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Questione di prospettiva

Da un futuro risaputo e prevedibile il gioco d'azione che non t'aspetti.

PROVATO di Stefano F. Brocchieri   —   17/04/2015

Hollowpoint è probabilmente la più grossa sorpresa tra i titoli che abbiamo potuto provare al Digital Gaming Showcase di Londra, evento indetto da Sony dedicato alle proposte in arrivo su PlayStation Network (ma il gioco, pubblicato da Paradox Interactive, è previsto anche su PC). Dietro una premessa narrativa che fa molto Syndicate, Deus Ex e molti altre opere cyberpunk che tratteggiano un futuro non troppo lontano dominato da spietate megacorporazioni alla cui ombra si consumano tensioni sociali e spargimenti di sangue che non aggiunge nulla di originale all'immaginario di riferimento e un impianto di gioco che a una prima occhiata può essere scambiato per un clone fuori tempo massimo di Shadow Complex batte infatti il cuore di un'esperienza che ha più di una cosa interessante da dire.

Provato Hollowpoint, mix estremamente promettente di sparatutto tattico e roguelike

L'imprevisto può arrivare da qualsiasi direzione

In Hollowpoint si vestono i panni corazzati dei veri protagonisti di certe guerre di potere futuristiche: i mercenari assoldati dalle multinazionali per sbrigare il lavoro sporco. Soggetti privi di qualsiasi morale, se non quella di adempiere nella maniera più efficiente e professionale possibile gli incarichi che vengono loro assegnati. Nel gioco si parte controllandone uno, secondo dinamiche che appaiono in tutto e per tutto simili a un "Metroidvania" con il combattimento basato perlopiù sulle armi da fuoco, come se sono già visti in abbondanza.

Questione di prospettiva
Questione di prospettiva

Premendo L1, però, arriva la prima sorpresa: il personaggio mira infatti sull'asse Y, ovvero verso lo sfondo, dal quale possono arrivare le formazioni nemiche. Non è affatto il primo titolo di questo tipo a presentare minacce provenienti da quel versante dello spazio tridimensionale, ma Hollowpoint punta su questa dinamica in maniera intensiva e convinta, investendo parecchio sul combattimento in profondità, finendo spesso e volentieri per assomigliare a un Cabal o a un Gears of War. Un'impostazione coronata anche dalla forte vocazione cooperativa del gioco, che può essere affrontato in compagnia di altri tre partecipanti, attraverso un sistema trasparente e dinamico, che non interrompe il flusso dell'azione, e sostenuta da un grosso substrato tattico. Il personaggio controllato dal giocatore può essere infatti sviluppato attraverso un albero della abilità che secondo le promesse del Producer del progetto, Martin Livingston, si preannuncia come estremamente ampio e capillare. Non solo: strada facendo si possono sbloccare fino a quattro personaggi, ciascuno con una serie di equipaggiamenti diversi, tra cui è possibile passare in rassegna in qualsiasi momento, agendo su un classico menu radiale. Le conseguenze sono facilmente immaginabili: si può spaziare da un cecchino a un assaltatore, da una classe più orientata al supporto a una sugli attacchi mordi e fuggi, più una tavolozza estremamente sfumata di vie di mezzo, generando un incrocio di tattiche potenzialmente sterminato. Una ragnatela di approcci che viene irrobustita anche dal set di abilità speciali tra cui figurano cose come l'invisibilità, uno scatto fulmineo, una miglior probabilità di assestare colpi critici, una corazza dalla resistenza superiore, il fuoco rapido, scudi, probabilità di sparare un colpo esplosivo e altro ancora, diverse delle quali estendono i loro benefici ai compagni, alla stregua di veri e propri "buff" di squadra.

Rogue-shooter-like

Mancano ancora tuttavia altri pezzi per carpire la vera appetibilità del puzzle progettato da Ruffian Games. Quello senza dubbio più importante è che Hollowpoint, fondamentalmente, ha un'anima roguelike. Selezionato un contratto, il gioco crea dinamicamente la mappa, componendola attraverso la combinazione casuale di alcuni elementi predeterminati, dando a ciascuna partita connotati sostanzialmente unici.

Questione di prospettiva

Non solo: anche gli obiettivi sono generati proceduralmente, il che vuol dire che a seconda del modo con cui si assolve un compito per la mossa successiva si potrebbe essere chiamati a fare una cosa piuttosto che un'altra e in zone completamente diverse. "È un vero e proprio incubo a livello di testing e controllo di qualità", ci ha confessato ridendo Livingston. L'imprevisto riguarda anche il tipo di ricompense che è possibile sbloccare, dato che guadagnando danaro attraverso l'uccisione di nemici, l'assolvimento di incarichi e il soddisfacimento di interi contratti è possibile acquistare pacchetti che possono contenere in maniera casuale armi, accessori e mimetiche, pezzi di armatura e soprattutto potenziamenti, con cui migliorare il proprio personaggio ed essere in grado di dedicarsi a contratti sempre più impegnativi. Hollowpoint si ispira dunque pesantemente alla scuola di Spelunky, The Binding of Isaac, Don't Starve e simili, dimostrandosi però abbastanza saggio da prendere solo il necessario. Quando abbiamo chiesto se, a questo punto, fosse anche previsto il permadeath, il Producer del gioco ci difatti ha spiegato, con fare sempre molto divertito, che "sì, l'abbiamo sperimentato per un po', su un alcuni prototipi interni, ma... era semplicemente il male". Insomma, l'hands on sulla versione pre-alpha presente al Digital Gaming Showcase ci ha lasciato soddisfatti e incuriositi, vogliosi di giocarne di più. L'unico aspetto che ci ha convinto poco è quello grafico: basato su Unity, Hollowpoint appare grezzo e generico, tanto da un punto di vista tecnico-artistico, incapace di fare di necessità virtù andando incontro a caratteristiche e limiti della tecnologica a disposizione con un'art direction meglio focalizzata, tanto su quello stilistico, con un'adesione ai canoni estetici del cyberpunk che più canonica non si può.

CERTEZZE

  • L'azione "multidimensionale"
  • Gli elementi roguelike
  • L'impronta cooperativa

DUBBI

  • Estetica dozzinale