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Happy Game, la recensione della nuova avventura di Amanita Design

La recensione di Happy Game, la nuova avventura di Amanita Design, grottesca e onirica come nella tradizione di questo ricercatissimo studio.

RECENSIONE di Simone Tagliaferri   —   27/10/2021

La software house ceca Amanita Design è una benedizione per il mondo dei videogiochi. Da sempre disinteressato a seguire le mode del mercato e poco incline ad assecondare le idiosincrasie dei videogiocatori, ha perseguito una specie di splendido isolamento sin dalla sua fondazione, quando ancora lanciava solo brevi avventure per il web. Con il tempo la visione dello studio, diretto da sempre dal fondatore Jakub Dvorsky, si è rifinita, perdendo ogni velleità di comporre opere facilmente definibili, pur visibile nei primi, comunque splendidi titoli come i Samorost e Machinarium. Chuchel, Pilgrims e Creaks, gli ultimi tre giochi di Amanita Design, sono un'ode al surrealismo ludico, alla magnificazione dello stile e della visionarietà come fulcro dell'esperienza e al concetto di sottrazione come cardine del game design. La recensione di Happy Game mostra che lo studio ha compiuto un nuovo passo nella stessa direzione.

Happy Game ci chiede cos'è la felicità
Happy Game ci chiede cos'è la felicità

Un bambino si addormenta e finisce in un terribile incubo. Riusciremo a renderlo felice? Questa è tutta la storia di Happy Game, avventura horror psichedelica e surreale. In termini di meccaniche di gioco stiamo parlando di un'avventura punta e clicca ridotta davvero all'osso, in cui è possibile far muovere il personaggio solo verso destra o sinistra, trascinandolo con il mouse, e in cui gli oggetti non si incamerano in un inventario, ma si manipolano direttamente sullo schermo.

Al massimo si possono far afferrare dal bambino per trasportarli da una parte all'altra di un'area, ma è tutto qui. L'idea di un design così scarno è quella di concentrare l'attenzione del giocatore sull'esperienza audio visiva, di cui i puzzle devono rappresentare una parte integrante e non una distrazione. Per questo, nonostante la presenza di situazioni più complicate, si progredisce nell'avventura con una certa agilità, riuscendo a portarla a termine in due ore o poco più. Non molte? Sinceramente ci è sembrata la giusta durata per un titolo del genere, che non mira a colonizzare la vita del giocatore, ma gli si offre come una piccola rivelazione, prendendosi lo spazio che gli serve per manifestare i suoi temi e i suoi fantasmi.

Happy Game è pieno di giocattoli mostruosi
Happy Game è pieno di giocattoli mostruosi

Happy Game è un gioco fatto di corpi che esplodono o che vengono squartati, di giocattoli mostruosi che si animano per divorare il protagonista, di creature ancestrali che echeggiano di ricordi infantili mai elaborati, di paesaggi grotteschi che nascondono gli orrori indicibili nascosti nell'inconscio, di sangue, fughe e urla. Se, come scrive Salomon Resnik in Il teatro del sogno, "Raccontare un sogno è un modo di svelarsi, di scoprirsi, di aprirsi all'altro. Comunicare, stabilire un contatto affettivo con l'altro, con il mondo," allora i creativi di Amanita Design ci invitano ad affondare nel protagonista, mettendocelo in scena in forma videoludica per farci raggiungere le sue profondità più recondite. Non dobbiamo psicanalizzarlo, badate bene, perché di fatto noi siamo sulla scena solo come suoi agenti, permettendogli di affrontare le sue paure, alla ricerca di una felicità impedita da alcuni accadimenti reali, rappresentati sempre in modo etereo, come se fossero avvolti dalla nebbia, che sono poi il motore della sua notte tormentata. Scopriamo ad esempio che un bullo gli ha rubato la palla e che il suo peluche preferito è finito in un lago, due eventi che possono essere fortemente traumatici per un bambino.

Nonostante ciò il rapporto che instauriamo con il suo mondo è essenzialmente estetico. Lo facciamo avanzare, certo, ma lungo dei binari prestabiliti su cui non abbiamo alcuna libertà d'intervento. Dobbiamo riflettere per risolvere i puzzle, ma non abbiamo alcuna possibilità di aggirarli o di ignorarli. Siamo di fronte a quella che si presenta come una fruizione pura, in cui ci viene chiesto solo di interpretare.

Dal punto di vista tecnico stilistico Happy Game è il solito gioiello di Amanita Design, capace di prendere ispirazione da più fonti, rielaborandole, per offrire un'estetica originale quanto peculiare, incentrata sul sorriso e su come questo possa declinare in qualcosa di terrificante nel volgere di pochi attimi. Anche l'audio segue lo stesso concetto, trasformandosi alla bisogna per sottolineare il cambiamento di atmosfera di ciò che avviene sullo schermo.

Conclusioni

Versione testata PC Windows
Digital Delivery Steam, Nintendo eShop
Multiplayer.it
8.8
Lettori (8)
6.6
Il tuo voto

Happy Game è un piccolo gioiello, l'ennesimo di Amanita Design, che merita di essere giocato a prescindere dall'amore o meno per il genere delle avventure punta e clicca. È un'esperienza nel senso più puro del termine e come tale va intesa e, in un certo senso, amata. Naturalmente ha dei limiti dal punto di vista ludico, ma lo sa bene e non ne fa mistero, presentandosi per quello che è, senza mai pretendere di essere altro. Dura poco, cioè il giusto, e non lascia indifferenti, che è poi proprio ciò che un titolo del genere deve riuscire a fare.

PRO

  • Stilisticamente impeccabile
  • Visionario
  • Un'altra gemma di Amanita Design

CONTRO

  • Ha dei limiti ludici che alcuni potrebbero non apprezzare