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Alle prese con la formula perfetta

Dal primo rivoluzionario Diablo fino ad un terzo capitolo in sospeso tra il bisogno di innovare e l'impossibilità di stravolgere una formula vincente

SPECIALE di Mattia Armani   —   23/03/2012
Diablo III
Diablo III
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Nel lontano 1996 Diablo piombò nel pianeta dei videogiocatori con una demo, una discesa di quattro piani attraverso le catacombe di una chiesa abbandonata. Poco, ma abbastanza per incontrare il Butcher e King Leoric e per capire la potenza di quell'atmosfera per quanto fosse relegata a pochi metri di spazio in isometrica.

Alle prese con la formula perfetta

Poi il mondo di Diablo è esploso nel secondo capitolo. Dalla discesa nelle profondità sotto una piccola cittadina gli orizzonti si sono espansi a tutto Sanctuary consentendoci di inseguire i fratelli Diablo per le terre delle amazzoni, attraverso nuove catacombe, di corsa per corridoi sospesi in spazi interdimensionali e poi, con Lord of Destruction, lungo le pendici del monte Arreat fino a Baal e alla pietra del mondo. Poi un'esplosione, ancora una volta l'illusione di avere vinto e ancora una volta invece il passaggio verso un mondo ancora più oscuro, con un'invasione demoniaca di tale portata da mettere paura agli dei stessi. Ovviamente il compito di salvare quella poca umanità rimasta in piedi spetterà ancora una volta a noi e ancora una volta avremo bisogno di angeli, di compagni e di artefatti per arginare il male che sembra sempre più forte nonostante le apparenti vittorie del passato. La prima volta la nostra missione ci ha condotto sotto terra, la seconda volta ci siamo diretti sempre verso est. Chissà dove ci porterà questo terzo viaggio nell'incubo.

La macchina del farming

Il mondo di Diablo si è arricchito notevolmente grazie alla cura di Blizzard per gli universi che crea. Ma come è cambiata l'esperienza? Le skill libere del primo, e il gameplay isometrico rigido, hanno lasciato spazio a personaggi più specializzati ma anche più ricchi di possibilità. Nel secondo capitolo sono state poi introdotte le rune, le gemme, gli incavi e gli charm per consentire sempre di incrementare l'efficacia anche della Buriza perfetta o del set più potente.

Alle prese con la formula perfetta

Importanti poi le skill passive, fin troppo, con decine di paladini hammerdin lasciati in automatico a trascinare schiere di giocatori verso il novantanovesimo livello. Il farming libero del primo capitolo, con le stesse skill da trovare tomo dopo tomo nelle profondità della terra, è stato infatti sostituito dalle ripetute corse verso i boss per raccogliere quegli oggetti che solo quel determinato mostro finale poteva fornirci. Dalle prime run basate sulla skill, Diablo II si è quindi trasformato in una macchina del farming con tonnellate di build da testare e migliaia di oggetti da raccogliere con la speranza di trovare quello con la percentuale perfetta. Decine di run per un solo punto in più con Pindleskin, Mephisto e Baal a fare da cavie di una fabbrica dei personaggi capace di attirare milioni e milioni di giocatori. Un titolo basato dunque su due anime distinte. Un inizio pregno di trama, un prosieguo basato sulla skill e una lunga coda che si è sostenuta sul numero di oggetti e di combinazioni possibili per l'equipaggiamento. Con il terzo capitolo la struttura cambia e dalle sei macroquest ne nascono decine. Più numerose anche le quest secondarie con tanto di eventi random come la Jar of Souls della beta. Alcune cose invece restano invariate anche se dopo essere passate attraverso diverse sperimentazioni come è accaduto per le caratteristiche. Inizialmente infatti, in rotta con in passato, la beta di Diablo III includeva anche le voci Difesa, Attacco e Precisione come attributi indipendenti. Ma con un corposo update la beta Blizzard è ritornata nel passato, in stile Diablo II, trasformando Difesa, Attacco e Precisione in Armatura, Resistenza Fisica e collegandoli alle caratteristiche principali come succede per il danno.

