Mancano pochissimi giorni all'avvento totale della nuova generazione videoludica, almeno dal punto di vista delle console, e non si può negare che il passaggio generazionale in termini di giochi sia un po' tiepido: certo, Spiderman: Miles Morales può essere un buon antipasto e il remake di Demon's Souls resta una gioia per gli occhi ma è chiaro che le potenzialità vere di tutto questo le vedremo con il tempo da ambo le parti. Ciononostante, in questo panorama che muove i primi passi tra ray tracing, feedback aptico, quick resume e caricamenti lampo, un altro titolo fa capolino riproponendosi non in qualità di restyling bensì come vero e proprio remake: stiamo parlando di Observer: System Redux, la versione next gen del thriller distopico sviluppato da Bloober Team (dai quali aspettiamo The Medium, rimandato al prossimo anno) nonché teatro per la prima esperienza del compianto Rutger Hauer in un videogioco. A tal proposito, vi rimandiamo al dietro le quinte di tre anni fa, che vale sempre la pena guardare.
Di per sé, il titolo non ha subito grosse modifiche strutturali, andando quindi a raccontare la stessa storia del 2017 con l'aggiunta giusto di tre missioni secondarie che approfondiscono ancora un po' il mondo di gioco e i suoi chiaroscuri. La vera rivoluzione risiede nel comparto tecnico, che è la ragione per cui Observer: System Redux può essere considerato un remake a tutti gli effetti: c'è l'adorato ray tracing, le animazioni e i modelli poligonali sono stati completamente ridisegnati, si è lavorato molto a livello visivo per restituire ambientazioni più realistiche... insomma, non è il classico compitino e questa recensione è qui per evidenziarne le migliorie. L'abbiamo giocato su Xbox Series X, dunque ci riserviamo per quanto riguarda impressioni sul feedback aptico del DualSense di PS5, ma alla fine sarebbe solo un (gradito) valore aggiunto a un gioco che mette i mostra i suoi nuovi muscoli fin dai primissimi minuti dell'indagine.
La trama
Come accennato, Observer: System Redux non rivisita la trama originale, che rimane inalterata a dispetto delle tre inedite missioni secondarie: siamo nell'anno 2084, un futuro ancora ben lontano dal nostro che tuttavia è altrettanto lungi dall'essere roseo. La tecnologia ha compiuto passi da gigante, permettendo le consuete evoluzioni che qualunque appassionato di cyberpunk ben conosce ma portando con sé un'orrenda piaga digitale nota come nanofagia. È la conseguenza di un glitch che può occorrere negli innesti tecnologici, portando l'infetto a sperimentare febbre, deliri, malori e perdita dell'autocontrollo, alla quale segue morte sicura dell'ospite e di chi, eventualmente, potrebbe esserne venuto a contatto (pensiamo ad esempio a dei condomini) per evitare che si diffonda. Quando si dice che la cura è - forse - peggiore della malattia. Ad ogni modo, sono migliaia le vittime mietute da questo morbo cybernetico e se consideriamo che in questo futuro distopico sono poche le persone che non hanno almeno un innesto, va da sé la gravità della situazione.
Come se questo non bastasse, è imperversata una guerra che ha decimato e spezzato tanto l'est quanto l'ovest, portando al collasso completo di ogni forma di potere, riducendo il tutto a società autogestite che hanno fondato il loro dominio solamente sulla corruzione. Alla gente non è rimasto più niente e i sopravvissuti si sono abbandonati alla droga, alla realtà virtuale in cui vivere un mondo migliore e alla perdita dell'identità, non riuscendo più a distinguere il confine tra essere umano, macchina, in certi casi persino animale. Ciascuno appartiene alla fascia sociale attribuitagli a priori (non serve dire che scalare i ranghi è davvero impegnativo), mentre le corporazioni si dilettano con il potere facendo il bello e il cattivo tempo sulle città; nel nostro caso, Cracovia.
