco non ci prepara a una simile, brusca virata e laddove in genere basta unire lo spirito di osservazione al pensiero laterale, proprio a metà ci si ritrova costretti a uno sforzo che non combacia con quanto vissuto fino a quel momento.

Comparto tecnico e artistico

Call Of The Sea 03

Anche sotto questo aspetto Call of the Sea risulta convincente, sebbene non manchino delle riserve: il titolo d'esordio di Out of the Blue è meno rifinito e curato del previsto ma molto dei suoi limiti sono nascosti da una buona ispirazione artistica. Fatta eccezione di alcuni scorci da cartolina, in generale l'impressione che si ha di quest'isola apparentemente incontaminata e sperduta nel Pacifico è quella di un'ambientazione più artificiosa di quanto ci si sarebbe aspettati per una sorta di paradiso naturale. Di next gen c'è poco niente ma è più un appunto che un difetto imputabile, soprattutto perché a colpo d'occhio il gioco riesce comunque a rimanere impresso per la vividezza dei colori, così strani per un'esperienza che affonda le proprie radici nel mito lovecraftiano. Non bisogna però dimenticare che Call of the Sea è soprattutto un'avventura narrativa volta a esplorare la profondità di un sentimento complesso e solo all'apparenza banale come l'amore, che può assumere diverse sfaccettature. In questo Call of the Sea convince e, complice anche essere disponibile su Game Pass, merita senza dubbio una possibilità.

Call Of The Sea 02

Conclusioni

Multiplayer.it
7.3
Lettori (42)
8.0
Il tuo voto

Call of the Sea è un buon titolo d'esordio per Out of the Blue e un biglietto di presentazione su quelli che sono i suoi punti di forza - narrazione ed enigmi. Se sulla prima siamo rimasti piacevolmente colpiti, soprattutto nel presentare una storia ispirata a lovecraft senza scegliere il più comune approccio horror, lato gameplay c'è un po' di confusione generale che porta ad alcuni enigmi la cui risoluzione sembra affidarsi più al caso che alla logica; soprattutto però spinge a un picco ingiustificato di difficoltà nella fase centrale, a causa del quale l'esperienza subisce una battuta d'arresto e rompe l'immersione creata fino allora dal racconto. Non è la clamorosa sorpresa indie che lascia a bocca aperta, tuttavia è un esordio capace di tracciare una promettente strada per lo studio spagnolo.

PRO

  • Scrittura piacevole e scorrevole
  • Gli enigmi sono un buon intermezzo nella narrazione
  • La mitologia di lovecraftiana riadattata in chiave avventurosa

CONTRO

  • La risoluzione di alcuni puzzle può essere ottusa
  • Ingiustificato picco di difficoltà nella fase centrale