Alle prese con la formula perfetta

Personaggi standard, build imprevedibili

Mentre il movimento e l'esplorazione sono rimasti praticamente invariati rispetto al passato, i cambiamenti alla struttura dei personaggi sono radicali e cambiano il funzionamento delle skill. Attualmente queste non consentono avanzamenti, al contrario di quanto accadeva nei capitoli precedenti, ma possono essere alterate con le rune e questo significa un rapido cambio di gameplay a seconda delle modifiche "installate". Il fatto che le skill vadano semplicemente sbloccate, con un massimo di 6 equipaggiabili in contemporanea significa inoltre una maggiore sensazione di crescita per ogni nuovo potere sbloccato, con i livelli del personaggio che, vista l'eliminazione dei punti, sono stati giustamente ridotti a 60. Questo, assieme al respec, ha convinto gli sviluppatori a implementare l'attribuzione automatica dei punti caratteristica guadagnati per livello. D'altronde la possibilità di effettuare un respec porterà comunque la stragrande maggioranza di giocatori verso configurazioni ottimali e per questo simili o addirittura identiche a seconda della classe, e questo rende l'attribuzione dei punti una caratteristica relativamente superflua. Ovviamente una perdita in termini di customizzazione del personaggio è inevitabile ma gli MMO ci hanno mostrato che è una formula pienamente funzionante. In ogni caso per bilanciare e ridare qualcosa alla customizzazione Blizzard ha separato le abilità passive dalle skill consentendo di "equipaggiarne" tre in contemporanea, ovviamente pescando da quelle sbloccate.

Alle prese con la formula perfetta

In Diablo III abbiamo dunque un totale di nove slot configurabili a piacimento il che, combinato con la possibilità per tutti i personaggi di indossare praticamente tutti gli oggetti del gioco, altera anche il gameplay consentendo maggiori possibilità di sperimentazione e soprattuto consentendo di fare tentativi a cuor leggero. In Diablo II infatti, con l'introduzione dei personaggi esclusivamente giocabili online, i giocatori hanno dovuto prima sperimentare le proprie build e poi condividerle in un lento processo evolutivo fatto di personaggi sbagliati, sperimentazioni offline e via dicendo. Ora tutto può essere cambiato al volo, in tempo reale, senza spese, senza ricorrere a editor e soprattutto senza dover accantonare o cancellare un personaggio mal riuscito solo per provare un nuovo stile di gioco. Questi sono poi differenziati marcatamente anche in base alla classe, con tanto di diverse energie da cui attingere, mentre a uniformarsi è la filosofia relativa all'incremento progressivo dei danni. Il danno inflitto delle abilità infatti cresce con il danno delle armi. Questo appiattisce un po' le cose ma rende universali molti oggetti incrementando così il potenziale di trovare loot utile per tutti i personaggi. Una scelta forse effettuata anche per aumentare il potenziale valore di una gran parte degli oggetti trovati, a prescindere dal prestigio o dalla potenza delle specifiche classi, in funzione dell'asta degli oggetti che in Diablo III rischia di far schizzare la febbre da farming verso lidi ancora sconosciuti.

Eravamo in quattro nella casa del demonio

Il multiplayer agonistico è sempre stato un elemento rilevante in Diablo ma non è mai stato supportato ufficialmente. Nel primo capitolo, che consentiva a tutti i giocatori di attaccarsi liberamente con tanto di playerkilling atroce, il combattimento tra giocatori vedeva l'arciere e il mago decisamente avvantaggiati sul guerriero ma questo, usando alcune spell, poteva avere qualche chance. Il tutto funzionava meglio in squadra, 2 contro 2, ma la scarsa varietà delle situazioni e un'invasione massiccia di cheat hanno smontato il lato agonistico. Nel secondo capitolo tra bilanciamenti e via dicendo i duelli hanno avuto vita più facile per quanto molti giocatori abbiano deciso di rimanere al di sotto del decimo livello per tenere il tutto più legato alla skill.

Alle prese con la formula perfetta

Con il terzo ci sono state promesse le arene, in stile World of Warcraft, con ambienti studiati apposta, build intercambiabili grazie al nuovo sistema di skill e maggiore organizzazione. Un cambiamento importante ma ancora avvolto nel limbo tanto che questa modalità arriverà successivamente al lancio a causa di problemi di bilanciamento. Escludendo il PvP, che probabilmente sarà profodamente diverso da come ci è stato presentato inizialmente, il numero massimo di personaggi in una partita è stato portato a quattro e questo significa che anche piccoli gruppi di amici potranno creare partite private capaci di dare il massimo di esperienza (nel secondo Diablo il numero di personaggi connessi incrementava la resistenza dei nemici e i punti esperienza guadagnati dai giocatori). In Diablo III la scelta di diminuire i giocatori, in totale controtendenza con le esperienze multiplayer odierne, è legata anche al fattore bilanciamento, con i mostri che sono finalmente capaci di difendersi e sono studiati per esaltare il cooperativo le cui meccaniche, in Diablo II, erano vincolate esclusivamente a danni ad area, immunità dei mostri e auree. Infatti pianificare le meccaniche per quattro giocatori apre la strada a interazioni ben più complesse, e questo senza il rischio che il grado di sfida sia inadeguato a causa delle difficoltà nel calcolare il potenziale di troppi giocatori.

