Può un robot provare emozioni? E cosa accadrebbe se la tecnologia per lo sviluppo delle intelligenze artificiali riuscisse non solo a raggiungere tale obiettivo, ma a programmare degli androidi in modo da fargli credere di essere persone reali? Il tema è stato affrontato in numerosi romanzi e film, ed è chiaro che Binary Domain pesca a piene mani da entrambe le fonti per consegnarci una trama decisamente non banale, che mette in campo concetti come la bioetica e il razzismo, e li affronta usando come collante i sostanziosi scontri a fuoco che caratterizzano il genere dei third person shooter. Ci troviamo nell'anno 2080 e il mondo, stravolto dai fenomeni di surriscaldamento, vede dividersi ancora di più le fasce deboli della società da quelle forti, che vivono praticamente le une sotto le altre in città che si sviluppano su più livelli.
Il mercato della robotica, esploso proprio a causa della necessità di operare in condizioni al limite della sopravvivenza umana, è dominato dalla Bergen, una multinazionale che ha costruito il proprio successo appropriandosi indebitamente delle ricerche della giapponese Amada Corporation. I rapidi progressi tecnologici fatti nel campo convincono le varie nazioni a sottoscrivere una nuova Convenzione di Ginevra, in cui ogni stato si impegna a bandire la realizzazione di androidi indistinguibili dagli esseri umani... ma a quanto pare qualcuno non ha rispettato la legge. Nella sede centrale della Bergen si presenta infatti un uomo che, armato di pistola, crea scompiglio e minaccia di uccidere il presidente dell'azienda. Ebbene, si tratta in realtà non di un essere umano bensì di un androide, un "figlio del nulla", inconsapevole lui per primo della sua reale natura. La presenza di questi robot nella società, ricoperti di tessuto vivente e capaci di provare emozioni, mette in allarme l'IRTA, che decide di inviare una squadra in Giappone per scoprire cosa si nasconde nella sede della Amada Corporation. Gli agenti Dan Marshall e Roy Boateng dovranno dunque unirsi a un team sul posto, formato da altri tre elementi, e trovare le prove che dimostrino il coinvolgimento di Yoji Amada nel processo di creazione dei "figli del nulla".
Percorso in salita
Diciamolo subito: Binary Domain non parte benissimo ed è probabilmente per questo che è stato giudicato in modo controverso dalla critica di settore, che in molti casi non gli ha riservato un trattamento di favore, anzi. Tutta la sezione iniziale, dal tutorial sui comandi alle farraginose sequenze di nuoto e immersione, reca infatti il sapore di una produzione mediocre, legnosa e poco significativa all'interno di un filone dominato da titoli con cui è davvero difficile competere.
Per fortuna le cose migliorano dopo qualche stage, quando il duo iniziale incontra il resto della squadra e finalmente esplodono le interessanti dinamiche di controllo vocale, viene valorizzato il "danno procedurale" che rende i nemici robotici capaci di reagire ai colpi subiti e adattarsi per recare danno fino all'ultimo, come novelli Terminator, e ci si accorge della validità del level design ma soprattutto degli entusiasmanti boss fight che coronano ogni porzione di gioco. Alcuni temi vengono introdotti ma non approfonditi, ad esempio la possibilità di far saltare la testa a un androide ostile perché diventi incapace di riconoscere i bersagli e dunque inizi a sparare anche verso i propri compagni, oppure il già citato supporto per i comandi vocali, che purtroppo in diversi casi non funziona come dovrebbe e vi si fa ricorso in modo puramente accessorio all'interno dei dialoghi, andando a migliorare o peggiorare l'ipotetico valore della "fiducia" che dovrebbe rivelarsi essenziale in battaglia ma che, in realtà, ha un'importanza marginale. La carne al fuoco è tanta e non si può certo dire che SEGA si sia trattenuta dal profondere i propri sforzi in questa produzione, che vanta una gran bella trama, un gameplay solido, una campagna in single player molto varia e corposa, e un comparto tecnico davvero valido.
Che manca?