In questo panorama ricco di speranza e positività, noi siamo l'ennesimo tassello del marcio che corrompe quanto rimane della società: siamo la personificazione delle paure della gente, perché sa che da noi non si può nascondere. Qualunque segreto possa avere, lo prendiamo e lo mettiamo a nudo, pronti a utilizzarlo contro di loro qualora dovesse servire nelle nostre indagini di detective neurale d'élite: siamo un Osservatore e non esiste ricordo né pensiero che possa sfuggirci. Interpretato da Rutger Hauer, Daniel Lazarski si ritroverà alle prese con un misterioso assassino dopo avere ricevuto un'allarmante chiamata dal figlio Adam, che non sentiva da tempo. La trama di per sé è coinvolgente, sebbene le fasi del Mangiasogni (riepilogheremo fra poco) risultino a tratti troppo visionarie e oniriche, spingendoci spesso a brancolare con la speranza che si concludano presto oppure diano i loro frutti. Nondimeno, come ogni gioco che mette sul piatto l'universo cyberpunk si apre a questioni etiche sulle quali vale sempre la pena interrogarsi: il confine tra uomo e macchina, gli eventuali benefici a cui possono portare gli innesti, l'assuefazione che deriva dal superare i propri limiti e via discorrendo, in un vortice di sfumature che dà al lavoro di Bloober Team quella spinta in più rispetto ai titoli marcatamente horror che hanno preceduto Observer: System Redux. Sebbene anche in questo caso l'orrore sia dietro l'angolo.
Il gameplay
Nulla è cambiato dal 2017 ma per chi non l'avesse giocato, o non lo conoscesse affatto, Observer: System Redux segue il filone già tracciato dai precedenti titoli di Bloober Team: è un'esperienza in prima persona a cavallo fra thriller e horror, nel corso della quale l'interazione con l'ambiente sarà al solo scopo di cercare indizi per la nostra indagine intervallando i due tipi di visione a disposizione del protagonista: scanner e biologica, utilizzati rispettivamente per analizzare dispositivi elettronici e tracce biologiche come sangue o lesioni sui cadaveri nei quali incapperemo. In alcuni casi saremo invece spinti a usare il Mangiasogni, un dispositivo che hackera la mente dei morti e dei morituri per rivivere i loro ultimi momenti di vita e sondare le loro paure, le loro ossessioni, alla ricerca dell'indizio che ci avvicinerà un passo di più all'assassino. Non è un sistema privo di rischi per la nostra stessa sanità mentale e nel corso del gioco ci capiterà di dovere affrontare sessioni di stealth per sfuggire alla sinistra creatura che infesta gli incubi di Daniel. Se ricordate l'originale, si trattava senza dubbio della parte più frustrante a causa di una rigidità nel gameplay e nelle meccaniche, che troppo spesso si risolvevano in una schermata di game over: in Observer: System Redux si percepisce un margine di manovra più elastico e permissivo, non più basato sull'ossessiva ricerca dell'esecuzione perfetta.
Inoltre le stesse fasi di hacking sono state alleggerite, privandole della necessaria conoscenza del mondo di gioco e riducendole piuttosto a dei semplici minigiochi in cui occorre memorizzare i numeri immobili in uno schema in continuo movimento. Per chi l'ha già giocato potrebbe risultare meno appagante, magari persino ingiusto dopo essersi impegnato tanto per risolverli nell'originale, ma va detto che il livello di sfida generale non è mai stato eccessivo e si può perdonare questa modifica fatta in virtù della fluidità di trama. Allo stesso modo i vari interrogatori neurali sono più brevi e meno invadenti, sempre con l'obiettivo di mantenere il giocatore concentrato sul mondo di gioco e non farlo perdere in un loop di gameplay troppo visionario. Insomma, è vero che come abbiamo scritto l'esperienza rimane strutturalmente invariata ma ci sono stati dei piccoli ritocchi che vanno senza dubbio a favore del remake. Unico appunto, avremmo grafito che l'interazione con il mondo di gioco risultasse a sua volta più naturale poiché è ancora goffa come nell'originale e, molto spesso, ci siamo trovati a muoverci avanti, indietro, a destra e a sinistra prima di trovare la giusta posizione per esaminare un oggetto. Non è un difetto da semaforo rosso ma insomma, sorprende che nella cura messa in atto per alcuni aspetti gli sviluppatori abbiano scordato questa. La parte migliore però, l'abbiamo scritto, è quella tecnica.
