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El Hijo – A Wild West Tale, la recensione: un viaggio tra stealth e Far West

In un selvaggio quanto colorato Far West, un bambino si sei anni parte per un pericoloso viaggio alla ricerca della madre armato della sua fida fionda: la nostra recensione di El Hijo - A Wild West Tale

RECENSIONE di Alessandra Borgonovo   —   09/12/2020

Il nome El Hijo - A Wild West Tale potrebbe risultarvi nuovo ma questo piccolo videogioco stealth sviluppato dallo studio indipendente tedesco Honig Studios aveva già fatto parlare di sé nel 2019: il problema è che l'aveva fatto nel corso del PC Gaming Show, noto (come spesso accade alle fiere) per presentare carrellate di trailer uno via l'altro generalmente senza alcuna informazione aggiuntiva al punto da rendere difficile ricordarsene qualcuno. Va detto che El Hijo, nonostante fosse proprio tra questi, aveva dalla sua un'ambientazione e soprattutto una palette di colori abbastanza d'impatto per farsi notare, ma oltre un anno trascorso senza notizie rilevanti ha rischiato ancora una volta di farlo precipitare nell'oblio della memoria. In effetti ci siamo un po' sorpresi quando infine l'abbiamo visto tornare, pronto a sbarcare su PC, Nintendo Switch, PlayStation 4 e Xbox One, e con esso ci è tornato in mente il motivo per cui, seppur flebilmente, si fosse impresso nella nostra mente. Scopritelo nella nostra recensione di El Hijo - A Wild West Tale.

La storia

Elhijo Screenshot 01

C'è davvero molto poco da dire sulla storia di El Hijo: le premesse vengono presentate molto in fretta e il titolare protagonista è, come da copione, un bambino di soli sei anni che vive in un ranch assieme alla madre. Dopo una brevissima fase di tutoriale per insegnarci i primi comandi di gioco, madre e figlio vedono la loro casa presa d'assalto e bruciata dai banditi: costretti alla fuga, raggiungono un monastero dove a El Hijo vengono fatte seppellire, dalla madre stessa, la sua fionda e una foto che ritrae entrambi prima di essere lasciato - per la sua sicurezza - alle cure dei monaci. La donna si allontana ma viene raggiunta e catturata dai criminali. Possiamo forse permetterlo?

A prima vista sembra una sequenza di eventi senza apparente senso ma piano piano il motivo per cui la madre si comporta in questo modo, e perché i banditi hanno preso d'assalto il ranch, emerge. In tutto ciò, El Hijo non ci sta nell'essere abbandonato nel monastero e pianifica la fuga per andare alla ricerca della madre, lasciando il resto in mano nostra. L'intera serie di vicende è raccontata attraverso brevi filmati senza una sola linea di dialogo: sono le immagini a dare voce al gioco e l'abbiamo trovata una scelta azzeccata anche in virtù del tipo di estetica, che altrimenti avrebbe perso molto della sua bellezza. Pur nella brevità di questi eventi alcuni scorci sono toccanti, specie nel momento in cui madre e figlio si separano. Per certi versi è stato come assistere a un corto Pixar, pur con una grafica del tutto diversa.

Il gameplay

Elhijo Screenshot 03

Com'è logico pensare, laddove la storia non spicca molto e serve giusto come premessa per introdurci nel vivo del gioco, il gameplay è la vera colonna portante di El Hijo. Essendo un gioco non violento, tutto si basa sullo stealth, sullo sfuggire in maniera creativa ai pericoli che ci minacciano e nel corso delle dieci ore più o meno (prendendo tutti i collezionabili) che compongono la partita non ci viene dato davvero modo di aggredire chi ci vorrebbe far del male - se non verso la fine, possiamo stordirli con degli innocenti fuochi d'artificio. L'unico modo dunque per superare illesi le diverse situazioni in cui finiamo per cacciarci sono sfruttare al meglio ciò che l'ambiente offre: in questo, va detto, Honig Studios ha fatto un gradevolissimo lavoro di level design, presentando di volta in volta scenari dai molteplici approcci, non tutti peraltro così immediati come ci si aspetterebbe. Ci siamo trovati diverse volte a guardare un punto senza trovarne apparentemente il senso, prendere una direzione opposta e poi scoprire di esserci ricollegati alla zona precedente dalla quale potevamo più facilmente muoverci grazie a una "scala" di rocce.

Insomma, la chiave di lettura non è mai singola e questo stimola a trovare il percorso migliore per procedere, attraverso trentuno livelli che dopo un'iniziale linearità al fine di farci comprendere le singole meccaniche inizieranno ad abbracciare i tratti distintivi del sandbox. Da bambini virtuali quali siamo, dunque, prendiamo queste sfide come dei grossi parchi giochi in cui fare il bello e il cattivo tempo, sfruttando l'ombra come nostra migliore e più preziosa alleata per nasconderci ma anche una serie di gadget a nostra disposizione. Se infatti inizialmente El Hijo può fare affidamento soltanto su una manciata di sassi, una volta sfuggito dal monastero (e non crediate sia così rapido) tornerà in possesso della sua amata fionda con cui creare ancora più scompiglio. In aggiunta potrà sfruttare dei giocattoli a molla, una strana polvere naturale per passare inosservato come fosse in una temporanea nube di fumo e infine l'arma più potente a sua disposizione, i fuochi d'artificio. Sfruttando questi quattro oggetti e tanto ingegno, El Hijo si farà strada attraverso numerosi pericoli pur di riabbracciare la madre - che a sua volta diventa un personaggio giocabile in alcuni livelli, offrendo possibilità di approccio diverse da quelle del figlio e che riescono a distinguerla in termini di gameplay.

