Diciassette anni, tanti sono passati da quando Blizzard annunciò per l'ultima volta una proprietà intellettuale completamente inedita. Da quel giorno nuovi titoli, esperienze di gioco ed esperimenti si sono susseguiti, ma nessun universo narrativo originale aveva più fatto capolino all'interno del catalogo della società con sede ad Irvine, California. Overwatch assume per questo un ruolo e un'importanza senza precedenti, una nuova pagina che abbiamo potuto sondare durante la prima giornata del BlizzCon 2014. Rispetto alle epopee fantascientifiche di StarCraft e a quelle fantasy di Warcraft e Diablo, il neo annunciato sparatutto in prima persona multiplayer trascina Blizzard sulla Terra, portando avanti il calendario fino a sessant'anni da oggi. Un futuro distante abbastanza da vedere l'adozione di tecnologie oggigiorno impensabili, ma vicino al punto da dare agli sviluppatori la libertà di attingere dalla realtà di tutti i giorni per creare mappe e personaggi che abbiano elementi familiari. Un futuro, soprattutto, plasmato dagli effetti di una devastante battaglia tra gli umani e un esercito di macchine fuori controllo, la ragione per cui la squadra speciale Overwatch fu creata originariamente e per cui a trent'anni da quegli eventi i suoi componenti sono tornati sul campo di battaglia, pronti questa volta a darsi battaglia tra di loro.
Primo incontro con il prossimo, inatteso sparatutto in prima persona multiplayer di Blizzard: Overwatch
Blizzard e gli sparatutto?
Blizzard che sviluppa uno sparatutto in prima persona? Overwatch non è solo una nuova proprietà intellettuale, è anche una prima escursione per la compagnia di World of Warcraft nel mondo degli FPS. Pensato per mettere una contro l'altra due squadre da sei, sarà incentrato su modalità ad obiettivi, non avrà alcun team deathmatch o single player. In realtà, per quanto esotico e lontano possa sembrare, c'è molto di quanto Blizzard ha fatto finora nel design di Overwatch. Gli eroi - dodici, ma è confermato che ne sono in lavorazione parecchi altri - hanno ad esempio una fortissima caratterizzazione e si rifanno ad alcuni ruoli di massima - attacco, difesa, tank e supporto - che non avranno la stessa divisione rigida presente in altri contesti, ma suggeriranno quantomeno una certa ripartizione dei compiti.
Messe le mani sul gioco, ci si rende immediatamente conto che si tratta di uno shooter pensato per essere giocato anche da chi non apprezza il genere, dando modo a chi lo desidera di focalizzarsi su eroi che fanno della mira del giocatore la loro ragione di vita, ma mettendo a disposizione anche figure di supporto per tutti coloro non sono così sicuri dei propri riflessi. Qualsiasi sia la propria scelta, si percepisce sin da subito un buon mix tra la giusta accessibilità e le numerose opzioni che ciascun combattente mette sul tavolo. Tracer, un'ex pilota che ha acquisito poteri telecinetici dopo un incidente avvenuto su un aereo sperimentale, dispone ad esempio di un'abilità, Blink, che la sposta istantaneamente dieci metri in qualsiasi direzione, ma soprattutto può sfruttarne una seconda, Recall, per tornare indietro nel tempo di tre secondi, ritornando nella posizione che occupava. Combinando queste due abilità si possono mettere in scena coreografie complesse, prendere alle spalle il nemico e sfruttare al massimo la struttura spiccatamente verticale che caratterizza ciascuna mappa. Con la sua Ultimate, disponibile dopo aver caricato l'apposito indicatore, le si apre inoltre l'opzione di lanciare sul terreno un bomba che si appiccica a qualsiasi superficie ed esplode causando enormi danni dopo qualche istante. Le meccaniche di mira e fuoco non sono le più realistiche mai sperimentate, non c'è un feedback delle armi particolarmente pronunciato e il ritmo delle partite è piuttosto compassato, soprattutto rispetto al Call of Duty di turno, ma quelli che per un altro titolo potrebbero essere grossi limiti qui sono giustificati dalla necessità di far spazio alle unicità di ogni eroe. Overwatch non è assimilabile ai moderni military shooter e questa potrebbe essere una delle principali ragioni del suo futuro successo. Selezionando Widowmaker, un cecchino dotato di rampino utile per raggiungere la miglior posizione strategica, si possono mettere sotto scacco tutti gli avversari intenzionati ad attraversare un punto della mappa particolarmente angusto. Hanzo, un ninja in cerca di vendetta per la sua famiglia, può scalare qualsiasi parete e causa enormi quantità di danni, diventando un importante terminale per la manovra offensiva. Reinhardt, uno dei pochi superstiti della prima ondata di Overwatch, è un eccellente tank che grazie al suo scudo è l'ariete ideale quando bisogna penetrare le linee nemiche o difendere le proprie. Mercy, per fare un ultimo esempio, ricorda da vicino il concept del medico di Team Fortress, curando e supportando con dei buff i compagni di squadra. Ogni scelta ha i suoi pro e i suoi contro, ma soprattutto un suo ruolo all'interno della squadra. È impressionante lo sforzo di design fatto per ideare figure tanto differenti, soprattutto se si pensa che la prima dozzina di combattenti saranno solo un antipasto di quello che verrà. Certo potrebbero emergere problemi di bilanciamento, anche perché la possibilità di cambiare il proprio eroe durante il match rende le variabili da considerare infinite, ma per il momento ci si può dire soddisfatti dell'ambizione di portare la varietà tipica dei MOBA, per parlare del genere più caldo degli ultimi anni, all'interno del panorama in prima persona.