Aria di next gen
La prima cosa che noterete non appena si sarà conclusa la sequenza iniziale è lo straordinario lavoro svolto in termini di illuminazione: senza troppi mezzi termini, e vi sarà capitato di notarlo nei video comparativi, il remake fa sembrare l'originale quasi all'età della pietra. Non vogliamo sminuire il lavoro del 2017 ma uno dei difetti riscontrati nell'allora recensione erano proprio gli alti e bassi tecnici. Qui sono spazzati via a cominciare dalle luci, che restituiscono l'atmosfera da tipica città cybperunk distopica nel modo migliore in assoluto per un titolo che è comunque il rifacimento di uno molto recente. Niente più limitazioni hardware, ci troviamo ora di fronte a una Cracovia che pur nelle sue ambientazioni contenute ci viene mostrate per quella che è: una città decimata dalla malattia, dalla guerra, dove la gente ha perso le speranze e spesso si stringe disperatamente a una non vita fatta di illusioni e droghe, dove i chiaroscuri di un vicolo malfamato sembrano strisciarci sotto pelle per trasmetterci la stessa sensazione di decadenza.
Dopo essere rimasti a guardare il riflesso dell'insegna del tatuatore in una pozzanghera di fronte allo studio, ci siamo rigirati più volte tra le mani le ID metalizzate trovate nel corso del gioco, affascinati dai riflessi e dai giochi di luce perfetti nella resa del materiale - potrà sembrare un dettaglio da poco conto, una banale tessera identificativa messa a confronto con il resto dell'ambientazione ma si dice spesso che il diavolo è nei dettagli. Observer: System Redux fa un ottimo lavoro nel riflettere l'atmosfera della sua Cracovia, dallo squallore dei recessi più bui del condominio ai volti butterati e devastati dal tempo dei modelli dei personaggi. Lo stesso Rutger Hauer, ad esempio, ora sembra un uomo inquieto, stanco, sciupato dal mondo in cui vive il suo alter ego, valorizzando in modo ancora più deciso una recitazione che da sola costruisce più della metà del gioco. Insomma, siamo davanti a migliorie tangibili che forse non ci riempiono fino in fondo lo sguardo della tanto decantata next gen ma si comportano più che bene nel ridare lustro a un gioco le cui pecche principali erano proprio queste.
Conclusioni
Observer: System Redux è uno straordinario lavoro di rifinitura che fa un ottimo uso delle potenzialità next gen per ridare lustro a un gioco le cui lacune erano, soprattutto, tecniche. Grazie a modelli poligonali e animazioni ridisegnati da zero, un sistema di illuminazione che sfrutta soluzioni volumetriche e global illumination per restituirci una Cracovia nella sua piena decadenza, nonché un ray tracing che ci ha lasciati affascinati a guardare persino le piccole cose, Bloober Team rimette sul campo un'esperienza che vale la pena giocare - o anche rigiocare se considerate le tre nuove missioni inedite. Lato gameplay sono state apportate leggere modifiche per migliorare la qualità della vita, anche queste sensibili e molto gradite, sebbene resti ancora un po' di goffaggine nell'interazione con il mondo di gioco. Per il resto è lo stesso gioco del 2017, con un compianto Rutger Hauer valorizzato ancora di più dalle soluzioni adottate e che da solo vale tutto l'acquisto.
PRO
- Migliorie next gen sensibili allo sguardo
- Il sistema di indagine è molto interessante
- Atmosfera e Rutger Hauer ancora più valorizzati
- Piccole ma evidenti modifiche atte a snellire il gameplay
CONTRO
- Livello di sfida sempre nella media
- La storia a volte scivola troppo nel visionario
- Interazione con il mondo di gioco sempre goffa