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Maneater, la recensione

Un gioco di ruolo nei panni di uno squalo affamato? Una splendida idea, peccato per la noia. La nostra recensione di Maneater

RECENSIONE di Tommaso Valentini   —   22/05/2020
Maneater
Maneater
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Adoriamo la pluralità del mercato ed è forse uno degli aspetti più esaltanti del medium videoludico. Se da una parte abbiamo titoli capaci di far nascere discussioni interessanti come quelle a base vichinga di Assassin's Creed Valhalla o di farci approcciare tematiche adulte come in The Last of Us 2, è meraviglioso distrarsi un secondo e trovarsi per le mani produzioni invece che dalla profondità narrativa o dalla moralità ci girano il più al largo possibile. Con la voglia solo di divertire e divertirsi piomba così sul mercato un prodotto diverso dal solito, lo Sharknado dei videogiochi, un centrifugato di ignoranza e no-sense in grado di strapparci persino qualche risata. Dovreste prenderlo seriamente in considerazione? Continuate a leggere la recensione di Maneater per scoprirlo.

#Maneater

Maneater è il reality show fittizio imbandito da Tripwire Interactive per cercare di dare un senso compiuto al delicato filo narrativo di questa produzione. La storia ci viene dunque raccontata come in un programma tv dove Pete lo Squamato è il protagonista assoluto, un sadico cacciatore di squali pronto a farsi l'ennesima zuppa di pinne. Questa volta però le cose non vanno esattamente per il verso giusto e, dopo aver arpionato e sventrato uno squalo femmina, ne estrae il cucciolo dall'utero, solo per vedersi tranciare di netto la mano e dare il via così ad una rivalità acerrima, seconda solo a quella vista in Lo Squalo di Steven Spielberg. Le carte sul tavolo cambiano faccia però, mettendoci questa volta nel ruolo del cattivo massacratore degli oceani, con gli sviluppatori decisi a cavalcare lo spauracchio della grande macchina assassina, dipingendo il nostro pesciolone come un essere spietato pronto a portare stragi su una costa immaginaria degli Stati Uniti.

Gettati in acqua come uno scarto, daremo le prime pinnate cercando di destreggiarci in una palude, dove tartarughe e lucci faranno da piccolo antipasto per la nostra evoluzione. Ci si muove goffamente in ambienti piuttosto angusti, quasi in controtendenza rispetto alla libertà che ci si potrebbe aspettare da un gioco sugli squali. Questa sensazione di essere costretti in un ambiente troppo piccolo e serrato ce la si porterà appresso per quasi tutta la durata del gioco. Della decina di aree disponibili, solo due infatti saranno ambientate nelle profondità oceaniche, una scelta azzardata e che, come vedremo più avanti, avrà un effetto devastante sulla sensazione di ripetitività del gioco. L'acqua gialla, le alghe e una scarsa visibilità accompagnano la prima ora di gioco mentre si cerca di sfuggire agli alligatori e si ingollano piccole prede per accrescere la massa muscolare.

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Ogni singola uccisione conta nell'ambito dell'evoluzione e per ognuna di esse guadagneremo esperienza, utile a scalare i 30 livelli e raggiungere lo stato di megalodonte. Un esemplare molto lontano tuttavia dalle dimensioni di quelli visti nei film di Jason Statham e più vicino ad un grosso squalo bianco, anche come movenze; insomma qui avremmo davvero voluto si esagerasse senza badare a spese. La struttura corporea durante tutta la fase di crescita sarà invece basata sulle linee dello squalo Leuca, con una realizzazione tecnica davvero di alto livello. Il modello poligonale è infatti curatissimo e ricco di dettagli e le animazioni del nuoto risultano fluide e piacevoli anche solo da guardare.

Purtroppo non appena si prende la mano con il sistema di controllo e si desidera iniziare a fare qualcosa di più complesso rispetto alla classica nuotata il gioco si rompe inesorabilmente, con animazioni che perdono di fluidità e che male si incastrano tra di loro, trasformando la sinuosa flessibilità dello squalo in una serie di scatti frenetici. La telecamera poi non aiuta di certo e mentre un segnalino ci indicherà quale preda siamo in grado di raggiungere con il nostro morso non sarà inusuale perdere completamente di vista l'obiettivo mentre ci muoviamo rapidamente sotto o sopra di esso. La tridimensionalità dell'oceano, insomma, non viene gestita ottimamente e se si può chiudere un occhio quando avremo un piccolo avannotto da controllare la situazione cambierà drasticamente quando il nostro megalodonte andrà ad occupare gran parte dello schermo, facendoci smascellare alla cieca il più delle volte, spesso senza nemmeno farci capire se il nostro bersaglio è già stato fatto a pezzi o meno. A peggiorare le cose ci mettono le azioni di schivata e di salto troppo veloci per permettere alla telecamera di seguirci adeguatamente.