Il numero magico
Nel corso della presentazione di Overwatch è emersa una considerazione interessante sulla scelta di limitare il numero di giocatori a sei per squadra. Il team di sviluppo ha dichiarato che dopo diversi test si è giunti alla conclusione che un numero superiore di eroi avrebbe diluito l'importanza di ciascuno sul terreno di gioco, mentre diminuendoli c'era il rischio concreto di rendere ogni membro fin troppo importante per le sorti del match. Per ragioni legate alla volontà di non rendere le meccaniche troppo complesse da apprendere, le settanta persona al lavoro sul titolo hanno dopo qualche sperimentazione scelto di abbandonare l'idea di dare opzioni per personalizzare e far progredire il proprio alter ego. Scesi in gioco sulla mappa di King's Row, una versione futuristica di Londra, ci si rende conto che in effetti i conti fatti da Blizzard potrebbero essere corretti. Nell'arena c'è un punto di controllo da conquistare che dà accesso ad un carrello che va poi scortato dalla squadra che attacca fino alla destinazione che ne ne determina la vittoria. Una versione rivista del classico Payload, tanto per capirci. Le strettoie, i passaggi sotterranei e sopraelevati richiedono una certa coordinazione ma soprattutto un uso intelligente delle abilità a disposizione. Facile sulla carta, un po' più complesso nella pratica. I portali per teletrasportarsi da un punto all'altro e le torrette di Symmetra, ad esempio, possono fare la differenza in fase difensiva.
Un altro personaggio di supporto, Zenyatta, dispone di numerosi buff - e della possibilità di "debuffare" gli avversari - che se ben utilizzati danno un margine di vantaggio notevole durante gli scambi più frenetici. Nonostante il paio di partite giocate non ci permetta di esprimerci sul bilanciamento, insomma, ogni opzione sembra avere un suo posto nell'economa della sfida. In tutto questo Overwatch offre uno stile ed una resa visiva che, per quanto originali, si rifanno a certi principi che da tanti anni caratterizzano il lavoro di Blizzard. Il feeling dei personaggi, tra monaci robot, scimmie antropomorfe dotate di armatura e ninja, ha una forte caratterizzazione che ben si integra con lo stile colorato e distintivo delle mappe. Le tre mostrate finora riportano a location da cartolina, da Londra all'Egitto con i suoi scorci senza tempo fino ad una versione rivista di un castello giapponese circondato da ciliegi in fiore. Se tecnicamente non c'è da strapparsi i capelli, anche considerando l'usuale volontà di parlare ad un pubblico quanto più vasto possibile, ogni elemento è curato nel minimo dettaglio e supponiamo che tutte le variabili in termini di interfaccia, icone e telecamera che la varietà di personaggi impone, comporti un gran lavoro per gli artisti Blizzard. Ci sono ancora diverse domande irrisolte, come il possibile, secondo noi probabile sbarco del gioco anche su console oltre che su PC, oppure come l'adozione di un modello di business free to play, probabilmente più adeguato, piuttosto che a pagamento. Però quel poco che abbiamo testato ci ha convinto, il focus sugli eroi e la loro varietà sventa il rischio che risulti eccessivamente derivativo e ci è rimasta una voglia genuina di tornarci sopra quanto prima. La beta è prevista per il 2015 e per allora contiamo di tornare sull'argomento, magari per testare qualche nuovi ingresso nel roster o avere una miglior prospettiva sulle velleità da e-sport che Overwatch avrà all'uscita. Un'ultima cosa: Overwatch e Titan hanno qualcosa in comune? Chris Metzen ci ha tenuto a precisare che i progetti sono distinti da lungo tempo e che, nonostante alcune idee inizialmente elaborate per Titan tornino anche in questo nuovo progetto, il focus sugli eroi e altre peculiarità dello shooter multiplayer oggetto di queste righe ne hanno rapidamente separato i cammini. Prima che uno venisse scartato definitivamente e l'altro diventasse la principale attrazione del BlizzCon 2014.
CERTEZZE
- Un nuovo universo firmato Blizzard
- Tanti eroi ben caratterizzati
- Meccaniche di squadra interessanti
- Stile riuscito
DUBBI
- Non sarà semplice da bilanciare
- Chi cerca un "semplice" shooter dovrebbe guardare altrove
- Ancora non è chiaro il modello di business