La versione PC di Binary Domain rientra purtroppo nella "media" dei porting, ovvero non aggiunge feature specifiche dal punto di vista tecnico o strutturale rispetto a quanto visto su console. L'uso di un controller per Xbox 360 è vivamente consigliato e il layout dei comandi è molto simile a quello visto in Gears of War, dunque non avrete alcuna difficoltà a prendere familiarità con i controlli e finanche a utilizzare gli ordini vocali, che quantomeno durante gli scontri a fuoco vengono recepiti correttamente dai nostri compagni.
Diciamo che il problema del riconoscimento si manifesta soprattutto quando si "dialoga" in situazioni di calma, frangente in cui l'elemento non risulta ben implementato, visto che bisogna comunque dare un'occhiata alle frasi disponibili e non si può rispondere alle domande con un semplice "sì" o con un "no", cosa che avrebbe reso molto più immediata ed efficace l'operazione, pur semplificandola. Di contro, procedere ad armi spianate contro i nemici dopo aver gridato "carica!" e vedere i propri compagni che avanzano assecondandoci è una gran bella cosa e pone parziale rimedio alle mancanze appena descritte. Tecnicamente ci troviamo di fronte a un versione del gioco migliore rispetto a quelle per PlayStation 3 e Xbox 360, in quanto capace di girare a 1080p e 60 frame al secondo (sulla configurazione di prova), con diverse texture più nitide e la medesima, straordinaria attenzione per i dettagli durante le cutscene, che fanno uso di modelli poligonali "migliorati" sulla falsariga della serie Assassin's Creed. Molto bene anche il doppiaggio in italiano, con pochi veri "bassi" e un'interpretazione generalmente buona, anche se purtroppo si notano diverse frasi "fuori contesto" in termini di intensità, probabilmente registrate in momenti differenti o senza fornire all'attore di turno sufficienti indicazioni. La campagna in single player, come detto piuttosto lunga e varia in termini di situazioni, viene coadiuvata da una modalità multiplayer sia di tipo cooperativo che competitivo: nel primo caso possiamo cimentarci in una sorta di "orda" con un massimo di quattro compagni, all'interno di tre differenti scenari; nel secondo caso si gioca in dieci e c'è un po' di tutto: Free for All, Team Deathmatch, Team Survival, Operation, Demolition, Data Capture e Domain Control. Insomma, dal "tutti contro tutti" alle modalità territoriali, in pratica non manca nulla. Di certo speriamo non manchino i giocatori online!
In conclusione...
Binary Domain è un ottimo third person shooter, che su PC si presenta con una conversione non particolarmente curata dal punto di vista delle ottimizzazioni tecniche ma comunque migliore rispetto a quanto visto su Xbox 360 e PlayStation 3 in termini di risoluzione, definizione e fluidità.
Gli sviluppatori SEGA hanno fatto un eccellente lavoro per quanto concerne la trama, la direzione e il level design, implementando feature interessanti come quella relativa al danno procedurale per i nemici e i comandi vocali, anche se estendere questi ultimi ai dialoghi nei momenti di quiete è stato evidentemente un errore. Ci sono elementi che il gioco non approfondisce o non rende al meglio, come la gestione delle armi e degli oggetti, ma nonostante ciò l'acquisto è vivamente consigliato se siete alla ricerca di un TPS solido, divertente e dotato finanche di un buon multiplayer.
Requisiti di Sistema PC
Configurazione di Prova
- Processore AMD Phenom II X4 955
- 8 GB di RAM
- Scheda video NVIDIA GeForce GTX 560 Ti
- Sistema operativo Windows 7
Requisiti minimi
- Processore Intel Core 2 Duo da 2,66 GHz
- 2 GB di RAM (Windows XP), 3 GB di RAM (Windows Vista, Windows 7)
- Scheda video NVIDIA GeForce GT220, ATI Radeon HD 2600 XT
- 8 GB di spazio libero su hard disk
- Sistema operativo Windows XP, Windows Vista, Windows 7
Requisiti consigliati
- Processore Intel Core i5 da 2,66 GHz
- 3 GB di RAM
- Scheda video NVIDIA GeForce GTX 460, ATI Radeon HD 5750
- 8 GB di spazio libero su hard disk
- Sistema operativo Windows XP, Windows Vista, Windows 7