La serie Oddworld ha in qualche modo segnato tante giornate dei possessori della prima gloriosa PlayStation. Presente anche in diverse forme all'interno del famoso disco Demo quando si acquistava la console, il puzzle game platformer dei ragazzi di Oddworld Inhabitants ha fatto scuola, seppur venendo dimenticato nel tempo dal grande pubblico.
La storia del franchise, che a breve dovrebbe deliziarci con un nuovo capitolo sulla falsariga dei primi originali a scorrimento orizzontale, ha nel corso degli anni toccato svariati generi, con i proverbiali alti e bassi. Quasi vent'anni fa arrivava sul mercato, prima in esclusiva per Xbox e poi pian piano disponibile ovunque, il terzo capitolo della saga, che per la prima volta abbracciava anche la terza dimensione. Oggi Oddworld: Munch's Oddysee debutta anche su Nintendo Switch, a qualche mese di distanza dal porting dell'altro capitolo atipico della serie: Stanger's Wrath.
Non solo Abe
Chiunque abbia giocato i primi due capitoli sa bene quante peripezie il nostro flatulento Abe ha dovuto affrontare per fuggire dalla schiavitù e salvare tanti suoi simili. Colmo di carisma e con una spiccata leadership, l'avventura dell'alieno meditante arriva con il terzo capitolo ad una svolta.
Ormai all'esterno della struttura e a affiancato dal compagno Munch, i due si trovano nuovamente alle prese con puzzle, nemici volenterosi di ucciderli e tanto, tanto sottile umorismo. Nonostante Abe e Munch uniscano le forze, i due parlano lingue profondamente differenti, così come differenti solo i loro mezzi, elemento che permette al gioco di raggiungere una discreta varietà per quanto concerne le situazioni.
Nel corso della campagna, della durata di una decina di ore, avrete modo di vivere tante delle situazioni grottesche e buffe care alla serie, non riuscendo però mai a toccare le vette dei primi due indimenticabili capitoli. Ciò che risulta meno amalgamato non è tanto la narrazione, quanto l'incapacità di provare la giusta empatia nei confronti dei propri assistiti, questo a causa di un livello di difficoltà drasticamente ridotto.
La volontà di avvicinare la serie ad un pubblico più ampio e forse la paura di non riuscire a trovare il giusto compromesso tra il gameplay classico e quello totalmente 3D, ha comportato un difficile bilanciamento.
Un gameplay riuscito a metà
Già al tempo della sua uscita Munch's Oddysee non era stato in grado di riscuotere il grande successo dei precedessori. Certamente l'uscita in esclusiva su di una console agli albori del suo percorso non ha giovato al titolo, ma è indubbio che il passaggio al 3D ha incrinato qualcosa all'interno di una macchina perfetta.
Oltre alla problematica già affrontata del grado di sfida fortemente diminuito, è proprio il level design e la pochezza degli ambienti a colpire in negativo. Da questo punto di vista il porting su Nintendo Switch non aiuta, rendendo si fruibile, fluida e piacevole l'esperienza, ma non ammodernando nulla delle già vecchie meccaniche del tempo.
D'altronde parliamo di un'opera che ha vissuto drasticamente il passaggio alla terza dimensione e che, come buona parte dei suoi consanguinei dell'epoca, si è scontrato con una tecnologia ancora acerba. Le fasi di platforming e la liberazione dei propri compagni non sono sufficienti a nascondere sotto allo zerbino una serie di brutture di design che rendono Munch's Oddysee il capitolo meno riuscito della saga, oltre che il più ripetitivo.
A suo favore è certamente possibile citare un ancor più rifinito sistema "gamespeak", che rappresentava una rivoluzione al tempo del capostipite e che ancora oggi è alla base di buona parte delle meccaniche di comunicazione con i propri compagni gestiti dall'intelligenza artificiale. In buona sostanza si tratta di uno schema di comando che è possibile utilizzare per impartire ordini o per comunicare, rendendo così più immersivo il lavoro di reclutamento e salvataggio, ma anche donando al giocatore una gestione tutt'altro che ridicola delle routine, se si pensa che stiamo parlando di vent'anni fa. Anche questa meccanica, seppur riuscita, crolla inesorabilmente di fronte ad enigmi ridicolmente semplici rispetto al passato, che non fanno che trasformare la campagna in una scampagnata amichevole, piuttosto che nell'incubo vissuto in due dimensioni.
A chiudere un cerchio non esattamente esaltante e dedicato davvero solo ai grandissimi appassionati, ci pensa un adattamento tecnico senza infamia e senza lode, che nulla in più dona al titolo originale e che poco guadagna anche dalle feature dell'ammiraglia di Nintendo. Ci sarebbe piaciuto vedere qualche sforzo in più, cercando di svecchiare un pizzico una formula stantia e davvero poco appetibile per il 2020. Non vi è dubbio che, con tutte le proporzioni del caso, il consiglio a chi è orfano di Abe e dei suoi compagni sia quello di giocare al remake del primo New 'n' Tasty, ricordando così per quale motivo questa serie è così importante per una certa nicchia di appassionati.
Conclusioni
Oddworld: Munch's Oddysee non è un brutto videogioco. Mantiene la sua dignità e la fedeltà a se stesso, ma si tratta onestamente di uno di quei casi di morte cerebrale per le quali sarebbe giusto solo staccare la spina. A meno di essere un appassionato in preda alle convulsioni, ci risulta difficile pensare di consigliare a cuor leggere un gioco invecchiato male e anche poco riuscito rispetto ai suoi diretti predecessori. Sarebbe ingiusto nei suoi confronti abbassare ancor di più il voto per l'età e l'importanza, ma fate bene i vostri conti e avvicinatevi solo se ben preparati, magari anche in inglese vista la totale mancanza di un adattamento italiano per giunta già esistente da anni.
PRO
- Abe ha un carisma irreplicabile
- Il sistema GameSpeak è sempre un gioiello
- Le situazioni al limite dell'assurdo
CONTRO
- Tecnicamente vecchio
- Gameplay stanco
- Gioco fuori dal tempo