Nei videogiochi non c'è abbastanza metallo. Ok, il metal non è propriamente musica per tutte le orecchie, e se possedete timpani delicati capaci di tollerare solo la sigla di apertura degli Orsetti del Cuore (o la trap) vi comprendiamo... davvero... noi però ogni tanto abbiamo bisogno di un po' di sano, monolitico und cattivissimo metal nei nostri videogame, perché i suoni possenti delle sue chitarre e i testi urlati che spingono al pogo violento sembrano fatti apposta per i giochi d'azione, meglio ancora se sparatutto. Chiedete agli sviluppatori dell'ultimo Doom se con i Backstreet Boys in sottofondo ammazzare demoni avrebbe avuto lo stesso effetto, o provate a immaginare un Brutal Legend nel magico mondo del pop commerciale: quel genere di potenza visiva semplicemente non funziona se non la si accompagna con un po' di glorioso metallo. Il barbuto Andrew Gilmore sembra aver compreso questa regola aurea, e dopo aver creato il passabile Slain (e averlo in seguito migliorato sensibilmente con l'edizione Back From Hell) ha deciso di portare avanti il suo universo, fatto di chitarre tonanti, headbanging, mostri orribili e viaggi spaziali con Valfaris, di cui leggete la recensione, uno sparatutto a scorrimento cazzuto oltre ogni ragionevole giustificazione.
Alla colonna sonora del gioco c'è Curt Victor Bryant - ex chitarrista dei Celtic Frost - e accompagnati dai suoi riff brutali vestirete i panni di Therion, un furioso misto tra un metallaro e uno space marine, desideroso di eliminare il suo orrido padre: una sorta di lord galattico dagli intenti poco amichevoli chiamato Vroll. Interessati? Fate bene, perché questo titolo è una vera sorpresa.
Prima spara, poi pensaci
Valfaris è, curiosamente, proprio una sorta di seguito diretto di Slain, che si ricollega direttamente agli eventi di quell'action, e delinea con maggior precisione il mondo congegnato dagli Steel Mantis. Questo non significa che sia il caso di aspettarsi una trama particolarmente approfondita dalle scorribande di Therion: il gioco è uno shooter puro fino al midollo, dove i dialoghi si limitano a qualche miserevole riquadro di testo, e l'anima della produzione è senza ombra di dubbio il gameplay. Riteniamo comunque sacrosanto un elogio a Gilmore e compagnia per quanto riguarda il background, perché, seppur deboluccio dal punto di vista narrativo, il loro immaginario risulta quanto mai suggestivo, e il pianeta Valfaris (da quello prende il nome il gioco) racchiude un quantitativo impressionante di biomi e ambienti che sembrano presi di peso dai peggiori incubi di Frank Frazetta ed emuli.
In tutta sincerità dobbiamo ammettere che, almeno inizialmente, il forte collegamento con Slain ci aveva preoccupato non poco. Back From Hell migliorava indubbiamente l'opera prima di Andrew, ma nel complesso si trattava comunque di un titolo con mancanze piuttosto marcate, capace di distinguersi dalla massa più per la sua vicinanza al genere musicale tanto elogiato nell'intro che per le sue effettive qualità. Valfaris è tuttavia una bestia di ben altra razza, e qui gli Steel Mantis (l'altro membro principale è Thomas Jenns, a cui si deve principalmente il coding) hanno veramente dato il meglio, usando alla perfezione tutti gli stilemi dei grandi classici dello stesso genere, ma evitando una sudditanza potenzialmente pericolosa.
Skill uber alles
Crediamo sia il caso di spiegarci meglio: prendete ad esempio l'ottimo Blazing Chrome, che è stato recentemente capace di riportare nelle case il gameplay di Contra, ricalcando con fedeltà quasi totale le caratteristiche migliori di quella storica serie. Ecco, Valfaris si ispira sicuramente a classici come quelli o come Turrican, ma lo fa mettendo in campo un proprio ritmo, meccaniche più affinate, e un design dei livelli di varietà impressionante, che porta il giocatore a cambiare approcci costantemente, e non abusa dei suoi espedienti abbastanza a lungo da stancare. Qui avrete a che fare con trappole elettriche mortali, orde di nemici da eliminare il più rapidamente possibile, quadri da percorrere attaccati a enormi vermi in movimento, fasi platform rese ostiche da soldati che vi prendono di mira e torrette laser, e persino spezzoni a bordo di enormi mech armati fino ai denti. Davvero improbabile che l'adrenalina cali, tra una fase e quella successiva.