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Una crescita in puro stile GDR

Le prede danno sostanzialmente due tipi di nutrienti: minerali e olio, che vanno spesi nelle grotte, speciali checkpoint sicuri dove rinascere in caso di morte, per far evolvere lo squalo. Potremo così equipaggiare abilità passive che aumentano e velocizzano la digestione, amplificano il nostro sonar per trovare collezionabili e prede più velocemente o aumentano statistiche come nuoto e resistenza alla mancanza di acqua. Già perché Maneater non si fa mancare proprio nulla quando si parla di trash e non sarà inusuale farsi intere camminate sul molo alla ricerca di qualche bel pescatore da divorare.

Uccidere umani permetterà di raccogliere filamenti del DNA, una risorsa che altrimenti sarà possibile recuperare solo uccidendo altri predatore degli oceani e che servirà ad attivare personalizzazioni extra. Esistono infatti anche tre set speciali mascherati da evoluzioni che potremo letteralmente indossare e che cambieranno enormemente l'aspetto del nostro squalo. Potremo per esempio far comparire escrescenze ossee così da aumentare le resistenze o iniziare ad emettere fulmini bruciacchiando tutto ciò che si avvicina troppo.

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Ad accompagnarci in questa evoluzione una trama lineare e tante missioni secondarie che però hanno la brutta abitudine di riproporsi in maniera estenuante sempre nel medesimo modo. La ripetitività diventa opprimente e tutto quello che ci troveremo a fare sarà girare per il mondo a masticare pesci, cose e persone senza soluzione di continuità, una scelta che porta il giocatore per forza di cose ad annoiarsi anche dopo la prima, breve sessione di gioco. Maneater soffre insomma di ripetitività cronica, un'ancora che trascina a fondo la produzione e cancella quanto di buono si intravedeva sotto la superficie. Si punta tutto sul combattimento, cosa che potrebbe anche starci, ma poi ci si dimentica di perfezionare e dare più profondità alle fasi di lotta contro pesci e imbarcazioni. Diciamolo chiaramente: Ecco The Dolphin: Defender of the Future si comportava decisamente meglio già 20 anni fa e sarebbe bastato copiare qualche idea vincente.

Anche il bilanciamento della difficoltà è inesistente e dopo le prime ore tutto il gioco si tradurrà in nuotare e mangiare, senza fare distinzioni su cosa stiamo facendo a pezzi con le nostre tre file di denti acuminati. Mancano infine momenti davvero epici o scontri con boss capaci di farci salire veramente l'adrenalina, per un prodotto che nella sua totalità non ha saputo proprio intrattenerci a dovere.

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Conclusioni

Versione testata Xbox One
Digital Delivery Steam, PlayStation Store, Xbox Store
Multiplayer.it
6.5
Lettori (32)
8.0
Il tuo voto

Desideravamo con tutto il cuore poter urlare la nostra gioia dinanzi a un prodotto trash di qualità, ma la verità è che questo Maneater si perde in una ripetitività noiosissima da cui è impossibile emergere. Le otto ore di campagna, che raddoppiano agilmente nel caso in cui vogliate completare tutti i trofei, si trascinano stancamente tra missioni sempre uguali tra loro, vanificando così l'ottimo stile narrante di Chris Parnell (Rick and Morty), un comparto visivo capace di regalare una buona varietà di ambientazioni e persino qualche scorcio niente male. Purtroppo le meccaniche di gioco banalizzate all'inverosimile e un'intelligenza artificiale inesistente non vi permetteranno di godere appieno del prodotto come avreste meritato. Per il momento il prezzo del biglietto non vale la spesa, tenetelo d'occhio magari per i prossimi saldi a patto che la vostra voglia di diventare per qualche ora una macchina assassina perfetta sia davvero alle stelle.

PRO

  • Storia banale ma comunque ben narrata
  • Ottimo il modello dello squalo
  • Alcuni scorci sottomarini davvero interessanti
  • L'idea di fondo c'è e convince

CONTRO

  • Ripetitivo da morire
  • Troppe aree vi costringono a giocare in spazi angusti
  • Telecamera estremamente scomoda durante i combattimenti concitati
  • Solo tre set per le evoluzioni