Visitiamo il Serengeti National Park
Oggi il Serengeti National Park, la Ngorongoro Conservation Area e la Maasai Mara Game Reserve, che si estendono a perdita d’occhio lungo i confini del Kenya, proteggono la più varia e vasta collezione di animali selvaggi dell’intero ecosistema mondiale e contribuiscono a mantenere pressoché intatto uno dei più articolati sistemi migratori in atto sul nostro pianeta.
Non si può aver timore di sbagliare nel definire il Serengeti il gioiello della corona fra le aree protette della Tanzania. Aree che tutte assieme raccolgono il 14% dell’intero territorio nazionale: un primato di rispetto per la natura, questo, con cui ben poche altre nazioni potrebbero rapportarsi.
Il Serengeti è anche, e soprattutto, per quanto ci riguarda, il parco nazionale scelto da Super X Studios per ambientare il loro Wild Earth: Africa, presentato come realistica simulazione dell’ambiente e della vita animale africana in grado di incoraggiare, oltre che divertire, ad approfondire i propri interessi nella conservazione del patrimonio naturale, nell’ecologia, nell’amore per il viaggio e per la vita selvaggia.
Sotto l’egida dell’IGDA (International Game Developers Association) il prodotto che abbiamo avuto il piacere di recensire ha fatto incetta di diversi premi nel suo lungo percorso verso l’effettiva pubblicazione e culminato dopo ben due anni e mezzo di sviluppo sui nostri monitor.
Primo fra tutti il Grand Prize all’Independent Games Festival del 2003.
L'insostenibile leggerezza della fotografia
E’ fuor di dubbio che di tutto il lavoro svolto in questi mesi il 90% almeno sia stato dedicato al tentativo di ricreare la suggestiva atmosfera che infonde di sé la spettacolare natura africana.
Già dalle musiche introduttive e di accompagnamento gli echi di quella terra lontana si fanno voce discreta ma suadente, i ritmi tribali coinvolgono e affascinano mentre col puntatore del mouse ci destreggiamo fra le pochissime opzioni a disposizione.
Immediatezza. E’ questa la parola d’ordine che deve aver guidato il team di sviluppo nella definizione del cuore di WEA, con il solo obiettivo di non far nemmeno balenare nella mente del giocatore di stare osservando un vero e proprio paradiso mediato dal misero monitor di un personal computer.
L'insostenibile leggerezza della fotografia
I controlli di gioco infatti si imparano durante i primi 15 secondi, quando, accettato il primo incarico, la giornalista che ci accompagnerà con la sua voce durante le diverse fasi di gioco fa la sua comparsa (solo sonora, non la si vedrà mai...) e ci spiega quali sono i nostri obiettivi e i mezzi per raggiungerli.
Siamo fotografi. Sullo stile National Geographic per intenderci...e, incredibile, siamo in Tanzania per scattare delle foto.
Avanti, indietro, destra, sinistra, zoom e click.
E’ tutto qui: dovremo semplicemente cercare di fotografare i soggetti che mano a mano lungo il prosieguo della missione ci verranno indicati: alberi, piante, fenomeni naturali, paesaggi, ma soprattutto animali e il loro comportamento.
Zero difficoltà, massima soddisfazione
Abbiamo trovato il livello di difficoltà radente lo zero assoluto.
Gli incarichi saranno da svolgersi in ordine strettamente cronologico, gli obiettivi primari minimi da raggiungere non hanno tempo limite mentre quelli secondari si trovano ad una manciata di metri da quello principale.
Una specie di barra di energia, sotto forma di indicatore del livello di interferenza con l’ecosistema, è l’unico freno al nostro scorrazzare liberamente tra le fauci di un leone e le zanne di un ghepardo.
In ogni caso gli animali, per quanto feroci, non possono nuocerci in alcun modo e, per ripristinare il livello d’energia sopra la soglia di sicurezza, sarà sufficiente centrare un paio di obiettivi secondari senza troppo sforzo.
E allora, alla luce di tutto questo, perché avremmo anticipato WEA come una piacevole sorpresa? Ebbene, WEA è un gioco educativo-contemplativo di rara bellezza.
Con tutti i filtri attivati è un vero piacere per gli occhi. Se non sono i paesaggi a stupire (avremmo apprezzato più cura nel dipingere i cieli d’Africa e nel caratterizzare con piglio più deciso le asperità del terreno), bisogna riconoscere che i modelli degli animali hanno un che di realistico e poetico allo stesso tempo.