Se le meccaniche fondamentali non fossero solide, tuttavia, tanto ben di dio verrebbe gettato al vento, ed è quindi con grande gioia che vi riconfermiamo la loro granitica tenuta, legata a uno shooting preciso, responsivo oltre ogni limite, e strettamente collegato a un sistema di sviluppo che premia il coraggio. Nel gioco, difatti, non mancano certo gli strumenti di morte, e Therion trova continuamente nuovi gingilli, che possono sostituire la sua pistola d'ordinanza, la sua spada infuocata, o semplicemente coprire il ruolo dell'arma pesante. Tutte queste armi possono però venire potenziate con del metallo di sangue, che va trovato vagando per i livelli o sacrificando idoli della resurrezione a delle speciali colonne. Questi idoli, giustamente, servono anche per salvare la partita a dei checkpoint specifici dove Therion può potenziarsi, dunque per perfezionare a dovere tutte le bocche da fuoco (e anche le sue statistiche, visto che aumentano col numero di idoli ottenuti) si è costretti a ignorare la maggioranza dei checkpoint e a sopravvivere il più a lungo possibile. Compito prevedibilmente tutt'altro che facile.
Valfaris è quindi tutto bilanciato attorno alle capacità di chi lo affronta: affidarsi ai checkpoint permette di studiare più facilmente fasi di battaglia per lo più brevi, ma estremamente intense e ricche di nemici aggressivi dai pattern variabili, laddove un giocatore dai riflessi particolarmente pronti correrà molti più rischi di scontro in scontro, ottenendo benefici notevoli nelle fasi finali della campagna. Ci sembra un sistema sensato (anche se hardcore fino al midollo, visto che penalizza i giocatori meno abili) e capace di aumentare ancor di più la tensione generale, portando a riaffrontare la campagna più volte e a migliorarsi costantemente di partita in partita. Insomma, è con questa trovata che Valfaris cerca di aumentare la sua rigiocabilità, perché al di fuori di un paio di boss non ispiratissimi e di qualche leggero sbilanciamento tra le armi, l'unica vera mancanza di questo sparatutto risiede nella sua limitata longevità, che si attesta tra le 4 e le 6 ore (ma un giocatore davvero abile può finirlo anche in meno di due).
Poco da recriminare comunque, perché le nostre lodi sperticate alla giocabilità di quest'opera non sono scritte a caso, e se da una parte è vero che il titolo offre una mobilità limitata e uno shooting costruito attorno all'enorme varietà di raggio e potenza delle armi disponibili, dall'altra a queste meccaniche affianca uno scudo energetico in grado di eseguire parate perfette e respingere i proiettili nemici, e la necessità di bilanciare il consumo di energia tra l'uso delle armi pesanti (ovviamente più efficienti delle pistole disponibili) e quello della barriera appena citata. Il fatto che gli attacchi corpo a corpo con la spada permettano di recuperare energia non è che la ciliegina di una torta magnificamente equilibrata, che a nostro parere rasenta la perfezione in questo ormai scarsamente popoloso sottogenere.
Conclusioni
Non fatevi ingannare dal look retrò di Valfaris, o dal suo gameplay apparentemente semplicistico: questo titolo ricattura lo spirito dei grandi shooter a scorrimento del passato, e lo rende proprio sacrificandolo sull'altare del dio metallo. Gli Steel Mantis hanno creato uno sparatutto che qualunque appassionato dovrebbe provare, ma attenzione: vi farà davvero tanto male, come giusto che sia.
PRO
- Shooting impeccabile, e meccaniche rifinite
- Varietà notevolissima nel level design e nei boss
- Metal fino al midollo
CONTRO
- Breve, specialmente per chi è piuttosto abile