L'evoluzione di una formula vincente

Le ultime modifiche a struttura e interfaccia hanno consentito un cambio decisamente radicale per i menù. Ora le statistiche del personaggio sono mostrate direttamente nella finestra dell'inventario. Questo elimina la necessità di avere due inventari aperti e semplifica notevolmente la valutazione dell'effetto sui nostri attributi dei diversi pezzi d'equipaggiamento. Oltre alla ripartizione equa dei loot Diablo III introduce anche altre facilitazioni per gli avventurieri. Si parte con il teleport automatico verso i compagni per arrivare alla divisione di oro ed esperienza senza limiti di spazio. Questo vuol dire che due giocatori possono pulire due zone contemporanteamente, magari mentre cercano un oggetto per le quest, senza perdere nulla.

Alle prese con la formula perfetta

Resta uguale la concezione dei loot. Per i gold ci si può ammazzare, gli oggetti bianchi non valgono la candela. D'altronde in Diablo III è già necessario tornare parecchie volte in città visto che l'inventario si riempe rapidamente tra loot resi disponibili per tutti i giocatori e la rimozione del Cauldron of Jordan e del Nephalem Cube. Se non altro tra l'introduzione della Stone of Recall e la possibilità di condividere gli oggetti con i propri personaggi tutto sarà più semplice e soprattutto non sarà necessario ricorrere al famigerato muling per avere enormi collezioni di oggetti. Si tratta ovviamente di una grossa evoluzione, soprattutto considerando che nel primo Diablo non esisteva nemmeno una cassa dove depositare i propri preziosi. Tra i cambiamenti introdotti da Diablo II e potenziati in Diablo III ci sono anche i compagni. Prima il follower era un personaggio tontolone con poche strategie ed equipaggiamento parziale. In Diablo III le possibilità di customizzazione crescono con quattro abilità da scegliere e diventano più robusti e quindi decisamente più utili. La scelta di potenziarli è legata al fatto che possono essere usati solo nelle partite pubbliche dunque niente aura extra per aiutarci nel combattimento della vita contro Diablo, a meno di non affrontarlo da soli.

La terra promessa del farming

A questo punto cambiamenti e similitudini rispetto ai precedenti capitoli sono evidenti, almeno nei confronti del personaggio e dell'interfaccia. Restano misteriose le evoluzioni del combattimento, il PvP, la forma finale del crafting e anche diverse meccaniche cooperative, ma è chiaro come le nuove capacità di difesa delle creature e l'utilizzo di un motore tridimensionale aprano in Diablo III dimensioni prima irraggiungibili per la serie. Le conseguenze sono prevedibili soprattutto nel primo caso con i boss fight che probabilmente non ci chiederanno solo di evitare i colpi dei nemici ma pretenderanno, per essere affrontati al meglio, un discreto tempismo anche negli attacchi.

Alle prese con la formula perfetta

Il motore 3D consente invece agli sviluppatori di introdurre nel gioco altezze differenti alterando le meccaniche ed evitando finalmente il pessimo effetto di spiaccicamento delle strutture che formavano il Santuario Arcano di Diablo II. Oltre a questo possiamo aspettarci maggiore interazione con il mondo di gioco e mostri che si spostano sotto terra in modo credibile. Dal punto di vista del ritmo invece siamo sul registro di Diablo II sia in termini di combattimento che per quanto riguarda l'esplorazione. Praticamente immutato resterà anche il finding, al di là dei discorsi sulle percentuali di ritrovamento, con molti oggetti fondamentali e pochi davvero eccezionali. D'altronde queste ultime voci sono i tre pilastri della serie e anche la sola introduzione dei loot ad personam rappresenta un cambiamento rischioso. Per nulla rischiosi invece sono il maggiore bilanciamento del livello dei mostri e l'introduzione, da subito, di un contenuto endgame, ovvero il livello di difficoltà Inferno, con tutti i mostri di un livello superiore a quello del giocatore. In sostanza la mitica terra promessa del farming dove sfida e oggetti preziosi in quantità, non dovrebbero mancare dal primo combattimento fino all'ultimo.