Elefanti, ippopotami, giraffe, coccodrilli, avvoltoi, struzzi, fenicotteri (fateci sapere se non vi scorrerà un brivido lungo la schiena quando, nel livello del tour fotografico in elicottero, vi troverete ad assistere al decollo e al volo di uno stormo di questi ultimi dall’interno...) e chi più ne ha più ne metta...
Zero difficoltà, massima soddisfazione
Tutto il loro agire è scriptato all’inverosimile e questo abbasserà moltissimo la possibilità di giocare nuovamente WEA una volta completato.
In altre parole, vi troverete di fronte ad un documentario interattivo dove ad ogni vostra foto corrisponderà un commento della giornalista e di un imprecisato naturalista, vostri compagni di viaggio, che solerti vi spiegheranno il motivo di alcuni eccentrici comportamenti dei più strani animali, porranno l’accento sulle loro diverse abitudini e vi descriveranno, spesso in modo irriverente, il loro vivere con rara sagacia mista a leggerezza.
Il dolce far niente
Lasciando perdere la nostra mente malata che registra sempre e solo chicche di questo genere, bisogna riconoscere che WEA centra perfettamente il suo obiettivo.
Bello, evocativo, rasserenante: un titolo che pone attenzione più sull’esperire e il conoscere che sull’agire.
Certo, noi siamo di Multiplayer.it, giochiamo a Gears of War, World of WarCraft e Command & Conquer.
Quantomeno avremmo gradito che fosse necessaria un minimo di strategia per conquistare le foto più ardite di una sessione felina di caccia oppure che ci fosse uno scarto di valorizzazione delle immagini archiviate a seconda delle caratteristiche delle foto scattate.
Il dolce far niente
Centrare bene l’obiettivo in camera, cogliere una sfumatura piuttosto che un’altra dell’intimità di un animale, essere premiati per aver impressionato sulla pellicola soggetti particolarmente rari (vedi il sistema di punteggio attribuito alle foto in giochi come Dead Rising per Xbox 360) avrebbero dovuto essere determinanti per un completamento decoroso dell’incarico.
Molto carina invece, seppur realizzata con approssimazione, l’idea di integrare le foto scattate in ogni livello con un simil-articolo, formato web e visualizzabile a mezzo browser predefinito, che approfondisce gli argomenti immortalati oltre ad indicare vari link per chi ne vuole sapere davvero di più.
Requisiti di Sistema
Requisiti Minimi:
- Processore: 1 GHz CPU
- RAM: 256 MB
- Scheda Video: 3D 32 MB DirectX 9.0-compatibile
- Spazio su disco: 1 GB
- Processore: Intel Pentium 4 3,4 GHz HT
- RAM: 1 GB
- Scheda Video: ATI-RADEON 9700 Mobile
Conclusioni
Insomma, un gioco delizioso ma incompleto rivolto non certo agli hard-core gamers bensì a tutti coloro che godono ancora di fronte al grande miracolo della vita, alle attenzioni innate di una mamma per i suoi cuccioli e che soffrono per l’ennesimo uovo sottratto al proprio nido da quelle insopportabili iene (è dai tempi del Re Leone che le adoriamo, noi).
Aggiungete pure un punto percentuale al voto per ogni anno che vi manca a raggiungere l’età legale per avere il motorino: giocando WEA imparerete un sacco di cose nuove e interessanti e la vostra fantasia viaggerà oltre l’equatore fino a quel continente nero, tanto lontano, che è stato a suo tempo la culla della vita ed è ora la tavolozza di colori di inestimabile bellezza prediletta dagli dei.
Pro
- Modelli degli animali eccellenti, come molti dei loro movimenti
- Atmosfera “toccante” ricreata ad arte
- La possibilità di sapere di più sui nostri cari vecchi amici: il pangolino, la procavia e lo zorilla!
- Semplicità di gioco disarmante e sfida ridotta a zero
- Scenari scriptati come raramente ci è capitato di vedere
- Linearità e scarsissima varietà degli obiettivi
Visitiamo il Serengeti National Park
Gli unici esseri viventi che sembrano intimamente appartenervi sono gli Animali Selvaggi. E’ come se fra gli animali dell’Africa sia emersa una consapevolezza che gli esseri umani non hanno ancora raggiunto.
Laurens van der Post, Venture to the Interior, 1963