Elhijo Screenshot 05

Il bello del gioco, come abbiamo scritto, risiede nella molteplicità delle soluzioni a nostra disposizione, motivo per cui si può scegliere di non affidarsi quasi mai agli altri oggetti e andare solo di fionda, oppure dare sfogo alla nostra creatività. In questi ingegnosi parchi giochi trovano spazio anche dei piccoli puzzle, nulla di complicato ma perfetto nella costruzione del level design. Tra frequenti checkpoint (peraltro riutilizzabili) e pattern prestabiliti dei nemici, il senso di frustrazione dovuto al fallimento è molto mitigato: c'è sempre un punto debole da sfruttare nell'apparentemente insuperabile disposizione di banditi e monaci, tutto sta nell'osservare bene la zona affidandoci anche al nostro pappagallino che alzandosi in volo può offrirci una panoramica dell'area. Questo è utile anche per capire dove si trovano i sessantanove bambini suddivisi per quasi tutti i livelli, che fanno le veci dei collezionabili ma possono anche rivelarsi dei validi alleati premiandoci con oggetti o addirittura aiutandoci nella risoluzione di alcuni enigmi ambientali.

Ogni gioco ha però le sue note dolenti e quelle di El Hijo risiedono in due aspetti specifici: l'intelligenza artificiale nemica, molto tarata verso il basso, e una certa imprecisione nei comandi soprattutto quando si tratta di chinarsi. Nel primo caso abbiamo i nemici che reagiscono solo quando un rumore entra nella loro area d'azione o quando noi ci esponiamo nel cono visivo, per il resto rimangono impassibili persino quando rompiamo una lampada a olio proprio sotto il loro naso o trasciniamo un carrello da miniera davanti a loro pur mantenendoci nascosti alla vista. Questo fa sì che il livello di difficoltà sia particolarmente morbido e non segua nemmeno un possibile crescendo con il prosieguo del gioco, presentando livelli finali a volte persino più approcciabili dei precedenti.

Per quanto riguarda invece l'input lag di alcuni comandi, non abbiamo molto apprezzato il fatto che El Hijo si possa chinare solo in prossimità di precisi ostacoli anziché essere un comando di libero utilizzo: questo soprattutto perché si crea un attimo di conflitto proprio nei momenti meno indicati, rischiando di farci scoprire per un errore non dipendente da noi. Un simile attrito si percepisce nell'utilizzo della fionda quando si cerca di colpire oggetti posti ad altezze diverse, con il mirino che tende a incastrarsi facilmente. La precisione non è proprio il punto forte del gioco. Al di là di questo, però, El Hijo è un'esperienza molto piacevole, perfetta se volete staccare da altre più impegnative e immergervi in una "cartoonesca" atmosfera spaghetti western.

Aspetto tecnico

Elhijo Screenshot 08


El Hijo è un indie fino al midollo e il suo comparto tecnico lo dimostra, presentando un gioco molto semplice nella sua veste grafica ma ugualmente impreziosito dalla direzione artistica in stile cartone animato, che si sposa alla perfezione con la leggerezza del titolo. A sorpresa per essere comunque un gioco ispirato al Far West, la colonna sonora non spicca e anzi, non è molto presente e ad accompagnare il nostro viaggio c'è per la maggior parte del tempo un assoluto silenzio. Una scelta particolare ma non per questo scomoda.

Elhijo Screenshot 06

Conclusioni

Multiplayer.it
7.2
Lettori (1)
7.0
Il tuo voto

El Hijo è uno stealth puro, che sfrutta la dinamica dell'eroe bambino in salsa cartoon per proporci un'esperienza avulsa da qualunque forma di violenza e pensata per stuzzicare la nostra intelligenza. Non è un gioco complesso ma intrattiene e diverte nel corso dei suoi trentuno livelli, grazie proprio a un level design raffinato e aperto a molteplici soluzioni, tutto racchiuso in una simpatica atmosfera spaghetti western. A rallentare la sua corsa ci sono un'intelligenza artificiale nemica deficitaria e un input lag in alcuni comandi che spesso ci tradisce nei momenti meno indicati. Tirando le somme, è un gioco perfetto per chi vuole trascorrere qualche ora lasciandosi intrattenere dalle sue piccole ma ben calibrate sfide.

PRO

  • Il level design è molto ben calibrato
  • Gli scenari sono aperti a molteplici soluzioni
  • La direzione artistica si sposa con la leggerezza del titolo

CONTRO

  • Intelligenza artificiale deficitaria, a volte troppo
  • Imprecisione nei comandi, spesso nei momenti meno indicati